ATTUALITÀ
Giù le mani dai bambini
dal Numero 33 del 23 agosto 2020
di Francesca Romana Poleggi

Tra i tanti lati inquietanti della proposta di legge Zan, vi è anche quello che riguarda lo spazio assegnato all’ideologia gender in campo educativo, «nelle scuole di ogni ordine e grado». Se la proposta divenisse legge, potranno ancora i genitori sottrarre i loro figli all’indottrinamento arcobaleno?

L’attenzione dell’opinione pubblica a proposito della proposta di legge Boldrini-Zan-Scalfarotto, quella sull’“omotransfobia”, è stata catalizzata dalla giusta preoccupazione per la violazione delle libertà fondamentali dell’individuo: la libertà di manifestazione del pensiero, di professione religiosa.

Ma c’è un aspetto del testo unificato in discussione alla Camera che finora è stato un po’ trascurato. Ed è una questione cruciale ed inquietante.

L’articolo 5 istituisce la “giornata nazionale contro l’omofobia, la bifobia, la lesbofobia e la transfobia” e al comma 3 specifica che essa debba essere celebrata «in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado». Perciò i nostri bambini, fin dalla scuola materna, saranno istruiti da associazioni LGBTQIA(...) che insegneranno loro a riconoscere il genere a cui appartengono (forse i Lettori non sanno che i “generi”, secondo questa ideologia folle che vuole imporsi, sono 70, o forse anche di più: per questo ci sono i puntini nella parentesi dopo la A dell’acronimo LGBTQIA) a prescindere dal sesso che è stato loro “assegnato” alla nascita (“assegnato”, perché il sesso – secondo loro – non è un dato naturale determinato dalla presenza o meno del cromosoma Y in tutte le cellule del corpo umano). Quindi i nostri bambini potranno imparare che è normale qualsiasi “orientamento sessuale”, cioè che si può essere “naturalmente” attratti indifferentemente da uomini, donne, o... “altro”; apprenderanno che i figli possono avere due mamme o due papà (il particolare che per fare un figlio serva un maschio e una femmina è del tutto trascurabile); impareranno che si può “cambiare sesso” e avviare la “transizione” anche da piccoli. E magari queste lezioni saranno tenute da membri di associazioni come il Circolo Mario Mieli (vedere su internet chi era costui) o dai coloratissimi travestiti detti “drag queen” (già in occasione di diversi gaypride i bambini hanno potuto gustare le “Drag Queen story hour”, sul modello americano).

Nell’art. 6 del testo in questione, invece, è prevista l’elaborazione triennale di una «strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni per motivi legati all’orientamento sessuale e all’identità di genere. La strategia reca la definizione degli obiettivi e l’individuazione di misure relative all’educazione e istruzione, al lavoro, alla sicurezza, anche con riferimento alla situazione carceraria, alla comunicazione e ai media». Ciò vuol dire che nel campo dell’educazione e dell’istruzione del lavoro, dei media e della sicurezza, sarà implementata la strategia per prevenire l’omotransfobia «elaborata nel quadro di una consultazione permanente delle amministrazioni locali, delle organizzazioni di categoria e delle associazioni impegnate nel contrasto delle discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere e individua specifici interventi volti a prevenire e contrastare l’insorgere di fenomeni di violenza e discriminazione fondati sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere»: le solite associazioni LGBTQIA(...), che promuovono stili di vita caratterizzati da sesso estremo e promiscuo, quindi, avranno il potere di radicare nel tessuto sociale e culturale il convincimento che ogni desiderio sessuale è un diritto. Interverranno in ogni campo, come avete letto. In particolare, detteranno ai media le regole della comunicazione (come già fanno all’estero), obbligandoli ad usare un linguaggio menzognero che plasmerà le menti; quella “neolingua” che dice appunto che il sesso è “assegnato” alla nascita, che quel bambino (comprato) è “figlio di due papà”, che quel signore con la barba, il rossetto e i lustrini è una lei, che gli uomini possono essere “incinti” e che hanno diritto allo screening per la prevenzione dei tumori femminili... ops! No! Non si potranno più chiamare così. Si inventeranno un termine appropriato. E ce lo imporranno.

Ma la cosa più grave è che questo lavaggio del cervello venga subìto dai bambini e dagli adolescenti, persone in età evolutiva, vulnerabili, fragili.

Finora nelle nostre scuole sono stati proposti e realizzati progetti improntati all’ideologia gender anche senza una tale legge.

Molti di questi, però, sono stati denunciati e fermati dalle associazioni e dai genitori che – per lo meno – hanno potuto esercitare il diritto al consenso informato. Se passa la legge Zan si potrà ancora chiedere che i propri figli vengano esentati da “lezioni” di travestitismo o di “educazione” sessuale in cui si spiegano – e si pongono sullo stesso piano – i rapporti erotici di ogni tipo?

Pochi vogliono rendersi conto che i bambini sono nelle mire dei portatori di un’ideologia nichilista tesa a destrutturare l’uomo e a distruggere la nostra civiltà: lo spiega bene Margherita Graglia, psicoterapeuta e sessuologa, coordinatrice del Tavolo interistituzionale per il contrasto all’omotransnegatività, per l’inclusione (ecc., ecc.) del Comune di Reggio Emilia in un’intervista a Gaynews in cui ha detto che «stanno infatti emergendo identità inedite, come quelle non binarie [né maschio né femmina, n.d.a.] e scopriamo così che le identità non sono date una volta per tutte, ma sono in cambiamento, secondo i tempi storici e i luoghi della terra». Insomma, è ora di mettere in discussione «ciò che diamo per scontato, che assumiamo come ovvio, ad esempio la coincidenza tra sesso e identità di genere». E quindi: «Rispetto al cambiamento culturale che ho auspicato, le agenzie educative rappresentano un contesto d’elezione, è infatti a scuola che si incontrano le differenti soggettività in formazione, un luogo in cui le persone LGBT possono trovare un contesto sicuro in cui esprimersi e quelle cisgender/eterosessuali imparare il rispetto».

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