Poche parole per esprimere la missione dell’organizzazione americana di Abby Johnson: “And Than There Were None”. Lo scopo è mettere in crisi l’industria dell’aborto aiutando gli operatori sanitari coinvolti a lasciare il loro lavoro, soccorrendoli nella loro intima sofferenza.
Unplanned è un film molto atteso che sarebbe dovuto uscire nelle sale proprio in questo tempo di “arresti domiciliari” cui siamo stati condannati per la pandemia. Si tratta della storia vera di Abby Johnson, una ex direttrice di una clinica abortista americana della catena Planned Parenthood, che si è convertita e ha avuto il coraggio e la forza di abbandonare una carriera oltremodo redditizia per dedicarsi alla difesa della vita. In particolare, la Johnson ha fondato “And Then There Were None” (ATTWN), un’organizzazione no profit la cui mission è aiutare i lavoratori delle cliniche per l’aborto a lasciare il loro lavoro. Il nome E poi non rimase nessuno mutuato da un famoso romanzo di Agata Christie noto anche come Dieci piccoli indiani, ne rivela lo scopo: scardinare dall’interno l’industria dell’aborto affinché un giorno non ci sia più nessuno disposto a dedicare la sua vita e il suo lavoro alla soppressione degli innocenti.
ATTWN è un’associazione pro vita senza se e senza ma «pro TUTTA la vita», dicono sul loro portale, abortionworker.com: «Siamo pro amore».
«Come ex impiegati della clinica, abbiamo una prospettiva diversa rispetto alle persone comuni: siamo stati in quel mondo, siamo stati nei loro panni. E con quei panni ce ne siamo andati».
«Lasciare il lavoro nel settore dell’aborto non è come lasciare il lavoro in un fast food», ha detto Megan Weber, dello staff di ATTWN, in un’intervista a Micaiah Bilger di LifeSite News. «Non si lascia solo un lavoro, si lasciano gli amici, si abbandona un modo di pensare, un’ideologia... Un giorno sei lì a difendere “i diritti delle donne” e il diritto all’aborto, e il giorno successivo ti ritrovi a dover umilmente dire: “Mi sbagliavo, facevo parte di un sistema molto malvagio”; non è semplice fare i conti con tutto questo. È un trauma emotivo e si sviluppa una sindrome dell’abbandono».
Alcuni di loro restano emotivamente bloccati, molti sono stati ingannati e molti di più cercano di nascondere e negare a se stessi il dolore per ciò che hanno fatto. Tra le donne, moltissime hanno abortito esse stesse.
In realtà, nessuno cresce desiderando lavorare nel settore dell’aborto. Nessuno. Normalmente le persone sono indotte a entrare in quel mondo dalla convinzione di dover aiutare le donne in crisi per una gravidanza indesiderata. Convinzione sviluppata grazie al lavorio della propaganda e dell’ideologia che produce un vero e proprio lavaggio del cervello.
I lavoratori delle cliniche abortiste che abbandonano l’impiego cercano la guarigione da una ferita profonda. La sindrome post aborto, infatti, non colpisce solo le madri, i padri e gli altri familiari dei bambini morti, ma anche medici e operatori sanitari coinvolti nei reiterati omicidi dimenticati, nascosti, dalla propaganda della cultura della morte. In particolare, è dimostrato che essi soffrono del “disturbo post traumatico da stress” (PTSD), la grave patologia che colpisce – ad esempio – anche i soldati e infatti gli psichiatri l’hanno individuata curando i reduci del Vietnam negli anni Sessanta e Settanta.
Da sette anni, da quando è uscito il libro testimonianza di Abby Johnson (Unplanned, da cui è stata tratta la sceneggiatura del film), ATTWN ha aiutato più di 550 tra medici, infermieri e impiegati a cambiare vita, accompagnandoli nel loro cammino verso la guarigione. Come conseguenza diretta di queste conversioni, diverse cliniche abortiste sono state definitivamente chiuse. Gli ex dipendenti di queste strutture sono gli strumenti più efficaci (e temuti) per mettere in crisi l’industria dell’aborto.
L’associazione offre sostegno finanziario temporaneo a questi lavoratori che hanno famiglie e conti da pagare ed è fondamentale per aiutarli a compiere il primo passo.
Molte volte c’è anche bisogno di assistenza legale perché i dipendenti partecipano o assistono ad attività illecite nelle loro cliniche: commercio degli organi dei poveri resti, aborti praticati oltre i termini e le procedure consentite dalla legge, norme igieniche e di smaltimento dei cadaverini violate, lesioni colpose alle donne, mancata denuncia di abusi su donne e minorenni...
Inoltre, gli ex dipendenti delle cliniche abortiste hanno spesso difficoltà a trovare un altro lavoro. ATTWN non solo offre consulenza per aggiornare il loro curriculum, renderlo più commerciabile e per trovare un impiego nella loro zona, ma hanno contatti in tutti gli Stati Uniti con enti disposti ad assumere queste persone. Molti, per esempio, ora lavorano con i centri sostegno alla gravidanza e aiutano le donne a scegliere la vita. L’associazione offre assistenza emotiva, supporto psicologico e anche spirituale.