L’ebraismo delle province dell’Est della Francia dell’800, fu scosso da un vero e proprio contagio di conversioni. I neofiti cattolici provenivano dalle famiglie più attaccate alla tradizione ebraica. Di seguito la storia del diretto responsabile di questo “contagio”.
Nel 1791, in piena Rivoluzione francese a Rischeim presso Strasburgo, nacque David Drach da famiglia ebrea, profondamente osservante. Base della sua educazione, austera e rigida, è la santa Torah, la Legge di Dio, trasmessa da Mosè e registrata nei primi cinque Libri – il Pentateuco – dell’Antico Testamento. Il suo primo educatore è il padre, che poi lo affida a diverse yeshivot dell’Alsazia, dalle quali a 18 anni David esce con il titolo di “dottore della Legge”.
Giovanissimo, inizia a lavorare come precettore presso una famiglia ebrea come la sua, a Colmar.
Biblista incontro a Cristo
Durante la sua adolescenza, egli incontra un ragazzo cattolico piissimo che fa il garzone di bottega e ama Gesù da vero innamorato. David, benché assai umanamente più dotto, ne resta avvinto: gli nasce dentro un forte sentimento di simpatia per “quel Gesù”, che i sinedriti del suo popolo hanno mandato alla croce. Innocente? Il Messia? Sicuramente grande e buono e amabile.
Negli studi talmudici, David è considerato un prodigio. Ha una grande sete di cultura ed è mosso da forti ambizioni personali. Si incontra con David Sintzheim, primo gran rabbino del “concistoro centrale” degli israeliti di Francia. Tutto questo lo porta dall’Alsazia a Parigi nel 1812. Ha 21 anni e si occupa come precettore dei figli del ricchissimo industriale Baruch Weil.
Dopo qualche tempo, è chiamato a tenere i sermoni nella sinagoga. Tra chi l’ascolta c’è pure il gran rabbino Emmanuel Deultz, che diverrà presidente unico del concistoro centrale. Deultz lo invita a frequentare la sua casa dove David ne conosce la figlia Sara, che... sposa nel 1817: dal loro matrimonio nasceranno presto tre figli.
Nel frattempo, studia e approfondisce latino e greco e ottiene il bacca-laureato all’École Normale: è una rarità per un ebreo del suo tempo coltivare di questi studi, ma lui è sempre distinto per qualcosa di diverso. Continua a studiare, insaziabile di sapere, e pubblica dotti saggi che lo portano a occupare un posto nella Societé Asiatique e a prendere la direzione della prima École mutuelle israelitica, per la crescita e la formazione dell’infanzia.
Appena trentenne, David Drach è la stella nascente degli ebrei di Parigi, preparandosi a occupare i vertici del concistoro centrale. Ma dentro ha l’assillo che non lo lascia più: “Ma chi è Gesù, che i cristiani adorano come il Cristo e il Figlio di Dio?”. Così matura un progetto ambizioso, assai ambizioso, e nel 1820 decide di dedicarsi alla sua realizzazione: riportare la versione ebraica della Torah, partendo dalla “Bibbia dei Settanta”, la sua versione in greco.
È un lavoro da gigante, ma Drach si consacra all’impresa e per due anni si impegna alla lettura e allo studio della Patristica cristiana, le opere dei primi grandi maestri della Fede cattolica, tutti concentrati in Gesù Cristo, per conoscerlo e amarlo, per farlo conoscere e amare. I rabbini che vengono a conoscere il suo studio dei Padri, ne restano “scandalizzati” e lo minacciano di scomunica. Tuttavia, persino il prof. Sylvestre De Sacy, massimo orientalista dell’epoca e rettore dell’Università di Parigi, è impressionato dal rigore dei suoi studi.
Proprio lo studio dell’Antico Testamento, condotto con cuore aperto all’irruzione della luce di Dio, e dei Padri della Chiesa, nella loro fede e profondità, lo conducono a maturare quel sentimento di simpatia per Gesù che lo assillava fin da ragazzo, quando aveva incontrato il piccolo garzone di bottega “tutto di Gesù”, e le famiglie del borgomastro di Bibeauvillé, durante i verdi anni trascorsi in Alsazia.
Egli frequentava altresì un’altra famiglia cattolica, quella dei coniugi Bernard e Louise Mertian. Scopre che l’Antico Testamento – la santa Torah –, a studiarlo con onestà e senso della Verità, conduce a Gesù Cristo come al suo compimento, come aveva spiegato l’apostolo san Matteo nel suo Vangelo. Studia a fondo e prega. Gesù gli viene incontro e David, il “biblista” assetato di luce, va incontro a Lui.
Nel marzo 1823 riceve il Battesimo nella Cattedrale di Notre-Dame dall’Arcivescovo di Parigi: prende i nomi di Paul-Louis-Bernard in onore dell’apostolo Paolo, il più grande convertito dall’ebraismo, e dei coniugi Mertian. Con lui ricevono il Battesimo le due figlie, Clarisse e Rosine; il figlio Auguste diventerà cattolico poco tempo dopo, in un’immensa gioia comune.
Conversioni: una dopo l’altra
L’ambiente ebraico, in cui David è vissuto fino a quel momento, reagisce con furore contro chi viene considerato un rinnegato, da leader che era prima. La moglie fugge con i tre figli e va a nascondersi in Inghilterra, con l’aiuto dell’influente banchiere James de Rothschild. David, rimasto solo (ma con Gesù non si è mai soli!) non si arrende. Si butta in un’indagine privata attraverso l’Europa, facendosi aiutare anche da René de Chateaubriand, ministro francese per gli Affari esteri. Così rintraccia la moglie a Londra e, “con un colpo di mano”, le sottrae i figli ora cattolici, avvalendosi della patria potestà riconosciutagli dal Diritto francese.
Ora ha i figli con sé a Parigi, non vuole avere altra missione che la difesa della sua Fede cattolica, prima di tutto davanti all’ebraismo. Così nel 1825, l’ex-rabbino, ora tutto di Gesù, scrive La lettera di un rabbino convertito ai suoi fratelli israeliti sui motivi della sua conversione: in breve tempo seguono una seconda e una terza Lettera.
Neofita zelante e appassionato, uomo integro di moralità e di vita, insigne conoscitore della Scrittura e della tradizione ebraica, ha nel suo stile, nel suo esempio e nei suoi scritti un’enorme risonanza. Simon Deutz, cognato di David-Paul e già suo persecutore nel 1823, spinto dal suo esempio, si converte al Cattolicesimo. Il medico Ignace Morel legge La lettera di un rabbino convertito, si converte a Gesù Cristo, e nel 1826 scrive che gli ebrei di Parigi che più si erano accaniti contro Drach “traditore”, si ritrovano con uno o più parenti diventati cattolici per la sua testimonianza.
Il rabbino di Saverne in Alsazia, Lazare Liberman, che ha sette figli, tutti cresciuti nel culto più austero della Torah, vede cinque di loro abbracciare il Cattolicesimo per l’impatto con la singolare vicenda di Drach. Uno di loro, Jacob Liberman, battezzato con il nome di François, diventerà sacerdote e fondatore della Congregazione dei Padri dello Spirito Santo, missionari in Africa.
Sono soltanto alcuni nomi illustri delle conversioni procurate dalla sua conversione. Nel 1937, il rabbino di Lille, Leon Berman, pubblicando la storia dell’ebraismo francese, scriverà: «L’Ebraismo delle province dell’Est della Francia, fu scosso nei primi tempi dell’emancipazione da un vero e proprio contagio di conversioni. I neofiti cattolici provenivano dalle famiglie più attaccate alla tradizione ebraica».
Insomma, alla conversione a Cristo da parte di Drach, seguì, dagli anni ’20 a quelli ’80 dell’Ottocento, un contagio – o se più vi piace –, un vero incendio di altre illustri o umili conversioni al Cattolicesimo dall’ebraismo, più vistoso in Alsazia e in Lorena, ma che interessò tutta la Francia. Una vera meraviglia di Gesù che affascina e stringe a sé, nell’unica vera Luce, nell’unica vera Chiesa, anche i figli del suo popolo!
Grandi imprese per Gesù
Diventato cattolico, David-Paul Drach intende spendere la sua cultura e la sua vita per Gesù. In modo decisivo, contribuisce alla pubblicazione della 5a edizione della Bibbia di Vence. Quindi entra in colloquio con gli intellettuali cattolici della Francia e testimonia loro di quale fortuna sono stati dotati con la fede nel Cristo nell’unica vera sua Chiesa. Nel 1830 egli si reca a Roma con i figli per portare il suo contributo alla Chiesa Cattolica là dove il Vicario di Cristo e Successore di Pietro, il Papa, ha la sua sede.
Lo accompagnano i suoi figli, ma presto Auguste entra in Seminario e diventa sacerdote e canonico di Notre-Dame a Parigi. Clarisse e Rosine si fanno religiose. Lui studia Teologia all’Università Gregoriana, insaziabile di conoscere Gesù e quanto viene da Lui. Lì fa amicizia con l’illustre teologo gesuita padre Giovanni Perrone, i cui libri sono testo nei Seminari e che farà parte della commissione costituita dal papa Pio IX per la definizione del Dogma dell’Immacolata Concezione di Maria.
Il Papa lo chiama a diventare bibliotecario di Propaganda Fide, posto che gli permette di avvicinare illustri uomini di Chiesa, come il card. Angelo Mai, filologo eruditissimo, e il patrologo card. Jean-Baptiste Pitra. La sua presenza a Roma per più di 10 anni gli dà una competenza eccezionale che metterà a frutto in altre imprese per Gesù.
Nel 1842, rientra in Francia e collabora con l’abbé Jacques Paul Migne alla pubblicazione della Patrologia latina e greca. Si occupa altresì della redazione di una mole di grandi e piccoli libri di cultura religiosa per il Clero. È un lavoro che lo prende tutto e che lo spinge a candidarsi alla cattedra di ebraico al College de France. Nel 1844, pubblica la sua opera più grande, Dalla sinagoga alla Chiesa, in due volumi, dove illustra il suo cammino esegetico e spirituale: egli non ha rinnegato la fede di Mosè e dei Profeti, ma l’ha portata a compimento in Gesù Cristo, come deve fare ogni ebreo: i cristiani sono i veri israeliti; la Chiesa Cattolica è il nuovo e vero Israele; la dimostrazione della messianicità e divinità di Gesù attraverso le profezie dell’Antico Testamento; Isaia come profeta della Maternità verginale di Maria Santissima e del Servo Sofferente che è soltanto Gesù...
All’inizio del 1865 David-Paul Drach ha 74 anni e ha dato tutto quello che aveva per “quel Gesù” che proprio non era un impostore come l’aveva definito il Sinedrio nel suo odio mortale, ma il divino Seduttore delle anime, davvero il Figlio di Dio fatto uomo per la nostra Salvezza. Nel gennaio 1865, si spegne, sereno, a Roma: avrebbe potuto far carriera nell’ebraismo e raggiungere i vertici del comando e anche la ricchezza dovuta al suo stato. E lui ha preferito vivere e morire in modestia estrema, ma ricchissimo di Gesù solo che è l’unico Signore, l’unico Tesoro e l’unico Amore della vita.
Soltanto aveva accettato il titolo di “cavaliere” datogli da Pio IX a indicare in lui il Miles Christi che vive, combatte e soffre affinché Cristo regni, anche e in primo luogo, sul popolo di Abramo e dei Profeti.