L’autorità dei genitori, come pure l’amorevole sottomissione dei figli, è sempre più minata da una mentalità diffusa che promuove modelli di ribellione a qualunque autorità. Facciamo ritorno alla famiglia modellata sull’esemplare della più santa tra tutte le famiglie.
Per anni e anni, nel corso della storia, il pensiero rivoluzionario contrario all’istituto familiare ha istigato le nuove generazioni al disconoscimento dell’autorità genitoriale.
Invero, quando si pensa alla famiglia umana, quasi non ce n’è una che non lamenti una qualche sorta di incomunicabilità o semplicemente incomprensioni tra la generazione dei genitori e dei figli.
La rottura dell’ordine costituito è stato l’obiettivo primario da perseguire in tutti i modi e con tutti i mezzi. Il punto in cui siamo arrivati è la conseguenza di un percorso, di un processo, programmato da tempo.
Il progetto originario sulla famiglia era ben diverso dalla situazione attuale. Se vogliamo sollecitare il suo recupero dobbiamo guardare al modello della Sacra Famiglia di Nazareth, modello fedelissimo di famiglia secondo la mente del Creatore.
Chi ha avuto la grazia di fare un viaggio in Terra Santa e ha visitato la casa in cui sono vissuti Gesù, Giuseppe e Maria, non potrà fare a meno di notare una pietra fissata nel pavimento su cui sono incise queste parole: «E stava loro sottomesso». Quella pietra vuole ricordare non solo il luogo in cui Gesù è stato nutrito, ma anche il modo in cui è cresciuto: restando sottomesso ai genitori.
Quello che Gesù ci vuole insegnare, in quanto figlio della Vergine Madre Immacolata, è la virtù dell’obbedienza.
L’acquisizione della stessa e la sua pratica contribuiscono a ristabilire quell’ordine precostituito, che non può non essere il fondamento di ogni società, il principio su cui si basa la vita ordinata di una comunità civile.
Come si noterà, Gesù figlio insegna ad assumere un atteggiamento che si pone agli antipodi del pensiero rivoluzionario, il quale, sul piano della dimensione familiare, tra i fini immediati persegue l’obiettivo di demolire le relazioni tra genitori e figli; il fine ultimo, invece, mira alla distruzione del Cristianesimo.
La famiglia è il luogo privilegiato in cui educare i figli e questo compito non può essere sottratto ai genitori, come si tenta di fare in più modi. Si dirà che oggi i tempi sono molto cambiati, che il mondo e i media esercitano una funzione diseducativa, di allontanamento dai valori tradizionali e che il compito di educare cristianamente, sul modello educativo dei genitori di Gesù, non è più attuabile; ebbene, questa convinzione comune, vera nell’analisi, ma falsa nelle conclusioni, risente di una profonda mancanza di fede. Non è possibile, infatti, che Dio non conceda agli uomini di tutti i tempi, le grazie necessarie per mettere in pratica i suoi insegnamenti ed adempiere alla sua volontà.
Non esistono tempi che possano impedire le pratiche di vita cristiana, ed anche nei Paesi in cui la persecuzione contro i cristiani è più feroce, il Dio giusto, Padre del Verbo incarnato, ha disposto tutte quelle grazie necessarie per fronteggiare tutte le situazioni possibili. Sta all’uomo rispondere, sta a noi il compito di allenarci nella pratica quotidiana per trovarci sempre pronti alla sua chiamata.
Quanto appena detto può essere una deduzione di quel bellissimo pensiero di san Bernardino da Siena che, in un suo discorso su san Giuseppe, afferma: «Regola generale di tutte le grazie singolari partecipate ad una creatura ragionevole è che quando la condiscendenza divina sceglie qualcuno per una grazia singolare o uno stato sublime concede alla persona così scelta, tutti i carismi che le sono necessari per il suo ufficio». Ora, se consideriamo che l’ufficio primario di ogni essere umano è la santificazione, non è possibile supporre che essa trovi, pur nei tempi difficili di apostasia che stiamo vivendo, un ostacolo insormontabile. Pertanto, per quanto la pratica della virtù dell’obbedienza o il compito di educare i figli possa trovare difficoltà di applicazione nella modernità, queste circostanze dovrebbero essere considerate come ostacoli da superare nell’ordinaria battaglia dello spirito che ogni buon cristiano deve sostenere e non come un alibi per deporre le armi del combattimento spirituale e deprimersi nel morale.