APOLOGETICA
Perché volerci bene? Perché Dio ci ama!
dal Numero 30 del 26 luglio 2020
di Corrado Gnerre

L’uomo è chiamato alla perfezione dell’amore e questa perfezione, secondo i maestri della spiritualità cristiana, non esclude bensì comprende l’amore verso se stessi. Un amore non più egoistico ma motivato e sublimato dall’amore che Dio stesso ci porta.

Vi ricordate il caso del dj Fabo? Colui che decise di andare a morire in una clinica svizzera perché rimasto immobilizzato in conseguenza di un incidente stradale. Ebbene, la sua fidanzata, Valeria Imbroglio, comunicò, nei giorni in cui tutt’Italia discuteva sulla scelta del giovane, il suo legame con la religiosità orientale e anche con certe correnti esoteriche. D’altronde i due giovani, prima dell’incidente, avevano per ben cinque anni vissuto in India alla sequela di un santone del posto. Un dato come questo non è affatto irrilevante e vi spieghiamo il perché.

Non ci stancheremo mai di dirlo: solo il Cristianesimo offre un’autentica risposta al mistero della sofferenza. Per un motivo molto semplice: perché solo il Cristianesimo annuncia un Dio che ha voluto liberamente soffrire e che con la sofferenza ha “riparato” tutto.

Può sembrare una particolarità quasi insignificante, invece ciò è il tutto ed è la risposta per tutto. Sapere che Dio ha salvato soffrendo, vuol dire non solo convincersi che la sofferenza è la strada maestra, ma anche che chi soffre diventa in un certo qual modo un “privilegiato”, perché ancor di più può conformarsi a Colui che è l’alfa e l’omega di tutto, Cristo.

È per questo che quando il Cristianesimo si è introdotto nella Storia, l’ha anche radicalmente cambiata.

Basterebbe pensare quale fosse il giudizio sulla sofferenza nel mondo antico. Con il Cristianesimo si realizza un cambiamento radicale: c’è l’invito ad andare alla “scuola” della sofferenza. I malati, da reietti e da “materiale di scarto”, diventano icone di Cristo crocifisso. Nascono finalmente gli ospedali, laddove il sofferente viene accolto e curato; laddove vien fatto capire che egli è una “grazia”, affinché, accogliendolo e curandolo, i sani possano esercitare delle virtù necessarie per la salvezza.

Fin quando la Croce non compare nella storia, la sofferenza è qualcosa da allontanare ed esorcizzare.

Ma poi la Storia ha deciso nuovamente di rimuovere la Croce. Sono rimasti gli ospedali, sono rimaste le belle parole per i sofferenti, ma la sofferenza è diventata un macigno terrificante, impossibile da portare.

E nel caso della cosiddetta “spiritualità orientale” la questione si aggrava, perché non solo questa non ha un’adeguata risposta alla sofferenza, ma, abituata a vedere nel corpo un limite, odia profondamente la sofferenza. Già il corpo sano è qualcosa di cui liberarsi quanto prima (si pensi alla moksha induista), figuriamoci il corpo attanagliato dalla malattia.

Non a caso la fidanzata di dj Fabo spesso parlava di “libertà”: Fabio va in Svizzera per “liberarsi”. E dopo la morte: Adesso finalmente Fabio è “libero”.

Quando la Croce non c’è, si perde tutto. Si perde anche la capacità di amarsi. Sì, perché accettare la sofferenza sempre e comunque, vuol dire amarsi. Mentre rifiutare il proprio – anche terribile – destino, vuol dire negarsi, distruggersi, perché ormai il proprio pensiero non coincide con il proprio essere e con il proprio luogo.

Il luogo... ma cosa c’entra il luogo? C’entra eccome. Il luogo è il riconoscere dove si è. E, perché questo accada, occorre appassionarsi a ciò che sta avvenendo nella propria vita, sempre e comunque... invocando da Dio l’aiuto ad innamorarsi di ciò che si è e dove si è.

San Bernardo in una sua importante opera (De diligendo Deo), parla di quattro gradi di amore: 1) L’amore che l’uomo ha di se stesso. 2) L’amore a Dio non ancora per Dio stesso, ma per sé. 3) L’amore a Dio non più per se stessi, e neppure per il prossimo, ma soltanto per Dio. 4) L’amore dell’uomo a se stesso ma per Dio.

Interessante. San Bernardo dice che l’ultimo grado di amore contempla ancora l’amore a se stesso, ma sublimato e soprattutto motivato dalla Presenza e dalla Volontà di Dio.

Insomma, se Dio ci vuole, anche noi dobbiamo volerci. Se Dio ci ama anche noi dobbiamo amarci. Anche per questo diventa chiave di tutto la Croce.

Si dice giustamente: non c’è posto sulla faccia della terra dove l’uomo possa trovare la pace, se non ai piedi di una Croce.

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