Improvvisamente Teresa non è più la ragazza che lieta racconta le cose comuni e che dà buoni consigli, ma è una creatura libera da tutte le cose terrene, che contempla e rivive avvenimenti invisibili all’occhio umano; una sofferente divina che vive in modo sensibile tutte le sofferenze di Gesù. Pochi lasciano la sua stanza senza essere scossi, come accadde anche al dottore ebreo Rothschild.
Il 1° settembre 1939, affinché non mancasse nulla ai soldati del “grande Reich”, ormai in piena guerra, fu razionato il cibo. Ai tedeschi fu data così una tessera che stabiliva la quantità di pane e companatico spettanti a ciascuno. A una sola donna fu ritirata la tessera annonaria, perché costei non mangiava e non beveva alcunché. Però le fu data doppia razione di sapone perché ogni settimana doveva far lavare le lenzuola e la biancheria inzuppata di sangue.
Questa “sola donna” si chiamava Teresa Neumann, era di Konnersreuth (Alta Baviera) e viveva da alcuni anni una vicenda straordinaria che destava, e avrebbe continuato a destare per anni ancora, l’interesse di scienziati, medici, teologi, umili e grandi credenti o miscredenti.
Una contadina sana
Teresa Neumann era nata nel 1898, figlia di un umile sarto e di una contadina, e andava a lavorare a giornata in campagna. Venne educata dai suoi, con una sana, robusta e gioiosa formazione cristiana, senza bigotteria e scrupoli. Era cresciuta allegra, vivace, amante degli scherzi innocenti. Era solita dire di non essere capace a prendersi sul serio.
La sua giornata iniziava all’alba con la preghiera, poi il rude lavoro nei campi e in casa, senza “grilli” per la testa, affatto romantica, di una concretezza a tutta prova. La domenica, la Messa festiva e la santa Comunione. La Confessione frequente e regolare, per una necessità di purificazione e di contatto sempre più familiare con Dio. Era una cara amica verso tutti e tutte, pur nella sua riservatezza di ragazza.
A vent’anni, un giorno, correndo in soccorso di alcuni vicini, cui stava bruciando la casa, cadde e si procurò una lesione alla spina dorsale. Rimase paralizzata alle gambe, poi, in seguito, per un’altra caduta, diventò cieca.
Intanto suo padre era stato chiamato alle armi durante la prima Guerra mondiale, a combattere sul fronte occidentale contro i francesi. Tornando, le aveva portato dalla Francia un’immagine di una giovane carmelitana, la cui storia cominciava a diffondersi: suor Teresa di Gesù Bambino (1873-1897).
Teresa Neumann cominciò a pregarla intensamente. Il 29 aprile 1923, il giorno in cui il papa Pio XI beatificava la piccola suora francese, Teresa Neumann, stesa nel suo letto, riacquistò la vista. Due anni dopo, il 17 maggio 1925, mentre il Papa definiva santa la carmelitana di Lisieux, Teresa Neumann riprendeva a camminare liberamente.
Poteva ricominciare, con grande gioia, lodando e benedicendo Dio, la sua vita di sana e robusta contadina. La sua vita, ancora di più, diventò un “sì” sempre più perfetto a Dio.
Crocifissa del XX secolo
Un anno dopo, 1926, durante la Settimana Santa, in cui la Chiesa celebra la Passione, Morte e Risurrezione di Gesù, la giovane contadina di 28 anni, scopriva nelle sue membra, mani, piedi e costato (e persino sul capo), i segni della Passione di Gesù: le stimmate dolorose e sanguinanti, terribile e prezioso documento della predilezione per certe anime che Dio chiama ad essere, anche nel corpo, simili al Figlio suo crocifisso.
Teresa, ben lungi dal desiderare il fenomeno, neppure lo conosceva, ma per 36 anni lo porterà sul suo corpo, sino alla morte. Da allora, dalla notte del giovedì, “entrava” letteralmente nella Passione del Redentore, dall’Ultima Cena fino alla sua morte, sanguinando copiosamente dalle ferite e versando sangue anche dagli occhi. La Passione di Gesù riviveva nelle membra straziate di Teresa.
I suoi studi erano stati appena quelli elementari e conosceva solo il dialetto della sua regione e un po’ il tedesco. Eppure ripeteva ad alta voce i lunghi discorsi che sentiva in aramaico, greco e latino. Diversi specialisti di queste lingue antiche, richiamati al suo capezzale, erano sempre più sbalorditi dall’esattezza di questi discorsi.
Alle 15.00 (“l’ora nona”) del venerdì cadeva in un sonno profondo da cui si risvegliava, con le ferite chiuse, il corpo fresco, il mattino della domenica, rivivendo la scena della Risurrezione del Signore. Nel suo essere e nel suo cuore di donna, conquistata totalmente dall’amore crocifiggente di Dio, diventava sempre di più una cosa sola con Gesù: la configurazione a Lui, a partire dalla propria volontà, è la santità vera. Teresa, al di là dei fenomeni straordinari che viveva, cercava solo questa santità: essere come Gesù, “diventare Gesù”, con Maria Santissima vicino che la sosteneva.
“La mia carne: vero cibo”
Sin da quando era guarita dalla cecità e dalla paralisi, Teresa sentiva sempre meno il desiderio di nutrirsi. Da quando ebbe le stimmate, per 36 anni, sino alla morte, non mangiò e non bevve nulla; soltanto ogni mattina alle sei, riceveva Gesù nella piccola Ostia consacrata della Comunione (in tutto due/tre grammi, sì e no, di pane!). Nessun altro cibo che questo, incredibile ma vero!
Una simulatrice? Tutto fu tentato per “smascherarla”, ma sempre i medici inviati per controllarla partivano dallo scetticismo, e arrivavano a prodigiose conversioni. La diocesi di Ratisbona, cui Teresa apparteneva, organizzò una commissione severissima, i cui membri a turno, per settimane intere, non persero di vista Teresa neppure per un istante, né di giorno né di notte, senza mai lasciarla sola. Altre commissioni, diverse da quella ecclesiastica, interamente “laiche”, giunsero alla stessa conclusione: Teresa si nutriva solo di Eucaristia, rifiutando sempre, d’istinto, quando, per provarla, le offrivano un’ostia non consacrata.
Ella voleva e distingueva Gesù, viveva di Lui e per Lui, realizzando alla lettera il discorso del divino Maestro a Cafarnao: «Chi mangia di me vivrà per me» (Gv 6,5). Il suo parroco, constatato con certezza il fatto, affermò: «In Teresa si compie alla lettera la parola di Gesù: “La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda”, e l’altra: “Non di solo pane vivrà l’uomo”». Quasi Gesù volesse mostrare che nutrirsi di Lui basta anche alla vita fisica.
Ed è proprio per questo fenomeno, che il Reich di Hitler ritirò a Teresa la tessera di vitto benché razionato, perché a lei bastava quell’Ostia che ogni mattina riceveva. Così anche la burocrazia nazista rendeva testimonianza a una meraviglia strabiliante di Gesù nel nostro secolo.
La “follia della croce” si realizzava in Teresa alla lettera, ma questa follia la dotava di uno stupendo equilibrio psichico. Al di fuori dei giorni della Passione del Signore, Teresa conduceva vita normalissima: lavorava in giardino e talvolta anche nei campi, si muoveva nei dintorni, riceveva, consolava, rispondeva di persona a numerose lettere. Operava anche guarigioni, a contatto di migliaia di pellegrini. A suo contatto, avvenivano meraviglie, come quella che tra poco narreremo.
Aveva l’aspetto florido e roseo della serena, buona e felice casalinga bavarese, senza posa di mistica, tutta semplicità, bontà, buon senso, allegria straordinaria e contagiosa, di chi sa di essere chiamata alla Vita eterna senza confini e senza tramonto.
Come tutti i cattolici bavaresi, Teresa Neumann e la sua famiglia erano decisamente e apertamente anti-nazisti, ma Hitler non la molestò mai, perché lui, che era “il Fuhrer”, temeva quella donna che, attraverso le sue visioni, gli annunciava senza paura il giorno dell’ira, la catastrofe finale.
Un’umile, piccola donna, segnata dalle piaghe di Gesù, che faceva tremare Hitler, le SS, la Wehrmacht; come secoli prima il povero Falegname di Nazareth aveva scosso l’impero dei Cesari.
I giornali del mondo intero ebbero, prima o poi, a parlare di Teresa Neumann di Konnersreuth, per narrare le meraviglie che Dio operava in lei e nelle anime per mezzo di lei. Si spense nel 1962, a 64 anni. Non si contano le grazie a lei attribuite, decine sarebbero i miracoli che avrebbe ottenuto da Dio. Ella, come Marthe Robin, come san Pio da Pietrelcina, per citare i più noti, è il segno della presenza di Gesù, l’Uomo-Dio, vivo nella Chiesa Cattolica e nella Storia. La fede è l’incontro con il Vivente, credibile, palpabile e operante anche per mezzo dei suoi santi.
Franz, dottore ebreo
Uno dei frutti più belli della preghiera e dell’offerta con Gesù da parte di Teresa Neumann, è la conversione del farmacista ebreo, il dottor Bruno Franz Xavier Rothschild. Costui era nato a Lohr il 24 gennaio 1900, primo di tre figli. Bruno viveva, come i suoi genitori, sino in fondo, la “Torah”, la legge di Israele, pure in mezzo a una popolazione di maggioranza cattolica. Così conosceva a fondo l’ebraismo – che praticava – e pure il Cattolicesimo. Restava pensoso soprattutto davanti alla processione “teoforica” della solennità del Corpus Domini, con Gesù-Ostia portato solennemente per le vie del paese, e alla processione del Cristo sofferente, il Venerdì Santo. “Quel Gesù” per lui era un tormento.
Eppure in una riunione elettorale, il 23 marzo 1924, il dottor Bruno si lasciò andare a un insulto contro Gesù e sua Madre, la Madonna Santissima. Nel giornale locale, i due parroci cattolici protestavano per l’affermazione di Bruno, come grave offesa a Dio. Ma anche la comunità ebraica prese le distanze da lui, giudicandolo severamente.
Il dottore rimase molto turbato e capì di aver fatto male, con un risultato però singolare: da quel momento la domanda “Che cos’è la Verità?” prese ad assillarlo più della chimica e della farmacia. Si rivolse a uno dei parroci di Lohr, don Abel, e lo tempestò di domande. Il “don” cattolico, gli rispondeva con pazienza e dolcezza, gli passava libri colmi di luce, lo invitava a pregare con fiducia chiedendo a Dio di fargli conoscere la Verità tutta intera, di attirarlo a Gesù, l’unico Salvatore.
Il farmacista prese contatti con ebrei convertiti, prima tra tutti Edith Stein, diventata poi nel Carmelo suor Teresa Benedetta della Croce: in una sua conferenza, apprese la vicenda di Teresa Neumann.
Sacerdote cattolico
Il 24 luglio 1928, si recò a Konnersreuth e quella sera vide Teresa che tornava a casa, seguita da un agnellino con il collare rosso. L’indomani la conobbe di persona e fu presente a una delle sue estasi di “crocifissa” con Gesù. Il 27 luglio, poteva già scrivere in una lettera: «Venerdì ho vissuto il grande avvenimento che non si può descrivere. Improvvisamente Teresa non è più la ragazza che racconta lieta le cose comuni e che con un volto un po’ più severo dà dei buoni consigli, ma è una creatura libera da tutte le cose terrene, che contempla e rivive eventi invisibili all’occhio umano; diventa una sofferente divina che vive in modo delicato e sensibile tutte le fasi delle sofferenze storiche di Gesù, che in parte trasmette. Pochi lasciano la sua stanza senza essere scossi».
In una parola: Bruno aveva visto in Teresa Gesù stesso, Gesù vivo e appassionato del Calvario. Davvero il Nazareno crocifisso non meritava insulti o indifferenza, ma tutta la sua dedizione di amore. Il 10 agosto 1928, Bruno fu battezzato dal parroco don Neber. Assistito dalla sua madrina, Teresa in persona, si accostò alla prima Comunione. Ma questo non bastava per lui.
In una lettera informò i suoi genitori, già addolorati della sua conversione a Gesù Cristo, che ora sarebbe pure diventato sacerdote cattolico, come gli aveva detto Teresa in una delle sue estasi. La Verità dunque l’aveva trovata, ed è una Persona, Gesù Cristo, l’Uomo-Dio, l’unico vero Messia, crocifisso, morto e risorto il terzo giorno. Il 1° luglio 1932, Bruno Franz Xavier di Rothschild, a Eichstatt fu ordinato sacerdote cattolico.
Meno di sei mesi di sacerdozio, per dire a Gesù tutta la sua dedizione e il suo amore. Il 24 dicembre 1932, Vigilia di Natale, tornando a Konnersreuth da casa, ebbe un infarto e morì a soli 33 anni, come il divino Maestro, invocando il suo santissimo Nome: «Gesù, oh Gesù, ora Tu vieni, Gesù». Già ebreo, poi “figlio” della Chiesa Cattolica, e anche di Teresa Neumann, la stigmatizzata della Baviera. Sacerdote cattolico, nato dalla Passione di Gesù.