Con la scusa di regolarne più facilmente il traffico illegale, il governo progressista di Justin Trudeau ha liberalizzato la marijuana, stanziando al tempo stesso milioni di dollari per finanziare campagne di sensibilizzazione sui rischi della sostanza. Qualche considerazione su una mossa “ambivalente e schizofrenica”.
In questo mese di ottobre, in Canada, è entrata in vigore la legge che legalizza la marijuana.
Il primo ministro Justin Trudeau ha fortemente voluto questa norma. Crede che con la sua attuazione sarà finalmente possibile tenere sotto controllo il traffico illegale.
Purtroppo non si ferma la deriva del pensiero liberale che considera un doveroso diritto dell’individuo ogni espressione della sua autodeterminazione e quasi sgomenta constatare come la follia, l’irrazionale, assurga a posti di potere, con facoltà di governare su intere nazioni.
Il bene della collettività ha ceduto il posto ad interessi economici e ad ideologie.
L’assurdo di questa legge è che prevede una campagna pubblicitaria contro l’uso delle sostanze psicotrope. Ma allora perché legalizzarle? Per salvaguardare una malcelata condizione di libertà individuale?
Questo filone è già conosciuto. In Italia, infatti, pur ammettendo l’alta correlazione tra fumo di tabacco e cancro, si continuano a vendere sigarette con la seguente dicitura sul pacchetto: “Il fumo nuoce gravemente alla salute”. Abbiamo creato migliaia di dipendenti da tabacco per far guadagnare miliardi su miliardi a multinazionali senza scrupoli e poi pensiamo di lavarci la coscienza con un avvertimento scritto, come quello appena citato.
Lo stesso discorso, benché di maggior gravità, vale per le sostanze psicotrope. I dati dell’Istituto Superiore della Sanità, correlati a ricerche di altri Paesi come Francia, Spagna e Regno Unito, sconsigliano vivamente l’uso di sostanze quando si deve affrontare un viaggio. Non è un caso se la percentuale di incidenti automobilistici con giovani conducenti sia aumentata. Anche quando le sostanze sono usate moderatamente è sempre pericoloso guidare, al di là delle differenze tra le diverse droghe in commercio circa gli effetti che possono provocare sull’organismo. Esse, specialmente se sono associate ad alcool, influenzano il livello di attenzione, di concentrazione e di adeguatezza di risposta agli stimoli esterni.
C’è anche una forte correlazione tra disturbi mentali e uso di sostanze e a questa potremmo aggiungere le tensioni familiari, i conflitti generazionali, le famiglie sfasciate, l’insuccesso scolastico e l’abbandono della scuola, la perdita di controllo di sé e della vita sociale. Eppure i governi o le forze politiche di estrazione liberale, sotto la spinta di un pensiero che fa della distorsione della libertà quasi un idolo, continuano a legalizzare o chiedere la legalizzazione delle cosiddette impropriamente droghe leggere.
Evidentemente tutto questo non basta a Justin Trudeau per ritenere sconveniente la legalizzazione della marijuana.
Forse il primo Ministro dovrebbe chiedersi, e con lui noi, qual è l’origine della ricerca di questi stupefacenti che proiettano giovani e meno giovani fuori da se stessi, alla ricerca di sensazioni, percezioni e stati di benessere psicofisico, che non riescono a trovare altrove.
Credo che ci sia una legge naturale che spinga l’uomo a colmare i vuoti che ha dentro, con la ricerca ora di questo ora di quell’espediente all’esterno di sé. Abbiamo bisogno di evadere quando il luogo in cui viviamo ci sembra angusto; abbiamo bisogno di dimenticare quando i ricordi ci fanno soffrire; abbiamo bisogno di sfuggirci quando dentro di noi siamo inquieti. Così cerchiamo alternative, surrogati, ma non affrontiamo il vero nocciolo del nostro problema, perché affrontarlo potrebbe significare fare i conti con il dolore, che invece sistematicamente tendiamo a fuggire, o con verità che non vogliamo accettare. Così non impariamo a riconciliarci con noi stessi.
E come potremmo se non accettiamo di interrogarci seriamente o almeno sforzarci di ricercare il senso della nostra esistenza? E chi potrà mai riempire la nostra vita se non Colui che l’ha creata?
È vero che in tutti questi anni siamo stati educati a sfuggire questi interrogativi, che abbiamo riempito ogni minuto del tempo dei nostri figli, senza trasmettere loro l’importanza del silenzio; che non abbiamo mai cercato di fermare il tempo per guardarli negli occhi; che non abbiamo mai spento la Tv per eliminare il chiasso che non aiuta a trovare risposte. È vero che abbiamo condotto i nostri figli verso una società piena di cose e vuota di senso, ma non è troppo tardi, non lo è ancora. Occorre una coraggiosa inversione di tendenza, di rotta, e chiedere alla Madre di ogni speranza la conversione nostra e dei nostri figli, la guarigione del cuore dal male della cupa indifferenza, dell’estrema stanchezza, del tedio che ci consuma come i tarli fanno con il legno.
La ricetta è la preghiera, scoprire Dio e la Santa Vergine come Madre che conduce i suoi figli alla salvezza e alla santificazione personale per presentarli al Figlio Gesù.
Rientrare in sé e stare bene con se stessi vuol dire ristabilire il rapporto con Dio, recuperare la comunicazione con Colei a cui Gesù ci ha affidati. E allora non avremo più bisogno di succedanei.