Cara Redazione, inoltro una foto scattata col mio smartphone sulla via verso casa. Credo che spesso si esageri e ormai in molte (troppe?) famiglie l’animale domestico sia diventato più di un figlio primogenito, per il quale non sono mai troppe le cure e gli affetti e per il quale, in caso di “smarrimento”, sia pure lecito disperarsi (come si legge nell’annuncio)... Non credo si tratti di slogan ad effetto. Una mia vicina di casa, per esempio, grande amante del suo cane (che aveva chiamato “Queen” e che ogni anno portava dal fotografo per il servizio fotografico che serviva a compilare il suo calendario), quando dopo un periodo di assenza tornò a casa e non lo trovò perché andato inavvertitamente sotto una macchina durante il passeggio, cadde in una specie di depressione dalla quale stentò parecchio a tirarsi fuori [...]. Ne parlavo con un’amica e mi diceva che lei invece comprende bene gli stati d’animo di queste persone perché con certi animali si instaura un vero e proprio rapporto... Inoltre mi diceva che noi cattolici abbiamo una visione riduttiva degli animali e che c’è da sperare in un cambio di sensibilità... Che dire? (Giacomo A.)
Caro Giacomo, gli animali sono creature di Dio, Egli le circonda della sua provvida cura (cf. Mt 6,26) e con la loro semplice esistenza lo benedicono e gli rendono gloria («Benedite, animali tutti, selvaggi e domestici, il Signore», Sal 92). È naturale che gli uomini debbano essere benevoli verso di loro. Il Catechismo però è chiaro quando dice che «si possono amare gli animali; ma non si devono far oggetto di quell’affetto che è dovuto soltanto alle persone» (CCC 2416; 2418).
San Francesco d’Assisi amava le allodole, perché lo invitavano a lodare Dio; amava gli agnelli, perché gli ricordavano Gesù, l’Agnello di Dio, e ammansiva i lupi, che riconoscevano in lui il riflesso di Dio creatore e ordinatore della natura. Sant’Antonio Maria Claret prese spunto dalla fedeltà del cane verso il suo padrone, per elevare la mente alla fedeltà dell’uomo verso Dio. La natura è un libro che ci parla di Dio, per mezzo delle sue perfezioni partecipate e riflesse nelle creature. Così dice anche san Paolo, nel primo capitolo della Lettera ai Romani: “Ciò che di Dio si può conoscere è manifesto; Dio stesso lo ha manifestato. Infatti le sue perfezioni invisibili, ossia la sua eterna potenza e divinità, vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui compiute” (cf. Rm 1,19-20).
Oggi, una certa ecologia atea si ferma alle creature, alle sensazioni estetiche e agli affetti naturali che esse possono suscitare. In realtà, l’affetto per gli animali, in molte persone, rischia di sostituire l’affetto per Dio, per il prossimo, e per i propri figli, che non ci sono. È una nuova forma di idolatria, preannunciata dal Santo Curato d’Ars: «Lasciate una parrocchia per vent’anni senza sacerdote: vi si adoreranno le bestie». E le bestie oggi si adorano davvero, perché, pur essendoci i sacerdoti nelle nostre parrocchie, sono i fedeli a essersi allontanati, dai sacerdoti, dalla Chiesa, da Gesù Cristo.
Torniamo dunque al vero e ordinato amore verso gli animali, che è l’amore dei santi, che tutto e tutti amavano, in Dio!