LA PEDAGOGISTA
Educazione ai comportamenti prosociali
dal Numero 31 del 4 agosto 2013
di Teresa Mancini

Quelli che tecnicamente si chiamano “comportamenti prosociali” potrebbero essere ben considerati come la pratica delle virtù cristiane della pazienza, della carità, della mitezza e via dicendo… Vediamo alcune situazioni particolari per spiegare l’interessante l’argomento.

Un giorno, una donna si lamentò con san Filippo Neri: «Mio marito mi tratta male e in casa vi sono litigi continui!». «Sentite – le suggerì il Santo – volete far rinsavire vostro marito e far ritornare la pace in famiglia? Prendete questa boccetta [era acqua fresca!] e quando vostro marito incomincia a gridare, voi mettete in bocca un po’ di quest’acqua, senza però inghiottirla. Vedrete l’effetto miracoloso!». Ogni qualvolta il marito minacciava di inscenare qualche litigio, essa si riempiva la bocca con un sorsetto di “acqua miracolosa” e, non potendo rispondere agli insulti del marito, questi, sfogata la sua collera, finiva col tacere. La pace e la concordia tornò in quella famiglia. Quella donna aveva imparato, guidata dalla saggezza del grande Santo, un comportamento prosociale passivo. «Poni, Signore, una custodia alla mia bocca, sorveglia la porta delle mie labbra» (dal Libro dei Salmi).
Un altro esempio di comportamento “prosociale passivo non egocentrico”: all’interno di una organizzazione di lavoro, due persone stanno discutendo su una certa procedura da adottare senza raggiungere un accordo. La discussione si fa animata e gli interventi di ciascun interlocutore tendono a sottolineare l’efficacia del proprio punto di vista. La relazione si cristallizza, fino a quando uno dei due decide di far propria la posizione dell’altro: egli sceglie di adottare la soluzione meno efficace, in un clima relazionale ottimale, che non la propria, ritenuta più giusta, ma realizzabile solo al costo di mantenere alto il conflitto interpersonale. «Quando la qualità della relazione in un gruppo di lavoro è l’obiettivo più importante, si realizzano le premesse per conseguire anche gli altri obiettivi».
Dallo sviluppo successivo di questa virtuale ma molto verosimile situazione, si possono ipotizzare quattro sostanziali possibilità di evoluzione: 1) l’emittente, dopo aver fatta propria, seppur senza convinzione, l’idea del collega, si rende conto che quest’ultima nasconde una insospettata validità; 2) l’apertura conciliante dell’emittente ingenera nel collega ricevente una nuova apertura verso la tesi del primo, che prima non era disposto a considerare; 3) il nuovo clima di reciproca apertura, germogliato dal comportamento prosociale dell’emittente, consente al destinatario di superare l’originaria rigidità e di riconoscere l’inefficacia della propria proposta; 4) il destinatario, caratterizzato da un’irreversibile rigidità caratteriale, non coglie l’apertura dell’emittente. Questa situazione, sebbene sia la meno auspicabile, a volte inevitabile, offre comunque un’occasione positiva: i due riescono in qualche modo a lavorare insieme e viene evitato un clima di forte opposizione e di probabile boicottaggio.
Questa stessa dinamica relazionale, contestualizzata nell’esempio in una realtà aziendale, è trasferibile in qualsiasi altro contesto: di relazione tra familiari, a scuola nelle attività di gruppo, nel campetto giocando con gli amici.

Fine seconda parte

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