Cosa faceva la Madonna ritta ai piedi della croce di Gesù crocifisso? Vegliava accanto al Figlio in agonia e offriva se stessa con Gesù al Padre, intercedendo con il suo Cuore immacolato di Vergine e di Madre per tutti i suoi figli. Lungo i secoli è sempre questo l’ufficio materno che Ella compie con incommensurabile carità.
Giudea, anno 30 d.C. - Con la Galilea, è la terra di Israele, la terra data da Dio stesso al suo popolo. Il vertice della potenza terrena l’aveva toccato circa 1000 anni a.C. con il re Davide, quindi con il suo figlio e successore Salomone. Ma dal 63 a.C., aveva perso per sempre ogni indipendenza e potere: il generale romano Pompeo aveva occupato Gerusalemme ed era entrato – oh, il profanatore! – nel Santo dei santi del Tempio, là dove solo al sommo sacerdote era concesso di entrare una volta all’anno.
Da quella data, la casta dei sacerdoti aveva visto che era pressoché impossibile tener testa a Roma, anche se l’avrebbero fatto volentieri. Pertanto dominati dalla setta dei sadducei, i preti del Tempio si erano alleati con il governatore che Roma aveva mandato a Cesarea a reggere quel difficile popolo, pronti, in comune, a eliminare ognuno che si atteggiasse a profeta, a Messia, a inviato da Dio, per cambiare la situazione.
Nell’anno 30, dunque, era sommo sacerdote Giuseppe Caifa, che presiedeva i 70 membri del sinedrio. Costoro, membri delle famiglie più ricche e più illustri di Gerusalemme e della Giudea, erano spesso dei politicanti e degli affaristi senza scrupoli, come documentano i fratelli Agostino e Giuseppe Léman nel libro L’assemblea che condannò il Messia (Libreria editrice Fiorentina, 2006).
Caifa avrebbe dovuto essere nemico di Pilato, il governatore di Roma che di fatto sovrintendeva a tutto, in realtà era coalizzato con Pilato e il potere romano con cui spartiva autorità e un fiume di soldi tratti dalle tasse sui poveri diavoli di Israele. Il governatore romano disponeva della nomina del sommo sacerdote e in realtà nominava al sommo potere chi voleva... per i buoni compensi messi in pallio. Era così capitato che la famiglia di Caifa, prima suo suocero Anna, poi i suoi diversi figli, si erano appropriati del sommo sacerdozio per decenni.
In Galilea comandava (si fa per dire) Erode Antipa, che era cresciuto a Roma, all’ombra di Augusto, e da Augusto era stato posto a fare il reuccio in Galilea. Lussurioso, violento, esoso, come suo padre Erode il grande. Nemico di Pilato, ma pronto ad agire in combutta con lui, pur di salvare il trono su cui sedeva con la concubina Erodiade.
I tre – Caifa, Pilato e Erode – erano i “poteri forti” di allora, con i loro seguaci sadducei, farisei e pagani, accomunati o dai soldi o dai vizi, dalla lussuria o dall’arroganza. Tutti, nell’orbita di Tiberio, l’imperatore di Roma, violento, sadico, vizioso e depravato, così come lo presenta Svetonio nelle sue Vite dei Cesari.
Il “ribelle” Gesù
Contro costoro, i “poteri forti” del tempo, si era alzato Gesù di Nazareth con la sua “rivoluzione gentile”, la rivoluzione della Verità e dell’amore, della “novità assoluta” di vita, a immagine sua e di Dio, il Padre suo. Gesù aveva avuto il coraggio inaudito di ergersi contro costoro, non per prendere il loro potere politico militare e religioso, come fosse il capo del “comitato di liberazione nazionale”, sulle orme degli “zeloti” che di tanto in tanto insorgevano contro Roma, ma per proporre una liberazione più profonda, la liberazione dal peccato, dalla disperazione causata dal dolore e dalla morte, per condurre, chi l’avesse accolto, alla comunione intima della stessa vita di Dio. In una parola, “la salvezza”.
Gesù, con la sua predicazione e la sua Persona, con la sua autorevolezza mai vista, con il suo stile totalmente nuovo e inedito, per quasi tre anni, aveva sconvolto quella coalizione, quella “società a delinquere” che si era stabilita a Gerusalemme tra il sinedrio e il pretorio. Gesù, pur non essendo mai un messia politico, anzi fuggendo in solitudine, quando qualcuno voleva farlo re, aveva sovvertito il giudaismo, con i suoi lacci e lacciuoli, con i sofismi delle sue più di seicento leggi («Uno solo è il comandamento: ama Dio»), con la sua ipocrisia di apparire giusti mentre si era dei sepolcri imbiancati pieni di marciume. Gesù aveva chiamato «razza di vipere», ladri, assassini e adulteri, lupi e volpi, la schiera dei sadducei, dei farisei e degli erodiani. Sicuramente aveva scosso quella politica connivente nel crimine di pagani e di ebrei al potere.
La sua proposta inaudita era quella di una nuova nascita nell’acqua e nello Spirito Santo (cf. Gv 3,1-8), di un uomo nuovo libero dal peccato e dalla morte (cf. Rm 5,12-21), elevato alla vita divina di Dio, reso partecipe della divina natura (cf. 2Pt 1,4). L’uomo redento e riportato alla sua origine divina, quando da Dio era stato creato e innalzato subito a sua immagine e somiglianza. Per questo Gesù aveva cominciato a stabilire la comunità dei suoi apostoli, dei credenti in Lui (= la Chiesa), con a capo Simone, che Lui presto chiamerà «Kefa», la Roccia, Pietro (cf. Mt 16,13-20).
I “poteri forti” (Caifa, Pilato, Erode...) avevano cominciato ad avere paura di Gesù, così che pochi giorni dopo che egli aveva aperto bocca, già congiuravano al suo assassinio: “Killing Jesus!”. Gesù, il mite Gesù, era visto come “un ribelle” e doveva essere mandato a morte, a morte di croce, la più infame, la più atroce che potesse esistere per opera del sadismo disumano. La sua comunità (= la Chiesa) doveva essere subito dispersa, e che non ci provassero più.
E così avvenne, tra il 6 e il 7 aprile dell’anno 30. Uno dei suoi “amici” Giuda di Keriot (l’Iscariota!) l’aveva venduto per 30 denari, il prezzo di uno schiavo. Gesù era stato arrestato, processato con una farsa di processo, il più illegale della storia, macellato nella terribile flagellazione romana, mandato alla croce come un malfattore, fuori della città, tra il dileggio e le risa dei sacerdoti del Tempio. Pensavano che tutto fosse finito, ma subito, calate le tenebre a mezzogiorno per la sua morte, ebbero di nuovo paura e ne fecero piantonare la tomba già sigillata, con le guardie. I suoi discepoli, gli apostoli, tutti fuggiti e ben nascosti. Pietro, il capo, giunto al punto di dire che lui non aveva mai conosciuto Gesù.
“Con Maria, sua Madre”
Ma chi c’era sul Calvario presso Gesù in croce? Le canaglie dei preti del Tempio con Caifa, i soldati romani del plotone di esecuzione, exactores mortis, a dileggiarlo e a divertirsi alle sue spalle, a giocare a dadi le sue vesti, ad aspettare che il Nazareno al più presto si togliesse di mezzo. E c’era Maria sua Madre, la Madre di Gesù, ritta presso la croce (cf. Gv 19,25-27) a confortare Gesù, abbandonato da tutti, non solo dalle folle prima osannanti, ma dai suoi apostoli, dallo stesso Pietro, già messo a capo della sua comunità, la Chiesa.
Solo Giovanni, neppure ventenne, l’apostolo che nell’Ultima Cena aveva posato il capo sul suo petto come un bambino, non era scappato, era rimasto con Gesù, attratto dall’amore di un cuore vergine e puro per Lui. Che faceva Maria presso Gesù crocifisso? Ella non era fuggita, nessuno era riuscito a farla fuggire, e vegliava accanto al suo Gesù in agonia, a offrire se stessa con Gesù, a offrire Gesù al Padre, a intercedere con il suo Cuore immacolato di Vergine e di Madre, il ritorno a Gesù degli Apostoli, anche di Pietro.
Maria levava la sua preghiera muta e irresistibile per la conversione di Pietro e degli Apostoli, vergognosamente fuggiti e dispersi. Poteva restare sordo alla supplica della Vergine sua Madre, non esaudirla in quell’ora di tenebre? No, che non poteva! E Gesù ha esaudito Maria Santissima nella sua intercessione per la sua Chiesa, appena nascente e già dispersa.
Neppure tre giorni e Gesù si presenterà risorto, il Vivente nei secoli e in eterno, e si offrirà a essere toccato, nel calore del suo corpo glorioso ma reale, ai suoi amici. Gli Apostoli torneranno. Pietro tornerà. Tutti torneranno, grazie all’intercessione e all’opera di Maria Santissima, attorno al Salvatore, sì crocifisso, ma ora risorto con le sue piaghe luminose; e la Chiesa nascente “in preghiera con Maria la Madre di Gesù” (cf. At 1,14), sarà percorsa dall’irresistibile fremito di vita, lo Spirito Santo, che prolunga Gesù nel mondo.
Anche oggi, Gesù, nella sua Persona, che si è voluto scoronare della sua Regalità divina, nella sua Chiesa, perseguitata e dilacerata, è di nuovo e ancora in agonia in una notte che pare senza fine. In questa nostra situazione, che casa fa Maria Santissima? Quanto faceva sul Calvario: offre Gesù e intercede presso Gesù per il ritorno dei “chiamati”, di tutti i suoi amici.
Noi staremo in preghiera sul Calvario, accanto a Gesù crocifisso, con Maria la Corredentrice, la Mediatrice della Grazia e di tutte le grazie, la Vincitrice di tutte le eresie e di tutti gli scismi, la Condottiera delle anime a Gesù. «Nella notte, noi veglieremo con le lampade accese», con Maria accanto a Gesù in agonia e, tramite Lei, affretteremo il giorno del suo nuovo trionfo. Anche oggi non manca la mediazione di Maria per tutta la Chiesa ed Ella continua a vegliare sui Pastori e sui fedeli.
Anche oggi i “chiamati” torneranno. Gli amici di Gesù torneranno grazie a Maria e ritroveranno il senso della loro vera identità e il gusto della loro missione: essere Gesù, prolungare Gesù. «Non temete – ha garantito Gesù – Io ho vinto il mondo» (Gv 16,33). «Io sono con voi, sino alla fine del mondo» (Mt 28,20). «Il mio Cuore Immacolato trionferà». Il suo Regno – regno spirituale, eucaristico, sociale – trionferà. Non abbiate paura. I “poteri forti” hanno paura anche di una sola “Ave Maria”, come quella recitata il 13 ottobre 2017, dalla professoressa di Macerata.