La passione per la matematica e la passione per Dio guidarono la vita di quest’illustre donna milanese, facendone una studiosa geniale, ricercata da imperatori e papi, ma sempre umile al servizio della fede e dei poveri bisognosi.
Nata esattamente 300 anni fa, il 16 maggio 1718, Maria Gaetana Agnesi fu una di quei bambini prodigio che destavano meraviglia nel secolo XVIII (pensiamo al grande Mozart!). A cinque anni veniva elogiata per la stupefacente conoscenza della lingua francese. Pochi anni dopo ad essa si aggiungeva il greco, il latino, l’ebraico, il tedesco. La giovane divorava i libri filosofici allora in voga. Suo padre, ricco ed ambizioso figlio di mercanti (che aspirava alla nobilitazione), faceva brillare la gemma preziosa datagli dalla Provvidenza nel salotto del suo palazzo, presentando Maria Gaetana agli illustri ospiti: uno di essi, monsieur de Brosses, nelle sue lettere italiane, la paragonava al Duomo di Milano.
Sulle orme di Newton e Leibniz
Non era, tuttavia, né la linguistica, né la filosofia il punto d’interesse scientifico più saldo della famosa milanese. Lo era la matematica. Dopo aver concluso il ciclo equivalente al corso ordinario accademico della sua epoca, l’Agnesi si gettò negli studi matematici più profondi. Prima l’aiutava un amico di famiglia, matematico dilettante, il conte Belloni. Ma poco dopo l’affiancò un vero professionista e professionista di valore: il monaco benedettino olivetano, padre Ramiro Rampinelli. Curioso personaggio anch’egli: l’amore alla matematica lo portò a un conflitto terribile col proprio genitore (il quale gli bruciò perfino gli scritti di Euclide) e solo la minaccia di farsi soldato convinse il Rampinelli senior a scegliere il male minore e permettere al figliuolo lo studio della geometria. Ed ecco che la matematica lo portò alla consacrazione religiosa: partendo dalla bellezza dei numeri arrivò alla bellezza di Dio. All’inizio dell’anno 1741 quel maestro di matematica veniva a Milano per insegnarla ai giovani confratelli benedettini. Il papà di Maria Gaetana colse l’occasione, presentando all’ormai celebre studioso la sua geniale figliuola. Fu sotto la guida del Rampinelli che ella intraprese l’idea di comporre un manuale onnicomprensivo di matematica: di cui il volume secondo sarebbe stato il primo trattato completo sul calcolo differenziale e integrale, sviluppato da solo pochi decenni (a partire da Newton e Leibniz). Questa opera grandiosa – due volumi, mille pagine, più di 300 disegni geometrici – venne stampata nel 1748 sotto il titolo di Instituzioni analitiche. Pietro Agnesi Mariani, suo padre, fece perfino trasferire a casa sua la tipografia del Richini, per rendere più comodo il lavoro della figlia. Ed ancor qualche decennio dopo i compositori del tipografo milanese godevano la fama di professionisti nel preparare alla stampa i testi con simboli matematici, essendo stati istruiti da Maria Gaetana Agnesi.
Il libro venne accolto calorosamente dagli ambienti scientifici in Italia e all’estero: poco dopo sarebbe stato tradotto in francese e inglese. L’imperatrice Maria Teresa, alla quale l’opera fu dedicata, regalò alla giovane matematica un anello prezioso. Più personalmente l’apprezzò il Vicario di Cristo in persona, Benedetto XIV, scrivendo a lei due lettere e facendole assegnare la cattedra di matematica della celebre università di Bologna.
I “mezzi migliori”
Tuttavia, e qui comincia il lato più interessante della storia, Maria Gaetana non volle andare ad insegnare a Bologna (dove, tra l’altro, insegnava già la celebre Laura Bassi: tutto ciò nello Stato Pontificio, mentre altrove sarebbe stato impensabile una donna all’università!). Perché?
Maria Gaetana Agnesi non voleva essere studiosa. Il suo sogno era quello di farsi monaca. L’ambizione del genitore le impedì di entrare nel chiostro delle agostiniane del monastero della Madonna Addolorata. Consigliata dal suo direttore spirituale scelse l’obbedienza al padre terrestre, facendo – tuttavia – con lui un compromesso: si sarebbe sì, dedicata agli studi, ma il padre le avrebbe permesso di vestirsi con molta semplicità ed estrema modestia, portare la capigliatura altrettanto semplice, visitare ogni volta che avesse voluto la chiesa e rinunciare completamente ai divertimenti mondani. Divenne così una sorta di monaca nel mondo. Del permesso di recarsi spesso in chiesa approfittava sia per pregare a lungo, sia per utilizzare il suo genio didattico nell’insegnare il catechismo alle povere ragazze milanesi nella chiesa di San Calimero.
Ma ecco che poco dopo la pubblicazione delle Instituzioni Pietro Agnesi Mariani morì all’improvviso, portato del resto alla tomba dalla sua stessa morbosa ambizione (a causa del gran dispiacere di essersi visto poco apprezzato dal governatore imperiale). E allora? Maria Gaetana aveva 35 anni, non era più l’età per monacarsi. Tuttavia, come spiegava lei stessa, poté ritirarsi dal mondo scientifico per servire meglio Dio. A chi si meravigliava e lamentava della sua decisione (e pare che lo fece anche lo stesso padre Rampinelli), rispose risolutamente: «L’uomo deve sempre operare per un fine, il cristiano per la gloria di Dio; finora spero che il mio studio sia stato di gloria a Dio, perché giovevole al prossimo ed unito all’obbedienza, essendo tale anche la volontà e genio di mio padre. Ora cessando questa, trovo mezzi e modi migliori per servire Dio e giovare al prossimo, ed a questi devo e voglio appigliarmi».
Quali erano quei “mezzi migliori”? La celebre studiosa rinunciò alla sua parte di eredità, riducendola a una modesta pensione attuale pagatale dal fratello. Prese in pigione una modesta casetta, dove personalmente curava le donne anziane e malate. Continuava un assiduo apostolato tra le povere ragazze. Meditava la Passione, visitava il Santissimo, ogni giorno ascoltava la Santa Messa e (cosa in quei tempi molto rara) si comunicava quotidianamente. Due volte alla settimana soleva confessarsi. Digiunava e mortificava la carne.
Nel pio luogo Trivulzio
Per qualche tempo pareva che vivesse in un oblio totale. Talvolta doveva chiedere per le sue malate qualche elemosina e non di raro veniva maltrattata dai servitori dei potenti di quel mondo. Chi si ricordava della famosa studiosa d’un tempo, elogiata dallo stesso Goldoni nei versetti de Il medico olandese come «donna illustre, sapiente, che onora il suo paese»?
Si ricordava l’arcivescovo di Milano, il cardinal Pozzobonelli. Qualche decennio prima Maria Gaetana Agnesi per suo incarico aveva scritto un’opinione su uno scritto eterodosso che circolava in Lombardia. Ora – siamo agli inizi degli anni ’70 del Settecento – Pozzobonelli stava difendendo la Chiesa milanese dai sempre più duri trattamenti da parte del governo imperiale di Giuseppe II. Proprio in questo periodo tempestoso, morendo il principe Tolomeo Trivulzio, si doveva aprire – secondo il suo testamento – l’ospizio per gli anziani (l’odierna Baggina). Pozzobonelli propose Maria Gaetana Agnesi come direttrice del reparto femminile del pio luogo. E così, gli ultimi diciott’anni della vita ella li passò servendo le povere e malate donne anziane del famoso ospizio. Dopo qualche anno decise perfino di trasferirsi ed abitare con esse, anche per poterle difendere dalle vessazioni degli impiegati che volevano arricchirsi facilmente col lavoro delle mani di quelle anziane signore, non ricompensando in alcun modo i loro lavori di cucito, i loro ricami, ecc.
Nell’ospizio la direttrice ebbe una cameretta con la tribuna che dava all’interno della chiesetta. Da lì poteva vedere il tabernacolo ed adorare Colui che lo abitava. Così, dopo cinquant’anni, in qualche modo si realizzava il sogno della monaca mancata (paradossalmente, proprio nello stesso tempo in cui ella veniva ad abitare accanto a Gesù eucaristico, le monache di Maria Addolorata venivano soppresse dal governo giuseppinista).
Ivi, povera tra le povere, Maria Gaetana Agnesi si spense il 9 gennaio del 1799. Ciò significa che ella morì nella barbara e rivoluzionaria Repubblica Cisalpina... Perciò non ebbe nemmeno i degni funerali. La salma di questa benefattrice di Milano venne buttata su un “carrettone” insieme ad altri quindici cadaveri e tumulata in una fossa comune.
Umanamente parlando, quanto sciupata questa vita! Dai salotti all’ospizio! Dall’amicizia dell’Imperatrice e del Papa all’anonima fossa comune! Ma spiritualmente, ben altra cosa! Ella diede tutto al suo Signore, e non mancò la risposta ancor più generosa da parte di Gesù! Sappiamo, dai manoscritti di Maria Gaetana, che effettivamente Egli volle portarla in quei 47 anni di servizio umile a Dio e al prossimo alle vette della vita spirituale. Ma quegli scritti meritano un articolo a parte.