Presso gli orientali era nota l’attesa di un Messia da parte del popolo di Israele, forse perché gli ebrei della prima diaspora, dispersi per la deportazione da parte di assiri e babilonesi, avevano fatto conoscere le loro Scritture. Il compimento di questa attesa desta gioia e sottomissione nei Magi, i quali rappresentano coloro che lasciano le tenebre per giungere all’ammirabile Luce di Cristo.
«Nato Gesù a Betlemme di giudea, al tempo del re Erode, alcuni Magi vennero dall’Oriente a Gerusalemme e domandavano: “Dov’è il re dei giudei che è nato?”» (Mt 2,1-2ss). Così racconta l’evangelista Matteo, scrivendo con assoluta fondatezza storica e biblica. L’adorazione dei Magi a Gesù non è leggenda, non è un “genere letterario”, come si usa dire oggi, non è soltanto “una lettura teologica” della venuta di Gesù. È fatto storico, che con ogni probabilità, direi con certezza, Matteo ha raccolto da Maria Santissima per i suoi due primi capitoli, come Luca farà altrettanto per i suoi primi due capitoli, l’insieme dei “Vangeli dell’infanzia”, dove c’è tutto sul piccolo Gesù, presagio del “grande” Gesù.
Storia non leggenda
«Vennero dall’Oriente». L’Oriente per gli ebrei è la Mesopotamia e, più ancora, la lontana Persia, il cui re Ciro, alcuni secoli prima, aveva permesso agli ebrei deportati a Babilonia, di tornare nella loro terra, la piccola Palestina, crocevia delle genti.
Gli ebrei esuli a Babilonia, avevano diffuso, tra i “gentili” (i pagani), l’idea del loro Dio, purissimo Spirito, uno e unico Creatore e Legislatore dell’umanità, e insieme l’attesa di un suo Inviato, che essi attendevano. Prova ne sia la testimonianza di Tobia, un esule di Israele, molto pio e identitario, che in un suo cantico di lode afferma di far conoscere la gloria del vero Dio in un popolo straniero (cf. Tb 13,2-18). Altro segno è il salmo 136, in cui l’autore narra come nell’esilio a Babilonia, fosse loro chiesto di cantare i cantici di Sion e l’impossibilità di soddisfare la richiesta, poiché le cetre erano state appese, in segno di lutto, alle fronde dei salici!
Presso gli orientali della Mesopotamia e della Persia dunque, era nota l’attesa di un Messia, di un Inviato, di un Re, mai prima visto, da parte di Israele. Attesa nota, perché gli ebrei della prima diaspora, dispersi per la deportazione da parte di assiri e babilonesi, avevano fatto conoscere le loro Scritture, soprattutto tra i dotti, gli studiosi delle “stelle”, del cielo e della terra. Attesa nota, in ogni paese pagano, perché doveva esser pure stata conservata quella “rivelazione primigenia”, che risale a Dio al principio dell’umanità: «Porrò inimicizia tra te [il serpente, il diavolo, la potenza del male], la Donna, tra te e la sua discendenza. Ella ti schiaccerà il capo» (Gen 3,15). Relazione primigenia tradottasi nell’attesa di un Personaggio venuto dal Cielo, da Dio stesso.
«Alcuni Magi vennero dall’Oriente». A Gerusalemme dicono di aver visto il sorgere di una stella, la sua stella, annuncio della venuta di questo Re inedito, Re unico, tutto singolare. Allora sapevano che la sua venuta sarebbe stata preceduta da una stella, che i cieli stessi l’avrebbero fatto sapere, come dice il libro dei Numeri, 24,17. Sicuramente conoscevano qualcosa dell’Atteso da Israele, popolo così piccolo, ma segnato da una letteratura divina, le loro Scritture, con i Patriarchi, i Giudici, i Re, i Profeti, i Sapienti, tutti volti e anelanti a incontrarlo.
Facciamo una lettura fondamentalista della Parola di Dio? Ebbene che sia, sappiamo che quanto stiamo scrivendo, è la lettura che ne fa fondata cultura biblica e soprattutto il Magistero della Chiesa. E pertanto ne abbiamo l’anima in pace.
Cercatori di verità e vita
Alla domanda dei Magi, giunti a Gerusalemme: «Dov’è il re dei Giudei che è nato?», tutta la città sacra del Tempio di Dio, rimase sgomenta, primo tra tutti il re Erode, una reuccio vassallo di Roma, che temeva sempre di perdere il suo potere sul reame, fino al punto di fare assassinare i suoi figli, timoroso che attentassero al suo trono. Augusto, quando lo seppe, dichiarò che preferiva essere un «porco», che figlio di Erode – sottinteso – perché in Israele non si uccidevano né tanto meno si mangiava la carne di maiale!
Erode, dunque, sgomento, Gerusalemme sgomenta, non per la venuta dell’Atteso delle genti, che pure avrebbe dato lustro al loro popolo, ma sgomenti di stupore, di paura, di collera. «Erode, riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo dove doveva nascere il Messia. Gli risposero: “A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta”». E gli citano Michea 5,1.
Notate: si radunano Erode, i sommi sacerdoti (quelli in carica e gli “emeriti”) e gli scribi del popolo. Gli stessi che si raduneranno dopo circa trent’anni, per processare Gesù! Quando Erode ha la risposta, dice ai Magi: «Andate a Betlemme, informatevi accuratamente del bambino e quando l’avrete trovato, fatemi sapere, perché anch’io venga ad adorarlo». Ma la sua “cura” era perfidia e scelleratezza, inizio di una congiura contro Gesù, che si illuderà di aver fine mandando Gesù alla croce, ma che continua ancora oggi, dove Gesù è rifiutato, perseguitato e crocifisso, su tutti i calvari della terra.
Pur conoscendo le Scritture, i vaticini dei profeti, riguardo al Re-Messia, nessuno di quei “signori” di Gerusalemme – neppure i sacerdoti – si mosse per andarlo a cercare a Betlemme. Anzi, dicono i Padri della Chiesa, che pure essi congiurarono con Erode nella strage di bambini dai due anni in giù, per eliminarlo.
Per restare unico re, Erode (e i suoi complici) sogna di spegnere la Luce nel sangue. I testimoni “obbligati” della Luce, i sacerdoti e i principi della nazione, non alzeranno la voce, contro l’iniquità. Il popolo sviato da quelli che avrebbero dovuto guidarlo alla verità, continuerà a ostinarsi nell’incuranza e nell’errore, nel rifiuto del suo Re-Messia. Infelice popolo, qualsiasi popolo, che abbandona il suo Dio. Sarà lui stesso abbandonato.
Sono brevi righe quelle di Matteo, capitolo 2, ma contengono una tragedia.
Ma io vado, noi andiamo a Betlemme, al seguito dei Magi e della stella riapparsa. Da quando sono entrati in Giudea, la folla si arresta ad ammirare la loro lunga carovana, i loro costumi pittoreschi, la stella che brilla alla testa del corteo. Ma nessuno comprende il segno di Dio e tutti se ne tornano dimentichi, incuranti, ai loro affari. Solo i Magi vincono l’indifferenza, l’ostilità e camminano, cercatori di verità e vita, al seguito della stella prodigiosa.
Giunti alla casa dove c’è il piccolo Gesù, non si distraggono neppure un istante, provano una grandissima gioia a vedere il Bambino Gesù con Maria sua Madre, che presenta il Figlio di Dio e suo alla loro adorazione. Sottolinea Matteo evangelista: «Essi, i Magi, prostratisi lo adorarono». Lo hanno riconosciuto non solo Re di Israele, ma Re del mondo, anzi Dio, degno Lui solo di adorazione con la faccia a terra. Altrettanto, si può pensare, fanno i loro servi.
È piccolo, Gesù, ma è il loro Re. È il nostro Re. È Lui, Gesù, il Sovrano, il Signore. “È lui che tiene in mano il Regno, la potenza e l’impero”. Sì, il nostro piccolo Re, ma è il Re cui nessuno potrà mai resistere, al quale è destinata la vittoria sul mondo e nell’eternità. I Magi offrono oro, incenso e mirra, e con loro tutti i secoli cristiani salutano e adorano il Capo, la Guida, la Vita nuova dell’umanità rigenerata da Lui.
Il Dio-bambino sorride e benedice i primi nati della sua Chiesa. Non solo l’Israele più umile, quello dei pastori della collina di Betlemme, ma “la gentilità” (i pagani) che comincia ad adorarlo nei suoi membri più illustri, quali erano i Magi, sapienti, forse sacerdoti e re pure loro, comunque guide, notabili dei loro popoli. Riconosciamolo, oggi si rivela il Salvatore – Epifania significa manifestazione –, oggi si innalza sui nostri orizzonti – sugli orizzonti dei secoli e della storia – la Luce piena, totale, indefettibile, sovrana del piccolo Re, che è il Re dei re.
Felici noi che camminiamo nella sua luce. Felice il nostro tempo se tornerà a Gesù, diversamente è il tempo più infelice e più cupo della storia. Felici noi che crediamo in Gesù, come il Figlio di Dio fatto uomo. Pastori, Magi, i credenti in Gesù a duemila e due decenni dalla sua venuta, abbiamo superato la “gnosi” di una sapienza soltanto umana, per arrenderci a Gesù, oltre il Quale non è possibile andare, come spiega l’apostolo evangelista san Giovanni (cf. 1Gv 4,2-3; 2Gv 4-9), pena l’essere fuori dal progetto di Dio, anzi, diventare anti-cristi. A noi, in compagnia di Gesù e di sua Madre, come per i santi Magi, l’assoluta certezza, il completo possesso, la sicurezza della verità assoluta ed eterna.