Spett.le Redazione, ho letto con interesse l’articolo che avete pubblicato sul N. 23 intitolato: Pregare sant’Antonio di Padova... per salvare il proprio Matrimonio. Sapevo che questo Santo è invocato un po’ per tutto, ma non immaginavo che fosse “a titolo ufficiale” un potente intercessore per gli sposi. Siccome purtroppo anche il mio Matrimonio non va esente da difficoltà e sofferenze, la cosa mi ha colpito e, cercando di saperne di più su internet, mi sono imbattuta nella splendida testimonianza di questi due sposi che lo conferma in pieno! Vorrei condividerla con Voi (è tratta dal sito cantualeantonianum.com) e chissà che non vogliate pubblicarla sulla rivista. Vi ringrazio per quello che fate e vi chiedo una preghiera a sant’Antonio per me e mio marito. Io ormai lo prego ogni giorno con la bella preghiera che avete pubblicato. Un caro saluto. (Anna T.)
«Il nostro matrimonio, dopo qualche tempo di serenità e progettualità, finì in una crisi profonda. Eravamo stressati anche perché non giungeva il figlio tanto desiderato. Non avevamo voluto indagarne i motivi, ma più o meno tacite accuse reciproche di sterilità ogni tanto colpivano al cuore come baionette. Litigavamo ogni qualvolta ci ritrovavamo a discutere, a decidere e a dover fare qualcosa insieme. Pur con l’inespresso desiderio di rilanciare l’unione coniugale, eravamo però disperati perché non riuscivamo a frenare la lingua, scadendo spesso in pesanti offese ed accuse reciproche e sospettando l’uno dell’altra la probabile sterilità. Vivevamo come separati in casa in attesa di trovare una soluzione ragionevole per ambedue.
Un giorno, all’insaputa l’uno dell’altra, decidemmo di passare in basilica per chiedere la grazia a sant’Antonio di salvare il nostro matrimonio.
Cosa stupenda: ci siamo ritrovati alla tomba del Santo tutti e due nello stesso momento, scoprendo di esservi giunti con la medesima intenzione. Le lacrime di commozione cominciarono a scendere e a rigare il nostri volti e senza la minima vergogna continuammo a pregare versando lacrime, senza pronunciare materialmente alcuna preghiera e toccando la tomba insieme con le mani unite.
Uscimmo dalla basilica più leggeri, come se qualcuno avesse tolto un peso dal nostro cuore, e attraversammo il chiostro della Magnolia dalla parte del negozio fino davanti alla penitenzieria. Incominciammo nuovamente a sognare una vita insieme. Sostammo un po’ davanti alla porta dell’aula delle confessioni, appoggiati al muretto di recinzione del giardino del chiostro. Entrammo in penitenzieria senza l’intenzione cosciente di confessarci. Eravamo in piena estate e faceva molto caldo. Vi trovammo un luogo fresco, ci sedemmo l’uno accanto all’altra sull’ultimo banco, mano nella mano, in silenzio. Sul banco trovammo due pieghevoli per prepararci alla confessione – sembrava fossero lì per noi – ogni tanto leggevamo ciò che vi era scritto e guardando l’affresco di Annigoni che raffigura il ritorno del figliol prodigo. Ci sembrava di essere dentro la scena. Ad un certo punto – riferisce lui – mia moglie disse: “Vado a confessarmi”. Io rimasi solo con il desiderio di fare altrettanto, ma avevo paura e vergogna, perché troppo tempo era trascorso dall’ultima confessione e non mi ricordavo più il rito e nemmeno sapevo bene da dove cominciare. Mi feci forza ed entrai, quasi per non essere da meno di mia moglie. Sant’Antonio aveva fatto sì che ambedue trovassimo due frati disponibili ad ascoltarci e che non si tirarono indietro, dopo averci assolto dai peccati, nel manifestare la loro gioia per le meraviglie che il Signore stava compiendo in noi attraverso il Santo.
Così rinfrancati tornammo a casa riconciliati con Dio e con noi stessi. Comprendemmo subito che qualcosa di importante era avvenuto, che il nostro matrimonio aveva subito una svolta positiva. Così il sole tornò a risplendere sopra le nostre vite, soprattutto quando il frutto della riconciliazione si presentò, da lì a pochi mesi, sorprendentemente, con la presenza di un bambino che, quando verrà alla luce, porterà di certo il nome di Antonio».