Dai suoi sermoni ed anche dalle numerose pratiche mariane che promosse nella sua città, san Vincenzo Romano si rivela uno straordinario apostolo di Maria, capace di instillare la bella devozione nei cuori dei suoi compaesani, anche a distanza di secoli.
Torre del Greco divenne città profondamente mariana durante il trentennio in cui san Vincenzo fu parroco della basilica di Santa Croce. Egli introdusse la pratica delle novene per le sette festività di Maria Santissima, che predicava con grande zelo, fervore e commozione, spingendo tutti alla vera devozione alla Madonna. Come rileva mons. Michele Sasso, «il fine della devozione alla Madonna» di san Vincenzo era «condurre i fedeli alla vita sacramentale e della grazia, attraverso l’ascolto della Parola e la mediazione di Maria Santissima». In particolare, osserva il Sasso, «la predicazione mariana del santo Curato è basata sulla metodologia del confronto, per condurre all’imitazione» (1).
Eccone qualche esempio tratto dalle bellissime meditazioni scritte per la Natività di Maria.
Scrive san Vincenzo Romano: «Che sarebbe stato di noi, se non fosse nata Maria che ci ha portato il frutto della vita? Meglio per noi, se non fossimo nati. Saremmo figli dell’ira, schiavi del demonio e del peccato... ma viva per sempre l’infinita misericordia di Dio che fa nascere Maria... già è spuntato il fiore da cui deve nascere il giglio... è comparsa quell’aurora che porta appresso il sole divino... è nata quella purissima Vergine che deve concepire e partorire il nostro Salvatore... O quanto dobbiamo rallegrarci per la nascita di Maria! Godi pure, anima mia, allarga il tuo cuore, lontano da ogni tristezza; rallegrati che già stai per essere liberata da ogni miseria ed avere ogni felicità... Ricorri a Maria e pregala che, giacché è nata per portarti il tuo Salvatore, te lo faccia conoscere ed amare».
Prosegue il Santo, scrivendo: «Considera, anima mia, come nasce Maria senza peccato... innocente, santa, benedetta, diletta a Dio e come fu concepita e nacque illibata, così si mantenne in tutta la vita senza mai far un neo di peccato il più leggero... non cessare di odiare, piangere e fuggire il peccato, così sarai vero devoto e figlio di Maria ed Ella ti proteggerà; che se poi tieni ancora l’affetto a qualche peccato, non sperare di essere figlio di Maria... dunque, se vuoi esser davvero suo figlio, detesta e sradica dal tuo cuore ogni peccato, leva quella pratica, leva quella passione».
Maria, Madre del Salvatore, nasce senza peccato e anche con la volontà soggetta a Dio: «Considera come nasce Maria tutta soggetta ed uniformata alla volontà di Dio... Dunque Ella con la volontà subordinata ed ubbidiente a tutti i comandi e le disposizioni di Dio, così dovette allora dire a Dio: “Essendo voi, mio Dio, mio creatore, avete sopra di me tutto il dominio, perciò è giusto che io sia tutta soggetta a voi”... Se si presenta al Tempio, se concepisce, se visita Elisabetta, se va a Betlemme, se fa circoncidere il Bambino, se va nel Tempio a purificarsi, se fugge in Egitto o ritorna, se va nel Tempio a cercare Gesù, se alla fine sta ai piedi della croce, altro non fa se non la volontà di Dio, s’uniforma a tutte le disposizioni della sua Provvidenza. Beata te, o Maria, che così perfettamente vi soggettaste alla legge e alla volontà di Dio! Quali tesori di grazie e benedizioni non dovette spargere sopra di voi quel sommo Dio che non si fa vincere di cortesia?... Anima mia, fa’ come la tua Madre Maria!... Tutti i tuoi pensieri, parole, affetti, opere, sono stati secondo la volontà di Dio, come ha fatto Maria?... Quanto sei stata lontana da Maria, Ella in tutto si soggetta e tu contraddici?... Eri tu forse più grande di Maria?... Ti credevi libertà fare a modo tuo; ma questa è la più misera schiavitù. La vera libertà è ubbidire a Dio».
Maria nasce anche senza ignoranza, scrive san Vincenzo Romano: «Maria, perché senza peccato originale, nasce coll’intelletto libero da questa ignoranza, illuminato, che conosce per se stesso il vero, scopre gl’inganni, non soggetto alle tenebre della notte del mondo... aggiungi quei celesti lumi che Dio sempre le comunicava, sicché Ella, come la luna è illuminata talmente dal sole, che fa luce a noi, così fu arricchita di tanti lumi da Dio, che Ella risplende a noi. E perciò fu chiamata Maria, che vuol dire illuminata, illuminatrice e stella del mare. Con questo intelletto faceva la maestra degli Apostoli ed interpretava la dottrina di Cristo agli altri fedeli. Perciò, chiaramente conoscendo il vero e il falso, faceva giusta stima delle cose; stimava l’eterno, disprezzava il temporale; faceva conto dei meriti delle opere buone e teneva a vile e calpestava gli onori, le ricchezze, i piaceri temporali e quanto c’è in questo mondo sotto la luna. E per questo ha la luna sotto i piedi, perché questi beni sono incostanti come la luna. O che importante lezione ti dà Maria! L’intelletto è ignorante o illuminato?... Conosci dunque il male delle passioni e del peccato, sradicale e raffrenale nel tuo cuore, vedi qual ti domina, detestala ai piedi di Maria... In tutte le tentazioni, tribolazioni, dubbi, avversità, nel bollore delle tue passioni: guarda la stella, pensa a Maria, invoca Maria».
Maria nasce piena di grazia: «Considera come Dio riempì di grazia Maria fin dalla sua concezione. Se infatti la diede agli angeli, ad Adamo, perché non doveva alla Regina degli angeli? Onde nasce Ella piena di grazia, ma tanto abbondante che superò la grazia dei santi più perfetti, di tutt’i più sublimi serafini, perché Dio dà la grazia secondo l’impiego. Ora perché il maggior ufficio che potesse una creatura esercitare è la Madre di Dio, perciò dovette avere tanta grazia... O quanto bella è agli occhi di Dio! O quanto è amata... O se potessimo vedere l’anima di Maria arricchita di tanta grazia!... Ma ricordati anche della tua dignità che hai ricevuta la grazia di Dio, che, come uno splendore divino, levata la bruttezza del peccato, la fece bella e grata agli occhi di Dio, amica di Dio, partecipe della natura divina, sorella di Gesù Cristo ed erede del Paradiso. E Dio, scacciatone il demonio, cominciò ad abitare in te... Ma tu l’hai sempre accresciuta questa grazia come Maria? Ahimè! Anzi l’hai perduta al primo peccato mortale... Fatti una buona Confessione, piangi il tuo errore, cerca perdono a Dio, ricorri a Maria».
Infine, scrive san Vincenzo, «Considera, anima mia, come Maria nasce col perfetto uso di ragione... Ella in quel primo istante conosce chiaramente Dio, l’infinita sua dignità e perfezione, onde, abissata nel centro del suo niente, l’adora, lo riconosce come suo primo Principio e per suo ultimo Fine. Tutta a Lui si soggetta ed ardentemente lo desidera... lo ama con un atto d’amore assai più perfetto della carità dei più sublimi serafini... lo ringrazia... passa ad aborrire il peccato, dichiarando di fargli guerra, a concepire zelo della salvezza degli uomini ed a supplicare il medesimo Dio, offrendosi prontissima ad eseguire tutto ciò che gli sarebbe comandato... Ecco quello che ognuno deve fare nel primo istante dell’uso della ragione. Hai fatto così tu? O confusione!... Maria in tutta la sua vita continuamente in quello che le era comandato, si esercitava. Ma tu non ci avrai affatto pensato! Hai tu conosciuto, adorato Dio? Ti sei assoggettato? Hai confidato?... Piangi... rinnova durante il giorno questi atti, ora di fede, ora di speranza, ora di carità».
In onore dell’Immacolata Concezione, la cui festa era preceduta da una novena ed era solennizzata in modo straordinario, il preposito Curato promosse l’efficacissima giaculatoria «Vergine Maria Immacolata, liberateci da ogni peccato» e insegnò al popolo questa serafica preghiera d’intercessione, auspicio di perseveranza finale: «Nel tuo primo momento, / Vergine Immacolata, / Ti fece esente Dio da ogni peccato. / Nel mio momento estremo / di cui esser temo, / fa tu o pura Stella, / questa alma poverella/ senza peccato sia / e tutta bella».
Molto devoto era anche dell’Addolorata. Il Venerdì Santo, dopo la predica delle “Tre ore di agonia”, san Vincenzo risaliva sul pulpito per predicare le «Tre ore di Maria Desolata». Facendo piangere persino le pietre della strada, come ebbe a dire uno dei testimoni al processo di beatificazione. Nelle ultime fasi della sua agonia, ricorreva spesso alla Madonna dei Sette Dolori, invocandola così: «Mamma mia addolorata, mamma mia cara, aiutami tu».
San Vincenzo promosse altresì la devozione del sabato mariano e il culto alla Madonna della Speranza e alla Madonna della Carità. Il mese di luglio, dedicato alla Madonna delle Grazie, costituiva allora quello che è oggi per noi il mese mariano di maggio, con san Vincenzo che predicava per tutto il mese, senza fermarsi un attimo. Come sant’Alfonso, infatti, pare avesse fatto voto di non perdere mai tempo! Ugualmente preceduta da una novena e celebrata in maniera solennissima era la festa di Maria Assunta, che san Vincenzo Romano elogiava come “Regina di tutto il Paradiso”, “Madre di tutti i viventi”, “Tesoriera della Divina Liberalità”, “Dispensatrice della divina Grazia”, “Direttrice della divina Giustizia”, “Arbitra del Cuore di Dio”...
Soprattutto, san Vincenzo fu strenuo promotore della pia pratica del Santo Rosario. Istituì in parrocchia la Confraternita del Rosario – che, nella storia della Chiesa, è quella maggiormente arricchita di indulgenze e privilegi dai Sommi Pontefici – ed ottenne dall’allora Generale dell’Ordine dei Frati Predicatori l’autorizzazione a benedire le corone del Rosario secondo lo speciale rito domenicano, pubblicando altresì un preziosissimo libretto sul modo pratico di recitare il Rosario. Conformemente alla sua massima «Fate bene il bene», soleva ripetere che i misteri sono l’anima del Rosario e che «per tal considerazione [dei misteri, n.d.a.] si ottengono le grazie trionfatrici, che mutano anche i cuori più duri».
Le testimonianze riportano che, nel 1822, in occasione di una disastrosa eruzione del Vesuvio, san Vincenzo Romano scrisse all’allora regnante papa Pio VII per chiedergli una speciale benedizione a protezione della città corallina. Il Papa, allora, pensò bene di inviargli «cartelle e devozioni della Madonna» che san Vincenzo, il 24 ottobre di quell’anno, portò in processione assieme alle veneratissime statue dell’Addolorata e di san Gennaro fin sulla sommità del Vesuvio. Fu qui che, dinanzi al popolo in preghiera, il preposito Curato gettò nel cratere quanto inviatogli dal Papa, a suggellare un patto di protezione fra la Vergine Maria e la città di Torre del Greco, che da quel momento fu posta sotto il suo manto materno. I torresi non hanno mai cessato il perpetuo ricorso alla Vergine come erano stati ispirati a fare da san Vincenzo Romano: fu dalla gloria dei Cieli che, l’8 dicembre 1861, il Parroco santo benedisse il voto solenne che il popolo fece all’Immacolata, di portarne in processione ogni anno su di un carro trionfale la statua, se lo «Sterminator Vesevo» avesse cessato i suoi ruggiti. E fu così che iniziò quella meravigliosa storia d’amore tra un popolo di pescatori e corallari e ‘a ‘Mmaculata, perpetuando quelle parole di grazia uscite da quella “bocca di paradiso” che era san Vincenzo Romano: «Fedeli miei, siate devoti della Madonna...».
NOTA
1) Mons. Michele Sasso, Beato Vincenzo Romano. Vita e scritti, Casa Mariana Editrice, Frigento 1984.