Quattro anni dopo la solenne proclamazione della sua Immacolata Concezione, la Madonna confermava il dogma a Lourdes. La rivelazione del suo “nome proprio”, tuttavia, sembra andar oltre la semplice conferma, e offrire una nuova preziosa luce sul “mistero consolantissimo” della sua persona.
Erano ormai passati venti giorni da quel 4 marzo 1858 in cui si era concluso il ciclo di apparizioni alla grotta di Massabielle promesso dalla Vergine Maria alla piccola Bernadette Soubirous e nonostante ciò Lourdes – sconvolta dalle manifestazioni celesti e dalle reazioni governative ed ecclesiastiche a queste – non sembrava voler tornare ad assopirsi tra le pacifiche coltri dei Pirenei. Da una parte la delusione degli iperdevoti delle apparizioni della Signora, che non volevano rassegnarsi al fatto che l’ultima visita celeste non fosse stata adornata dal grandioso miracolo che tutti aspettavano; dall’altra la iattanza degli “spiriti forti”, altrettanto convinti che quella fosse stata la prova irrefragabile che la piccola figlia di Francois Soubirous stesse mentendo oppure fosse la vittima inconsapevole di una grande manovra clericale: in ogni caso che gli “spiriti deboli” dei devoti fossero stati ingannati. Certo alla grotta sempre più pellegrini accorrevano portando i loro ceri a lumeggiare il buio di quell’antro, mentre la fontanella zampillante incominciava ad essere vera fonte di attrazione e di guarigione per lo spirito e per il corpo. Nell’atmosfera però vibrava l’aspettativa di un grande evento: quelle apparizioni che tanto avevano acceso gli spiriti e che avevano portato un’aria di freschezza spirituale in tutta la regione non potevano concludersi in questo modo, così asfissiante per i desideri dello spirito! Si vociferava che Bernadette sarebbe di lì a poco partita per Roma, oppure che si sarebbe ritirata in convento... in ogni caso all’intuito dei devoti non poteva sfuggire la circostanza della festa dell’Annunciazione che si sarebbe svolta proprio in quei giorni, il 25 marzo. “Sicuramente – pensavano – Bernadette tornerà alla grotta in quel giorno”.
L’insistenza di Bernadette
In tutto questo la piccola Bernadette – mossa più dallo Spirito Santo che dai ragionamenti umani – poco badava a tutto ciò che succedeva attorno: era tornata alla sua misera vita domestica, ai prolungati giochi infantili e (purtroppo!) a quelle lezioni scolastiche, che proprio non volevano rimanerle in testa.
La notte tra il 24 e il 25 marzo però un soprassalto la sveglia: il desiderio della grotta e della presenza della sua amata bianca fanciulla si fa sentire forte al cuore, ma la convenienza domestica la porta a richiudere gli occhi. Al secondo richiamo della grazia, di poco passate le quattro del mattino, non può più opporre resistenza: nonostante i richiami della madre a badare alla sua debilitata salute, Bernadette infila i suoi vestiti e con passo svelto si reca alla grotta, dove alcune decine di devoti (e l’immancabile commissario Jacomet) la aspettavano: ad aspettarla però c’era soprattutto la bianca figura di Aquerò (“quella là”, come continuava a chiamarla nel suo spiccio dialetto), davanti alla quale la piccola inizia subito il Santo Rosario, entrando in un raccoglimento soprannaturale. Al termine di questo però a Bernadette preme soprattutto una cosa. All’inizio delle apparizioni – per precisione alla terza apparizione del 18 febbraio – su consiglio della sua prima protettrice, la signora Millet, aveva già provato, carte e penna alla mano, a domandare a quella bianca figura che mettesse per iscritto il suo nome: per risposta ne ebbe un sorriso ed un benevolente e chiaro «Non è necessario». Nonostante questo primo insuccesso la fanciulla di Lourdes era dovuta ritornare all’assalto su questo stesso punto: dopo la tredicesima apparizione del 2 marzo Bernadette aveva dovuto portare al suo parroco, il burbero benefico Peyramale, la richiesta della bianca Signora di una processione e una cappella in quel luogo santificato dalla sua apparizione. L’esplosione di collera del parroco l’aveva un po’ intimidita ma non bloccata e quando, nel secondo e terzo colloquio, l’abbé era ritornato in sé allora propose a Bernadette una condizione per credere all’apparizione e per costruire così quella cappella: che la misteriosa Signora rivelasse il suo nome e facesse fiorire il roseto della grotta! Proprio per questo Bernadette nelle successive apparizioni si premurò di domandare il nome di quella stupenda figura che le appariva e le catturava il cuore, ma in risposta ne aveva ottenuto solo dei sorrisi dolci ma evasivi. Questa volta però la piccola, con un misto di ingegnosità paesana e di ispirazione interiore, non si limita a domandare una volta ma con insistenza degna di una montanara e con una formula di cortesia che aveva tratto da qualche ripostiglio della sua mente, ripete più volte nel suo aspro dialetto: «Mademoiselle, per favore, vorreste avere la bontà di dirmi chi siete?». Alla quarta ripetizione di tale formula maldestramente impomatata, la bianca figura rilassa il sorriso dalle sue labbra, passa il rosario nel braccio destro stendendo le mani verso terra, per poi unirle all’altezza del petto e, con gli occhi verso il cielo, rispondere in tono paradisiaco: «Que soy era Immaculada Concepciou» (Io sono l’Immacolata Concezione).
In tal modo nel 1858, quattro anni dopo la proclamazione dogmatica dell’Immacolata Concezione, il Cielo stesso confermava l’enciclica Ineffabilis Deus di Pio IX: la Madonna è veramente Immacolata!
La sfida dell’abbé Peyramale: il nome proprio della Madonna
Se da una parte fu l’insistenza di Bernadette a strappare dalle labbra della Madonna questa “controfirma” celeste al dogma pontificio, dall’altra questa costituisce una sorta di risposta alla sfida del parroco: se da una parte il Cielo volle dimostrare la sua superiorità e suprema libertà – non concedendo per nulla il miracolo del roseto – dall’altra accondiscese alla richiesta più sensata e prudente dell’abbé Peyramale, quella circa lo svelamento dell’identità della Signora. È bene sottolineare che qui ci poniamo nel nucleo veramente teologico del messaggio di Lourdes, un messaggio che ha certo molte sfaccettature ascetiche, spirituali e pastorali ma che quanto a teologia vera e propria si riduce a questo: l’autorivelazione della Madonna come Immacolata Concezione.
Ora per ben comprendere di quali insondabili profondità siano ricolme queste cinque parole della Madonna è opportuno iniziare proprio comprendendo come questa autorivelazione costituisca direttamente una risposta alla domanda fatta dall’abbé Peyramale tramite santa Bernadette, ovvero di fornire il proprio nome e la propria identità. In tal senso si può dire che “Immacolata Concezione” è il nome proprio della Madonna. Sappiamo però che il nome proprio di ogni uomo è quello che gli viene dato dai suoi genitori e con il quale è chiamato e riconosciuto nel corso della sua vita: non si può negare pertanto che il nome proprio della Madonna sia Maria. Perché allora a Lourdes la Vergine risponde alla domanda sul suo nome con le parole “Immacolata Concezione”? Se presso gli uomini il nome della Madre di Dio era Maria, presso Dio però il suo nome proprio è quello di “Immacolata Concezione”: è questa la sua vera «identità personale agli occhi di Dio», come intuì la mistica Marthe Robin. Davanti al Creatore dunque Maria è tale in primo luogo non in quanto figlia di Gioacchino e Anna e nemmeno in quanto Sposa di san Giuseppe e Madre di Gesù, bensì lo è soprattutto in quanto creatura ripiena di una pienezza di grazia tale che non può ammettere alcun peccato e alcuna macchia; come creatura partecipe della Vita divina e divinizzata in maniera così sublime da essere uno specchio perfetto della perfezione del Creatore.
San Massimiliano Kolbe si è spinto anche più in là e ha colto l’evento di Lourdes in collegamento con la teofania di cui fu spettatore Mosè: «Quando Bernadette ripeté la sua richiesta, l’Immacolata rivelò il suo vero nome dicendo: “Io sono l’Immacolata Concezione”. Questo nome vale esclusivamente per Lei. Quando Dio rivelò il proprio nome a Mosè, dichiarò: “Io sono Colui che sono” (Es 3,14), in quanto Dio esiste dall’eternità sino all’eternità. La sua essenza è Essere senza limiti, al di là del tempo e sotto ogni profilo» (dagli Scritti, n. 1319). Come Dio confidò a Mosè il suo “nome proprio” sull’Oreb, così Maria lo rivelò a santa Bernadette nella grotta di Massabielle. In entrambi i casi si tratta di rivelare il proprio nome più perfetto: ogni nome che diamo a Dio e a Maria Santissima in qualche modo descrive la loro essenza, ma solo questi due sono nomi tanto propri e tanto precisi da costituire quasi una definizione nel senso più filosofico della parola.
Uno strano nome
Nel continuare la nostra analisi del nome e della definizione che Maria dà di sé al mondo come “Immacolata Concezione”, ci scontriamo ora nuovamente con la figura di don Peyramale. Colui dal quale partì la domanda è anche colui che, quando Bernadette il 25 marzo gli portò la notizia, più titubò di fronte a questa strana affermazione: «Io sono l’Immacolata Concezione». Ricostruiamo la scena: dopo l’avvenuta rivelazione la piccola Bernadette lasciò frettolosamente la grotta per dirigersi verso la canonica del parroco, accompagnata dal solito stuolo di devote fervorose. Desiderosa di portare la risposta della Chiesa celeste alla richiesta della Chiesa terrestre, ella – che non aveva per nulla compreso il significato delle parole dette della Vergine – ripeteva continuamente nella sua testa ciò che aveva sentito. Così, aperta la porta della canonica, sbottò senza alcun preambolo: «Que soy era Immaculada Concepciou». Il buon parroco, dopo aver temuto qualche presunzione misticheggiante di Bernadette, comprese che la fanciulla stava semplicemente riferendo ciò che aveva sentito dalla Signora, e che costituiva una risposta alla sua domanda. Ma qualcosa non quadrava con le sue conoscenze, come scrive René Laurentin: «Il Peyramale richiamò alla mente la sua teologia, gli articoli letti quattro anni prima, al tempo della definizione del dogma, le sue omelie dell’8 dicembre» per concludere, senza ombra di dubbio, che: «Una signora non può portare tale nome!». In effetti il Peyramale non aveva tutti i torti: un conto è se la Madonna avesse detto “Io sono concepita immacolatamente”, ma ben diverso è che abbia detto: «Io sono l’Immacolata Concezione». Nulla di ciò si era detto fino ad allora e nemmeno la definizione dogmatica del 1854 si spingeva fino a quel punto. Nemmeno nella famosa Medaglia miracolosa di Rue du Bac, rivelata dalla Vergine stessa a santa Caterina Labourè, si va oltre il «O Maria, concepita senza peccato».
Proviamo a mettere in fila i concetti: la Vergine è certo concepita senza peccato e quindi la sua concezione (o concepimento) è immacolata – in quanto l’assunzione della natura umana non ha portato con sé il peccato originale — ma che senso ha dire che Lei è l’Immacolata Concezione? Non ripugna forse alla buona logica affermare che una persona umana si identifica con un concetto astratto, come se dicessi che Leonardo da Vinci è la Sapienza o Raffaello l’Arte? Certamente questa risposta non si poteva chiedere a Bernadette che, fedele alla sua missione, si limitava a riferire ciò che aveva udito, senza aggiungere una glossa e senza nemmeno comprendere cosa significassero le parole della Madonna. Lì dove si ferma la ragione rischiarata dalla fede, interviene però la rivelazione celeste a cui fa fronte l’intuizione mistica. San Massimiliano scriveva infatti che «“Concepita immacolatamente” si capisce un po’, ma “Immacolata Concezione” è piena di consolantissimi misteri [...]. Solo Iddio stesso sa perfettamente cosa vuol dire Immacolata» (Scritti, n. 508). Tale nome e tale definizione che la Madonna dà di se stessa è dunque un mistero, un mistero che va accettato prima che compreso ma attorno a cui la ragione rischiarata dalla fede e umile di fronte alla Sapienza divina può provare a indagare per comprendere questi «consolantissimi misteri».
L’unica Immacolata
Il primo di questi «consolantissimi misteri» che la ragione può scoprire intorno al mistero dell’Immacolata Concezione è che, dietro la strana autodefinizione della Madonna a Lourdes, si cela la sua unicità tra tutte le creature. Maria è l’unica creatura ad essere stata concepita immacolatamente, ovvero a essere concepita in modo umano – ricevendo la natura umana dai suoi genitori – ma senza contrarre quel peccato originale, che, come penalità per l’infrazione di Adamo ed Eva, Dio ha congiunto alla natura umana. La legge della trasmissione universale del peccato originale con la natura umana fu nel caso di Maria sospesa da Dio – padrone di tutte le leggi – per l’amore che portava a questa creatura, non ancora esistente nella realtà ma da Lui pensata sin dall’eternità perché fosse la Madre del Verbo Incarnato.
Questo – come ha chiarito anche la bolla Ineffabilis Deus – è un privilegio unico concesso a Maria. Si potrebbe pensare che anche Adamo ed Eva fossero in realtà “immacolati”. Tralasciando che per loro – scaturiti direttamente dall’atto divino di creazione – non si può in alcun modo parlare di un concepimento, in un certo senso è però vero che sono “immacolati”, in quanto creati senza peccato e in grazia. Va però detto che anch’essi non avevano, a differenza della Vergine Santa, quella pienezza di grazia sovrabbondante che esclude non solo il peccato e la concupiscenza, ma anche la possibilità stessa di peccare.
Il nome “Immacolata Concezione” dunque sta a indicare proprio questo: una proprietà, quando è condivisa da più soggetti, è in qualche modo divisa tra loro così che nessuno può attribuirsela a titolo unico e identificarsi con essa. Nessun uomo può dire di essere l’“umanità” a titolo unico e pieno ma, se ci fosse un solo uomo sulla faccia della terra, egli potrebbe dire effettivamente di essere l’“umanità”. Lo stesso vale per l’Immacolata Concezione: dato che Maria è l’unica creatura umana a non avere il peccato originale fin dal suo concepimento, e quindi a essere immacolata (cioè senza macchia alcuna), allora Lei può ben dire di essere l’Immacolata Concezione, in quanto nessun altro uomo potrebbe rivendicare questo titolo. Maria è quindi una categoria a parte ed essendo l’unico soggetto di questa categoria, può effettivamente dire di essere la categoria stessa, come disse Pio XII: «Privilegio unico, a tal punto che sembra essere identificato con la sua stessa persona». Come tutti gli altri uomini Ella è concepita, e quindi una concezione (intesa come termine dell’atto generativo), ma ciò che la differenzia da tutti gli altri uomini è l’essere Immacolata: dunque “Immacolata Concezione” al contempo ci dice che Maria è una vera donna, con la nostra stessa natura, ma che è l’unica a essere Immacolata fin dal suo concepimento.
Il carattere essenziale
Non possiamo fermarci qui però: abbiamo detto che anche Adamo ed Eva prima del peccato originale erano in un certo senso “immacolati” ma non allo stesso modo e allo stesso titolo che Maria Santissima. Lo spiega bene san Massimiliano Kolbe: «C’è differenza tra le espressioni “Immacolata Concezione” e “concepita immacolatamente”? La differenza è come quella che esiste ad esempio tra il bianco e la bianchezza. Il bianco può sporcarsi ma la bianchezza non subisce alcun cambiamento» (dalle Conferenze, n. 96). Effettivamente i Progenitori erano bianchi – in quanto senza peccato e in grazia di Dio – ma non erano la bianchezza stessa. In tal modo potevano anche sporcarsi, come di fatti poi avvenne in seguito alla tentazione del serpente infernale: cadendo Adamo ed Eva si sporcarono e così non furono più bianchi. Diverso è per l’Immacolata: Lei non è bianca ma la bianchezza stessa, così come non è solo concepita immacolatamente ma è l’Immacolata Concezione, cioè – come dice san Massimiliano – è l’«immacolatezza stessa» (Scritti, n. 1292). Tale privilegio infatti non è una proprietà tra le tante di Maria Santissima e tanto meno una qualità accidentale, che avrebbe anche potuto perdere: l’immacolatezza fa parte della Sua stessa natura, è un carattere essenziale, che in alcun modo avrebbe potuto perdere e che nemmeno Dio avrebbe voluto togliergli. In che senso? Maria Santissima è certo un essere umano – e per questo anche a Lourdes ci tiene a rimarcare di essere “Concezione” – con la stessa natura di tutti gli uomini. Però fu pensata e plasmata da Dio come una creatura in cui la grazia divina abitasse in una maniera tanto perfetta da non lasciare in alcun modo spazio al peccato e da riflettere tra tutte le creature un’immagine perfetta del Creatore: Maria, in quanto Immacolata e piena di grazia, fu voluta da Dio come una creatura santificata e divinizzata fin dal primo istante della sua vita nel grembo di sant’Anna!
Scriveva uno dei primi apostoli di Lourdes, Henri Lasserre: «Ella è l’Immacolata Concezione stessa, vale a dire, il tipo essenziale e superiore, l’archetipo dell’umanità senza macchia, dell’umanità uscita dalle mani di Dio senza essere stata toccata dal peccato originale, dall’elemento impuro che la caduta dei nostri Progenitori ha mischiato alla fonte stessa di questo fiume immenso di generazioni. Maria è per la sua immacolatezza lo specchio di Dio e così fu voluta dall’Onnipotente tanto che, in qualche modo, la sua stessa persona non si potrebbe concepire senza pensarla Immacolata». In linea teorica Dio avrebbe potuto volere che la Madre del Verbo Incarnato e la Corredentrice del genere umano non fosse immacolata ma ciò sarebbe stata una stonatura in mezzo a una perfetta sinfonia di armoniche meraviglie e perfezioni o, ancora peggio, un attacco totalmente sbagliato di tutta la sinfonia, che rischia di comprometterne completamente l’esecuzione. Il corteo di virtù eccelse e perfezioni celesti, la sua missione verso il Verbo e verso gli uomini, in un certo senso, fanno centro e si sviluppano a raggiera proprio attorno a questo privilegio sublime della sua Immacolatezza. L’Immacolata Concezione è infatti il mistero centrale di Maria proprio perché non ci dice per quale missione sia stata scelta, quale sia il suo ruolo nell’economia della salvezza, quale sia stata la fine o l’inizio della sua vita ma ci dice una cosa ben più importante: come Ella è agli occhi di Dio, cioè “Immacolata Concezione” ovvero, da una parte, assenza di qualsiasi peccato e, dall’altra, pienezza di grazia santificante.
Una luce sul mistero dell’Immacolata
Come aveva già detto san Massimiliano, la riflessione su questo privilegio mariano e sul nome che Ella stessa ha rivelato a Lourdes è fonte di consolantissimi e profondissimi misteri, che certo non pretendiamo esaurire. È interessante tuttavia riprendere il parallelismo che lo stesso Santo polacco trovò tra la rivelazione di Jahvè sull’Oreb e quella di Maria a Massabielle. Nell’Antico Testamento Dio è chiamato con molti nomi, ma uno solo è il Suo nome “proprio” da Lui stesso rivelato: Jahvè, cioè “Io sono Colui che è”, nome diventato tanto sacro presso gli ebrei da non poter essere nemmeno pronunciato fino al punto che nei secoli si è persa l’esatta dizione di questo sacro tetragramma (JHWH). La grande filosofia e teologia Scolastica, con a capo san Tommaso d’Aquino, ha scovato però in questo nome la stessa essenza di Dio: “Io sono Colui che è” non è semplicemente un nome sibillino o un rifiuto di fornire il proprio nome, e nemmeno designa solo l’eternità di Dio (in quanto Egli “è” sempre) ma soprattutto individua come Dio è anzitutto e fondamentalmente l’Essere. Possiamo infatti chiamare Dio con molti nomi (Signore, Amore, Bene sommo...) ma la definizione fondamentale e principale è proprio questa: Dio è l’Essere per essenza. Fermiamoci un attimo su questo punto: tutto ciò che esiste – noi compresi – abbiamo l’essere in quanto esistiamo; di Dio invece non si può dire che ha l’essere, quanto piuttosto che è l’Essere, senza limitazioni e senza condizioni. Noi infatti abbiamo l’essere ma solo nella misura della nostra natura umana con tutti i suoi limiti, mentre Dio ha l’essere senza alcun limite e quindi è l’Essere stesso: quando diciamo pertanto che “Dio è” non lo diciamo precisamente nello stesso senso in cui diciamo che “Tizio è”, in quanto parlando dell’Essere di Dio diciamo qualcosa di infinito, senza limiti, e parlando di un uomo diciamo che è perché ha ricevuto l’essere da Dio. Se volessimo dirlo con un linguaggio più semplice – che è quello di san Francesco – Dio è il Tutto, perché nulla gli manca, mentre noi siamo niente, in quanto ciò che abbiamo lo riceviamo tutto da Lui.
Anche l’autodefinizione che la Madonna dà di sé a Massabielle può essere scandagliata da questa medesima visuale. La Madonna certo ci dice che Lei è concepita e, come tutti noi, non può in alcun modo vantare quella pienezza di Essere che è Dio. Tuttavia per dirci che è stata concepita senza peccato usa quella strana formula di “Immacolata Concezione”, in cui si identifica con una perfezione all’astratto. Questo modo di parlare è di fatti il modo stesso in cui si parla di Dio: quando si parla di Dio infatti non si deve dire tanto che “è buono” quanto piuttosto che è la Bontà stessa, in quanto ha in sé ogni bene; allo stesso modo non si dice che è sapiente quanto piuttosto che è la Sapienza stessa, la Verità stessa, la Giustizia stessa... e ogni altra cosa che sia buona, vera e giusta lo è perché partecipa della Bontà, Verità e Giustizia che è Dio.
Come si vede questo è proprio il modo con cui la Vergine Santa parlò di sé a Lourdes: Ella non dice di essere concepita immacolatamente ma di essere l’Immacolata Concezione. Perché dunque un privilegio che di per sé contiene già l’idea di essere creatura (Concezione, cioè concepimento) viene usato come lo si userebbe per Dio? Questo strano modo di parlare adombra veramente il mistero di Maria, quel mistero espresso da san Pio da Pietrelcina in una famosa frase: «Se non ci fosse la fede, gli uomini ti direbbero dea». Maria non è divina in senso proprio ma è divinizzata nella maniera più alta possibile per una creatura: ciò che divinizza l’uomo è infatti la grazia santificante la quale ci rende «consorti della divina natura» (2Pt 1,2), cioè veri figli di Dio e capaci di agire soprannaturalmente tramite le virtù teologali. Ma se è la grazia a renderci divini c’è da domandarsi: non è proprio Maria la «piena di grazia»? E questa pienezza di grazia non è proprio il significato profondo del dogma dell’Immacolata Concezione? Naturalmente le due domande sono retoriche e l’unica risposta possibile è quella positiva: Maria è una creatura (Concezione, cioè concepita) ma con una pienezza di grazia tale (Immacolata) che questo suo privilegio può essere detto di Lei come normalmente si parla delle perfezioni divine. Ecco perché Lei non è solo “concepita immacolatamente” ma è l’Immacolata Concezione stessa.