Nell’ora attuale della Chiesa, segnata dolorosamente anche dalla piaga degli abusi sessuali, è di urgente e vitale importanza tornare a parlare della verginità consacrata, della sua natura, del suo fine e del suo valore inestimabile.
La verginità consacrata è lo stato per il quale si rinuncia ad un’unione terrena per dedicarsi completamente a Dio nella vita religiosa o sacerdotale, o semplicemente per donarsi a Lui nella vita laica.
La Chiesa, basandosi sugli insegnamenti della Scrittura e dei Santi Padri, ha sempre affermato che lo stato verginale è un dono di grazia concesso a coloro che sono scelti per vivere una sequela di Cristo radicale nella vita religiosa e nel Sacerdozio, ed è uno stato superiore a quello matrimoniale.
La dottrina che stabilisce l’eccellenza e la superiorità dello stato verginale è stata solennemente definita dogma di Fede nel Concilio di Trento. Il papa Pio XII nell’enciclica Sacra Virginitas l’ha ulteriormente affermata, condannando alcune tendenze perniciose degli ultimi decenni che impugnano tale verità di fede «con serio pericolo e danno dei fedeli» (1). Egli condanna l’opinione secondo la quale il matrimonio cristiano, in quanto sacramento, è uno strumento più efficace della verginità ad unire le anime a Dio ricordando che tale sacramento non è finalizzato all’unione con Dio, ma all’unione degli sposi in Dio, mentre la consacrazione verginale è finalizzata immediatamente all’unione con Dio. Dunque la verginità consacrata, più che il matrimonio, crea un vincolo di unione immediato con Cristo Sposo.
Papa Pio XII ribadisce inoltre un altro punto, che risulta anche esso controverso: i vergini e i celibi «consacrandosi interamente a Colui che è il loro principio e comunica loro la sua vita divina, non si impoveriscono, ma si arricchiscono», non corrono il «grave pericolo di perturbare il proprio organismo e i propri nervi e quindi nuocere all’equilibrio della personalità», ma per la grazia di Cristo, donata principalmente attraverso i Sacramenti, sottomettono gli stimoli della concupiscenza alla retta ragione e alla legge della grazia e quindi sono in grado di regnare pienamente sul corpo. In tal modo la castità perfetta e la verginità, lungi dal nuocere allo sviluppo e progresso naturale dell’uomo e della donna, lo accresce e lo nobilita (2).
Ad un certo pensiero e mentalità moderna, che penetrano spesso, purtroppo, anche nella prassi pastorale della Chiesa, basati su argomentazioni antropologiche e psicologiche, per le quali il privarsi dell’esercizio della sessualità avrebbe una ripercussione negativa sull’equilibrio della persona, si contrappongono gli insegnamenti del Vangelo, che vale oggi come valeva secoli fa, il Magistero della Chiesa unito alla Tradizione, gli esempi dei santi e di una schiera di consacrati nel sacerdozio e nella vita religiosa che, pur essendo uomini e donne dotati di un corpo e di istinti, come qualsiasi altro essere vivente, hanno vissuto il dono di grazia della castità in una gioia sovrabbondante e nell’equilibrio più perfetto di ogni loro facoltà.
La sorgente divina della verginità
È stato scritto che «la verginità consacrata è tutta realtà di Paradiso su questa povera terra. [...]. È insieme candore e amore, bellezza e profumo che discendono da Dio e ritornano a Dio. La verginità è pura angelicità. L’aureola della verginità consacrata incanta gli angeli. È davvero un’aiuola di Paradiso, che si riporta in Paradiso» (3).
L’origine della verginità consacrata, infatti, è in Cielo. È Cristo che, discendendo dal Cielo e incarnandosi nel grembo verginale di Maria Santissima, ha portato sulla terra e ha reso partecipe l’uomo dell’amore esclusivo e totale che sussiste all’interno della Santissima Trinità tra le tre Persone divine. La verginità consacrata è l’espressione più alta e la partecipazione più profonda a tale amore divino. Sant’Ambrogio nell’elogio della verginità scrive: «Definiamo prima di tutto ove ne sia la patria. Se questa è là dove è la casa del Padre, il cielo è certamente la patria della castità. Là essa è cittadina. Qui solo pellegrina. [...]. E chi ne sarà l’autore se non l’Immacolato Figlio di Dio la cui umanità è incorrotta e la divinità scevra da macchia?» (4).
Il santo Dottore nello spiegare poi in quale modo l’autore della verginità ne ha reso partecipe gli uomini fa riferimento alla Chiesa, Sposa di Cristo, che è colei che, vergine anche essa, riceve il dono dell’amore divino della Trinità Santissima: «Vergine è dunque la sua sposa; vergine colei che ci portò nel suo seno; ci generò, ci nutrì del suo latte e della quale leggiamo che la sua posterità non potrà mai venire meno [...] Oh quanto è nobile questa vergine che viene irrorata dalle fonti della Santissima Trinità» (5).
La patria della verginità è dunque il Cielo e l’autore della verginità è il Verbo incarnato che con la sua Incarnazione ha fatto sì che alcune anime da lui predilette e scelte, potessero essere inserite nella corrente di amore divino verginale che sussiste eternamente nel seno della Trinità.
La prima di queste anime è stata Maria Santissima che sotto la mozione dello Spirito Santo ha scelto e amato la verginità eleggendola come sua prerogativa. Gesù è nato miracolosamente da Lei, dalla Vergine Madre; i discepoli di Gesù hanno seguito Cristo sulla via della castità e tra di essi Gesù ha prediletto l’apostolo vergine san Giovanni.
Così nasce la verginità consacrata a Dio solo, che Cristo ha lasciato come eredità alla Chiesa, suo Corpo mistico: dopo Gesù, Maria e gli apostoli, miriadi di anime vivranno la consacrazione totale di se stesse a Dio nello stato verginale del sacerdozio e della vita religiosa, nel seno della Chiesa Cattolica: «Una tal sorta di vergini – scrive sant’Agostino – non fu mai prodotto di fecondità carnale; né può essere prole di carne e sangue. Se si vuol sapere chi ne sia la madre, lo è la Chiesa. Le sacre vergini non le genera se non quella vergine sacra che fu sposata a un sol uomo, Cristo, al quale ha da essere presentata pura. Da questa Chiesa, che nello spirito è tutt’intera vergine e nel corpo lo è solo limitatamente a certi individui, nascono le vergini sacre, che son vergini nel corpo e nello spirito» (6).
NOTE
1) PIO XII, Sacra Virginitas.
2) Cf. ibidem.
3) Padre Stefano M. Manelli, FI, Sposa d’amore di Gesù. Riflessioni sulla professione religiosa, Frigento 2011, p. 9.
4) Sant’Ambrogio, Le Vergini, Libro I, cap. V, n. 20.
5) Ivi, n. 22.
6) Sant’Agostino, La verginità consacrata, n. 12.