APOLOGETICA
Cosa ci insegna la rovesciata di un centravanti?
dal Numero 22 del 6 giugno 2020
di Corrado Gnerre

Nella vita ci sono momenti in cui tutto va storto e sembra impossibile raggiungere il risultato sperato. Ma è spesso in questi momenti che la Provvidenza lancia un assist improvviso che, se assecondato con fiducia e coraggio, permette di segnare e ribaltare la partita.

Chi ci segue sa che ci sforziamo d’interessarci un po’ di tutto, ovviamente con il rischio che questo comporta.

Ma è un rischio che riteniamo si debba correre perché ciò che manca oggi è offrire un servizio che riteniamo importante, ovvero far sì che il cattolico che ci è a fianco (iniziando da noi stessi) possa formulare un giudizio autenticamente cattolico su ciò che avviene. Il tutto con strumenti semplici e possibilmente (lo sforzo a riguardo lo assicuriamo, anche se non sempre ci riusciamo) brevi.

Questo è un articolo che fa riferimento alla via della bellezza, cioè a quella della dimensione simbolica ed estetica. E prende spunto da un argomento ameno, futile, non di per sé importante, che è quello del calcio.

In questo sport ci sono dei gesti esteticamente bellissimi. Tra questi la rovesciata. Essa può servire per diverse cose... alle volte anche per segnare. Ed è su questo tipo di rovesciata che vogliamo dire qualcosa.

Ebbene, anche in un gesto atletico del genere si può intravvedere qualcosa di significativo. Lo sport è sempre metafora della vita, e – ci permettiamo di dire – ancora di più lo sono gli sport che sono più praticati e seguiti. E di più ancora quello sport che – strano a dirsi – pur non essendo il più praticato, è indiscutibilmente il più seguito al mondo, che è appunto il calcio.

La rovesciata è un gesto atletico innaturale. Non è una corsa. Non è un salto. Non è un lancio di qualcosa, per esempio: di un sasso, di una lancia, di un peso... la rovesciata è un alzarsi in aria per cadere di spalla. È un alzarsi per colpire qualcosa che non è dinanzi, ma che arriva di spalle e che si intuisce a malapena che sta arrivando, ma senza esserne certi.

La rovesciata è il gesto che si sceglie quando sembra che ormai non c’è più alcuna speranza di fare gol. Il pallone non può essere colpito nel verso giusto, secondo il movimento giusto e per dargli la direzione giusta. La rovesciata la si fa quando ormai – anche inconsapevolmente – si è rinunciato ad essere dell’attacco (la porta la si ha di spalle). Ma, malgrado questo, la speranza di fare gol non è svanita del tutto, tant’è che si prova il tutto per tutto. Ci si alza da terra con il rischio di farsi male, s’intravede a malapena che il pallone sta arrivando al punto giusto e zac!... si colpisce. Non c’è la certezza di prendere bene il pallone, figuriamoci di centrare la porta e poi, una volta centrata, di superare il portiere, ma lo si fa. Quando si ha il coraggio di farlo, lo si fa. E alla volte si viene premiati.

Ecco il senso di tutto e la dimensione simbolica: quando si ha il coraggio di farlo!

Sì, il coraggio... perché ci si può far male, ma anche perché si può fare una pessima figura ciccando il pallone o mandandolo al sesto piano della palazzina dietro la curva.

Insomma, è come quando nella vita tutto va male. Quando tutto costringe a ripiegare, indietreggiare, arretrare, mandare tutto a “quel paese”... ma poi interviene qualcosa (una grazia attuale!) che spinge ad un atto coraggioso, un atto che chi è a fianco non capisce (non lo capiscono né i difensori né gli altri attaccanti), ma poi proprio questo atto incomprensibile diventa il gesto di un trionfo. Diventa il cesello del gol della vita!

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