RELIGIONE
Gesù e l’Aquinate
dal Numero 13 del 31 marzo 2019
di Paolo Risso

Se la luce ontologica è insita nella luce stessa della fede, il pensiero di san Tommaso d’Aquino è chiamato ancor oggi a giocare un ruolo normativo di riferimento nella genuina Teologia cattolica.

Oggi è diffusa l’idea che la Teologia debba essere fatta di sola Parola di Dio. Diversamente, si avrebbe una “contaminazione” della Parola di Dio con la filosofia greca medioevale. Maestro Tommaso d’Aquino, il più grande filosofo e teologo della Chiesa (osiamo dire, senza tema alcuna di smentita, il più grande e insuperabile di tutta la storia dell’umanità) avrebbe fatto un servizio non buono alla Parola di Dio! E così viene messo da parte, sostituito con i “teologi della modernità”.
Così, a sentire costoro, la metafisica, l’ontologia inquinerebbe il Cristianesimo, che non ha – dicono – bisogno alcuno di metafisica, di ontologia. Vale in se stesso e non serve altro. Migliore sarebbe l’approccio ad esso, di tipo esistenzialistico, psicologico, sentimentale, fenomenologico, così come dilaga tra pensatori e “teologi” di oggi, e da loro, nella predicazione, salvo poi a trovarsi nell’incertezza, nella confusione, nel vuoto, nel nulla.


Gesù “ontologico”

Ma «l’ignoranza dell’ontologia è ignoranza del Cristo». Parafrasando la celebre sentenza di san Girolamo: «Ignorare le Scritture è ignorare Cristo», alla luce della Verità, dobbiamo riconoscere che la Cristologia possiede una dimensione metafisica irriducibile, essenziale alla sua integrità, come scienza.
Ben lungi dall’essere una “contaminazione” della Rivelazione con la filosofia greca, il radicamento metafisico del Mistero di Gesù è incluso nella stessa Sacra Scrittura. Lo capisce un bambino della Prima Comunione: Gesù, prima di manifestarsi e di agire, per essere il vero unico Salvatore, Egli è. Tutto ciò che viene da Lui, è realtà. L’ontologia è appunto la scienza dell’essere, del reale. Se non fosse reale, sfumerebbe nel nulla. Non potremmo essere che scettici, come lo scetticismo è il risultato di certa “teologia” contemporanea; oppure il fideismo, che è “buttarsi in Dio” così come ci si butterebbe da un aereo senza paracadute. Odora di protestantesimo.
L’esegeta e il teologo speculativo mettono in luce, se onesti, “una ontologia biblica” per cui cercare di comprendere le affermazioni del Nuovo Testamento a proposito di Gesù, in modo non metafisico, è alla fine un esercizio non biblico. Si pensi soltanto al Nome di Dio che Dio stesso rivela a Mosè dalle fiamme inestinguibili del “roveto ardente”: «Io sono Colui che sono» oppure, ma è la stessa realtà: «Io sono Colui che è», e «“Io sono” mi ha mandato a voi» (Es 3,14).
Il Nome santissimo e ineffabile espresso con il Tetragramma sacro, il più sacro, “Jahvè”, l’Impronunciabile, che Gesù con pretesa inaudita, ma verace, assume per se stesso: «Io sono l’acqua zampillante in vita eterna» (Gv 4,14), «Io sono il Pane della vita» (Gv 6,35), «Io sono la Via, la Verità, la Vita» (Gv 14,6). E anche, più volte: «Non temete, Io sono» (Gv 6,20), e il massimo: «Prima che Abramo fosse, io sono» (Gv 8,58) che fa prendere le pietre in mano ai Giudei per lapidarlo, come bestemmiatore.
In quell’Io sono (ego eimì) di Gesù, c’è la più alta metafisica, l’irraggiungibile metafisica. La Sacra Scrittura contiene l’ontologia assoluta e supera all’infinito i filosofi greci. La metafisica primordiale, originaria, rivelata. Noi vediamo Gesù che opera, ma Egli prima di tutto, è “Colui che è”.


Tommaso, servo di Gesù

Facciamo un esempio, citando alcuni temi del Nuovo Testamento che implicano con necessità evidente una lettura metafisica: la pre-esistenza di Gesù Cristo e il suo potere creatore; la sua signoria; la consistenza e la verità della sua natura umana, come in Col 1,15-20: «Gesù è l’immagine del Dio invisibile; generato prima di ogni creatura; poiché per mezzo di Lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili. Tutte le cose sono state create per mezzo di Lui e in vista di Lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte le cose sussistono in Lui. Egli è anche il Capo del corpo, cioè della Chiesa, il principio, il primogenito di coloro che risorgono dai morti, per ottenere il primato su tutte le cose. Perché piacque a Dio di fare abitare in Lui ogni pienezza e per mezzo di Lui riconciliare a sé tutte le cose, riappacificando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di Lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli».
Allo stesso modo, l’attribuzione delle proprietà umane e divine all’unica Persona di Gesù, attestata in passi come 2Cor 7-8 («Parliamo di una sapienza divina, misteriosa, che è rimasta nascosta e che Dio ha preordinato prima dei secoli per la nostra gloria») e Fil 2,6-11: «Gesù Cristo, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente sino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio lo ha esaltato e gli ha dato il Nome che è al di sopra di ogni altro nome, perché nel Nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi in cielo, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è Signore a gloria di Dio Padre».
Le citazioni che abbiamo fatto non si possono leggere, pena non capirne nulla, in chiave cartesiana, kantiana, o fenomenologica, neppure esistenzialistica, ma solo in chiave metafisica, ontologica, che custodisce la Persona e l’opera di Gesù Cristo, nella pienezza dell’essere, non nella volubilità dell’opinione e del sentimento: Gesù Cristo è “Colui che è”, come Dio; la Redenzione conduce all’“essere nuovo” dell’uomo che l’accoglie, “l’essere in Cristo”, come san Paolo ripete 164 volte nelle sue Lettere.
Così se la luce ontologica metafisica è immanente (è dentro) a quella della fede, il pensiero di san Tommaso d’Aquino è ancora chiamato oggi a giocare un ruolo normativo di riferimento nella Teologia cattolica, quella vera. La pertinenza e la fecondità di questa scelta è magistralmente dimostrata studiando e contemplando il mistero dell’Incarnazione del Verbo e il mistero della Redenzione.
Su un dato argomento (l’unione ipostatica, la visione beatifica del Cristo, la sua obbedienza, la sua morte, ecc...) si può condurre uno studio approfondito e spesso critico di un teologo contemporaneo (Balthasar, Rahner, Chenu, Barth) per mostrare in seguito come il pensiero di san Tommaso è sorgente viva, dove l’intelligenza della fede (intellectus fidei) ci guadagna molto, direi tutto, a affondare le radici per alimentare sempre nuove fioriture.
Davvero risplende la luce del pensiero di san Tommaso sul mistero del Verbo Incarnato. Davvero Tommaso è il servo buono e fedele di Gesù, come il divino Maestro gli ha detto, al termine della sua opera: «Thoma, bene scripsisti de me» (Tommaso, hai scritto bene di me).
Il prestigio di cui gode il pensiero di Balthasar fa del teologo svizzero un interlocutore privilegiato. Con costui si può intraprendere una discussione serrata. Balthasar stabilisce una corrispondenza rigorosa tra gli avvenimenti terreni della vita di Gesù e la vita intratrinitaria. Così il dramma della croce di Gesù e la sua discesa agli inferi rivelerebbero nell’economia della salvezza la kenosi (l’annientamento) e l’obbedienza del Figlio che esisterebbero eternamente nel seno della Trinità.
Ma si deve confutare con forza questa posizione di Balthasar che attacca il monoteismo; non si dà possibilità di un “dramma” all’interno della Trinità, dove non c’è contrasto, non c’è dolore, non c’è litigio, ma la pienezza dell’essere e dell’amore. Diversamente da Balthasar, la teologia di san Tommaso permette di pensare la Rivelazione della Trinità dentro e per mezzo delle azioni umane di Gesù, comprese le sue sofferenze, la sua morte, la sua discesa agli inferi. I Misteri della vita di Cristo sono in realtà espressione del Mistero della sua Persona, la quale è assolutamente inseparabile dal Padre e dallo Spirito Santo.
Concludendo: lo studio del Cristo al seguito di san Tommaso d’Aquino orienta i nostri sguardi verso il mondo che verrà. Così la Teologia anticipa nella fede la visione beatifica, dove noi ci rallegreremo della conoscenza di Dio e dell’umanità che Egli ha assunto in Se stesso.
Stando così le cose, ottimo è il servizio che san Tommaso, l’Aquinate, il Dottore angelico, il Dottore comune, il Dottore perenne, fa alla Verità che è Nostro Signore Gesù Cristo. Per questo appunto, quando Gesù chiese a Tommaso: «Che cosa vuoi in contraccambio?», Tommaso gli rispose: «Null’altro che Te stesso, o Gesù!».

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