La libertà religiosa è un «dono di Dio per ogni persona», una «priorità» della politica estera americana, un «diritto naturale» preesistente allo Stato. Questi sono i concetti forti, oggi affatto scontati, contenuti nell’ordinanza con la quale il presidente Trump s’impegna in una politica estera più severa nei confronti degli Stati responsabili di persecuzioni religiose.
«La libertà religiosa, la prima libertà americana, è un imperativo morale e di sicurezza nazionale. La libertà religiosa per tutte le persone in tutto il mondo è una priorità della politica estera degli Stati Uniti e gli Stati Uniti rispetteranno e promuoveranno con forza questa libertà [...]. I nostri Fondatori hanno inteso la libertà religiosa non come una creazione dello Stato, ma come un dono di Dio per ogni persona e un diritto che è fondamentale per il fiorire della nostra società». Così comincia l’ordinanza emanata da Trump il 2 giugno scorso, intitolata Advancing International Religious Freedom.
Si tratta di un ordine esecutivo di carattere internazionale che impegna gli Stati Uniti a informarsi costantemente sulla libertà religiosa nel mondo. Stanzia un budget di almeno 50 milioni di dollari all’anno, e tutti i dipendenti federali che lavorano fuori dagli States devono riferire se i Paesi in cui risiedono pongono in essere politiche discriminatorie in materia religiosa.
Gli Stati che commettono violazioni sistematiche, continue e gravi della libertà religiosa perderanno gli aiuti dagli USA e i loro cittadini non potranno ottenere visti, mentre gli individui e i gruppi perseguitati riceveranno assistenza. I funzionari governativi che pongono in essere atti persecutori – come i funzionari comunisti cinesi che demoliscono chiese, imprigionano milioni di credenti e riscrivono la Bibbia – saranno perseguiti in base a quanto previsto dalla Legge Magnitsky (una legge approvata ai tempi di Obama, sia dai Democratici che dai Repubblicani) che comporta il sequestro dei beni che si trovano sul territorio degli Stati Uniti, di proprietà dei colpevoli.
Inoltre, l’ordinanza dispone che gli Stati Uniti tutelino la sicurezza dei luoghi di culto di tutte le fedi e proteggano e preservino il patrimonio culturale delle comunità religiose.
Trump può piacere o non piacere; le sue scelte politiche possono essere opinabili e criticabili. Non ci interessa in questa sede esprimere un giudizio su Trump. Dobbiamo però riconoscere che ha fatto cose (come questa) che quanto meno possono essere definite “controcorrente”. Infatti, gli costano una gogna mediatica non indifferente.
La moglie del Presidente è cattolica e probabilmente ha una certa influenza sul marito, col quale, ad esempio, si è recata a sostare in preghiera in una chiesa devastata dalle manifestazioni dei giorni scorsi.
Se poi lui prende certe decisioni e fa certe cose con biechi secondi fini – come insinuano i suoi detrattori – a noi poco importa: le azioni sono buone o cattive in sé e non cessano di esserlo a seconda dello scopo che persegue l’agente.
Trump, nonostante la censura e le bugie dei media, nonostante l’opposizione dei Governatori e dei giudici “liberal” che cercano sistematicamente di disfare quel che di buono ha fatto, per esempio ha nominato più di 200 giudici federali pro-life, inclusi due della Corte Suprema degli Stati Uniti.
È stato il primo presidente a parlare di persona alla March for Life; ha fatto tagliare in più occasioni i finanziamenti all’industria dell’aborto Planned Parenthood, ha fatto ribadire il diritto all’obiezione di coscienza per medici e infermieri e ha tolto i finanziamenti pubblici alle ricerche scientifiche che usano gli embrioni umani. In sede ONU questa amministrazione USA ha più volte ribadito che non esiste un “diritto” all’aborto. Insomma Trump, al di là degli aggettivi che possano attribuirsi alla sua persona, ha posto in essere azioni decisamente pro-life, sulle quali si possono avere delucidazioni leggendo il sito Priests for Life, di padre Frank Pavone.
Tornando, invece, all’Advancing International Religious Freedom di cui si parlava all’inizio, c’è un ultimo dato da notare: l’ordinanza riconosce la legge naturale come preesistente allo Stato. Riconosce i diritti naturali da essa protetti, tra cui, in primis, il diritto alla libertà religiosa. Non è poco in questo mondo impregnato di positivismo giuridico e di materialismo per cui lo Stato (sia pur sedicente democratico) si arroga il potere di decidere per legge ciò che è bene e ciò che è male, senza alcun limite. Non solo non si riconosce la legge di Dio, ma non si riconosce neanche quella legge iscritta nella natura umana (certamente da Dio, lo sa chi ci crede) che anche molti “laici”, dai sentimenti sinceramente democratici, sanno essere fondamentale per evitare le derive nichiliste e relativiste dello “Stato etico”.
Chissà. Forse, nel malaugurato caso che la proposta Zan-Scalfarotto contro l’omo-transfobia diventi legge, dovremo chiedere asilo politico negli Stati Uniti.