RELIGIONE
La “Reconquista” dei Mercedari
dal Numero 35 del 8 settembre 2019
di Claudio Meli

L’eroico apostolato dei Mercedari mirava alla redenzione degli schiavi e delle loro anime e andava di pari passo con la redenzione delle terre cristiane dal dominio islamico, tanto da poter ascrivere l’attività di san Pietro Nolasco e dei suoi confratelli all’opera della “Reconquista” spagnola.

Il pensatore catalano Jaime Balmes, discorrendo in quel gran libro che è Il Protestantesimo paragonato col Cattolicesimo (1842-1844) degli Ordini aventi per scopo la liberazione degli schiavi cristiani dagli infedeli, faceva notare come alla sua epoca fosse ormai difficile farsi un’idea adeguata dell’importanza che ebbero al loro sorgere; egli tuttavia, descrivendo il processo per cui le opere di carità diventano per i religiosi opere obbligatorie, coglie il carattere delle istituzioni attraverso le quali si dispiega l’azione della Chiesa, e nulla consente di misurare la differenza qualitativa che le separa dalle comuni organizzazioni umanitarie più del quarto voto emesso dai Mercedari. Pietro Nolasco infatti, che prima ancora di ricevere l’ispirazione della Madonna, vera Fondatrice dell’Ordine di Santa Maria della Mercede per la redenzione degli schiavi, aveva profuso in ciò tutti i suoi beni, volle che i suoi frati si obbligassero a offrire se stessi in cambio degli schiavi, qualora le risorse disponibili non bastassero a riscattarli. È così che i Mercedari raggiunsero vette inaudite di eroismo e di sacrificio, e si spiega perché la lista dei santi, beati, venerabili e servi di Dio appartenenti all’Ordine sia lunghissima: Balmes menziona san Pietro Armengol (1238-1304), offertosi ostaggio in Algeria e condannato all’impiccagione (alla quale sopravvisse miracolosamente) per il ritardo nel pagamento del riscatto; Chateaubriand invece nel Genio del Cristianesimo (1802) ricorda san Pietro Pascasio (1227-1300), vescovo di Jaen, che a Granada devolse la somma raccolta nella sua diocesi per la propria liberazione a favore di quella di donne e bambini, finendo per morire martire.
Lo stesso apologista francese evidenzia un tratto che qualifica la natura dell’azione degli Ordini redentori come nettamente verticale e soprannaturale, là dove osserva che la durezza delle loro costituzioni rappresentava un’ulteriore offerta di espiazione dei mali di cui si volevano liberare i prigionieri; tale natura del resto traspare nel modo migliore dall’autentica finalità dell’atto redentivo che compivano i Mercedari, vale a dire «la liberazione delle anime dal pericolo di rinnegare la fede e di dannazione perpetua» (così recitano le Constitutiones Romanae del 1895). Proprio quest’aspetto fondamentale permette di considerare l’attività di san Pietro Nolasco e dei suoi religiosi come parte integrante dello spirito della Reconquista spagnola. Il Fondatore infatti, nato verosimilmente nel sud della Francia, ma sempre operante in Catalogna, visse fra il 1180 e il 1249, cioè nella fase ascendente della controffensiva cristiana contro i Mori di Spagna: il 1212 vedeva la vittoria epocale, paragonabile per significato solo a quella di Lepanto, dei Regni cristiani coalizzati contro la dinastia marocchina degli Almohadi, fanatici musulmani, a Las Navas di Tolosa; nel 1236 Ferdinando III di Castiglia entrava a Cordoba, recuperando all’interno della moschea, dove erano state appese dagli Arabi a mo’ di trofeo, le campane del santuario di Santiago di Compostela; nel 1238 Giacomo I d’Aragona, che non a caso patrocinò fin dall’inizio l’Ordine della Mercede (si crede d’altronde che la fatidica visione della Santissima Vergine, la notte fra il 1° e il 2 agosto 1218, accomunasse lui, san Pietro Nolasco e il domenicano san Raimondo di Peñafort), conquistava Valencia. La redenzione delle anime insomma andava di pari passo con la redenzione delle terre sottratte dall’islam alla Cristianità, e come Ordine cavalleresco appunto, strutturato in conventi che erano centri di raccolta delle elemosine e in confraternite, nacque la Mercede; il prologo delle Costituzioni del 1272, redatte dal Generale fra’ Pietro Amer, è impregnato di spirito militante, stabilendo l’equivalenza fra il «potere del demonio e dell’inferno» e il «potere dei saraceni e di altri nemici della nostra legge».
Fu nel 1327 che si procedette alla clericalizzazione dell’Ordine, il quale avendo nella basilica di Nostra Signora della Mercede in Barcellona la Casa Madre, giunse in seguito ad accompagnare l’espansione spagnola nel Nuovo Mondo; da noi il maggior monumento della spiritualità mercedaria è il santuario di Nostra Signora di Bonaria a Cagliari, pegno visibile del legame fra la Sardegna e la sponda occidentale del Mediterraneo: esso infatti venne eretto fra il 1324 e il 1326 dagli Aragonesi, sul colle dove si erano insediati durante l’assedio della città, allora tenuta dai Pisani.
Ancora nel ’700 Ludovico Antonio Muratori, ribadendo come «il riscattare gli schiavi cristiani dalle mani de gl’infedeli sempre fu considerato nella Chiesa di Dio per un atto di insignissima carità», deplorava il permanere del flagello dei «corsari africani» quale residua causa di schiavitù per i battezzati, e l’inerzia dei prìncipi cattolici impegnati piuttosto a combattersi l’un altro. La minaccia non ha cessato di provenire dal mare, ma in tempi di inversioni diaboliche è lo schiavismo praticato dai filantropi a mettere in pericolo l’Europa.

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