ATTUALITÀ
M5S: ma cosa avranno di diverso?
dal Numero 18 del 6 maggio 2018
di Lazzaro M. Celli

Il Movimento 5 Stelle si era presentato come “la novità”, ma dal 4 marzo sta cambiando volto, allineandosi alla “vecchia politica”. E così se prima il PD rappresentava tutto ciò che esso voleva combattere, ora si ventila tra loro una coalizione governativa...

In un Paese come il nostro dove il livello di corruzione è abbastanza elevato anche nella vita pubblica, il Movimento 5 Stelle ha irretito l’onda emotiva della protesta di un buon numero di cittadini e, il 4 marzo scorso, ha raggiunto un ragguardevole risultato elettorale.
Il Movimento vorrebbe rappresentare la richiesta di onestà, un’onestà che, però, mostra di non essere solida. Essa, infatti, come osserva giustamente Maurizio Blondet, non è soltanto l’espressione di un rifiuto della corruzione, ma anche fedeltà agli impegni presi con i cittadini che hanno votato i pentastellati.
Dopo aver raccolto tanti voti in forza di determinati impegni assunti, il Movimento ha mutato il suo programma originario; infatti, ha rassicurato quei poteri forti, che prima diceva di combattere, che l’azione del Movimento non sarebbe stata indirizzata contro di loro. In tal modo, se prima del 4 marzo il partito di Di Maio si batteva per recuperare la sovranità popolare degli italiani, mostrando intolleranza all’euro, ora non più. Se prima Renzi era giudicato rappresentativo di un sistema marcio, ora, dopo il tentativo fallito di spaccare il Centro Destra, ha cercato un accordo di governo con il PD; se prima la NATO era una presenza scomoda, ora è un alleato. La cosa, però, non finisce qui, perché l’esponente istituzionale dei 5 Stelle ha dichiarato che: «...il Movimento non ha nessuna intenzione di perdere la sua identità politica in un governo di coalizione classico». Ci vuole un bel coraggio e una rilevante dose di faccia tosta.
Tanto per non restare nel vago, riporto una parte dell’incontro tra Grillo, Di Maio e Renzi, in occasione di un incontro ripreso e pubblicato in rete. In esso Grillo dice a Renzi: «...Io sono venuto qua per dimostrarti che non darei la fiducia ad una persona come te... per quello che rappresenti. Tu rappresenti le banche, i poteri forti. Dici una cosa, poi la smentisci il giorno dopo. Sei un ragazzo giovane, ma allo stesso tempo vecchio... Noi siamo all’opposto vostro, noi vogliamo l’acqua pubblica, tu la vuoi privatizzare. Tu vuoi svendere la nostra sovranità, noi la vogliamo mantenere... Tu sei una persona non credibile. Qualsiasi cosa dici non è credibile... gli spettacoli li fai tu, non li faccio io... Fai la macchietta. Non sei più credibile... Tu rappresenti della gente e noi siamo i nemici fisici di questa gente qua... Io sono venuto per manifestarti la mia totale indignazione... al sistema che rappresenti... Tu rappresenti De Benedetti, gli industriali, gente che ha disintegrato questo Paese. La nostra stima non ce l’hai. Non hai un’idea di come va il mondo. Non abbiamo tempo per voi... Ti sei messo con un pregiudicato, insieme a Verdini che è uno della Massoneria di Firenze... Tu rappresenti un potere marcio che noi vogliamo cambiare totalmente... Non abbiamo nessun tipo di fiducia in te e nel tuo sistema. Non sono democratico con una persona come te». Questo è solo un esempio di cosa pensavano i pentastellati prima del 4 marzo, ma ora, evidentemente, non vale più, poiché l’ipotesi di fare un governo con il PD è rispolverata. Per quanto possa essere vera o solo una mossa di un gioco complesso di palazzo, è sempre lo specchio di un partito che alla fine non si differenzia dal vecchio proprio in niente.
Il rischio di questa complessa vicenda della politica italiana è quella di far credere agli italiani che poiché l’Italia ha bisogno di un governo e poiché sono stati fatti tutti i tentativi possibili per formarlo, presumibilmente potrebbe fallire anche quello in corso affidato al Presidente della Camera, non resta che commissionare l’incarico ad un governo tecnico o del Presidente, che dir si voglia. Tale prospettiva sarebbe a dir poco tragica, ricorda la sfacciata intromissione dei rappresentanti dei poteri forti nella politica del nostro governo.
Sempre se così fosse, rischieremmo di farci governare in nome del popolo, da chi non rappresenta il popolo, come nel caso del governo Monti. I limiti posti dal Capo dello Stato al compito esplorativo affidato alla Casellati, Presidente del Senato, potrebbero sfociare in questo possibile scenario.
Dall’altra parte non convince neanche l’ipotesi di formare un governo tecnico, solo temporaneamente, giusto il tempo di fare le cose necessarie, come si disse per il governo Gentiloni, quando succedette a quello di Renzi. Il suo non doveva essere un governo politico, poi, però, con esso è stato legiferato il matrimonio tra coppie dello stesso sesso e introdotta l’eutanasia.
C’è infine un altro aspetto pratico della questione che purtroppo consolida l’idea che si vada verso un governo non rappresentativo del popolo. Con il 4 marzo, infatti, sono stati eletti nuovi parlamentari per una percentuale pari al 60% circa. Se dovessimo tornare al voto, nessuno darebbe a loro la sicurezza di essere rieletti. Se dovessero fallire tutti gli incarichi esplorativi, ci potrebbe essere un esercito di neo-politici che premerebbe verso la formazione di un governo alternativo a quello politico. E con esso tutti i buoni propositi si dissolverebbero nel nulla.
Se tutto questo si verifica è perché la politica ha perso il senso della realtà e ha perso il senso della realtà perché vuole camminare con le proprie gambe, senza più riferimento agli insegnamenti di Dio. Se la politica non recupera la sua vera dimensione trascendente, di servizio a Dio e all’uomo, non potrà portarci lontano. In alternativa sarà servizio ai potenti di questa terra.

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