RELIGIONE
Il vero concetto di libertà
dal Numero 8 del 25 febbraio 2018
di Suor M. Gabriella Iannelli, FI

Cos’è la libertà? Per rispondere è necessario studiare e comprendere il rapporto tra libertà e verità, alla luce delle parole immortali di Gesù: «Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi».

Dopo aver illustrato magistralmente la funzione della Tradizione nella trasmissione della Fede e della Morale, san Giovanni Paolo II, nella sua enciclica Veritatis splendor, passa ad analizzare alcune deviazioni della attuale teologia morale riguardo al concetto di libertà, in rapporto alla Legge divina.
Innanzitutto il Papa spiega che «la teologia morale è una riflessione che riguarda la “moralità”, ossia il bene e il male degli atti umani e della persona che li compie, e in tal senso è aperta a tutti gli uomini; ma è anche “teologia”, in quanto riconosce il principio e il fine dell’agire morale in Colui che “solo è buono”» (n. 29). La morale non può prescindere da Dio e tanto meno può prescinderne la teologia morale, ma è forse proprio questo il pericolo e l’errore di alcune nuove tendenze teologiche, come egli dimostra nei paragrafi successivi.
Partendo dalle istanze del Concilio Vaticano II che ha invitato gli studiosi a porre «speciale cura nel perfezionare la teologia morale in modo che la sua esposizione scientifica, maggiormente fondata sulla Sacra Scrittura, illustri l’altezza della vocazione dei fedeli in Cristo» (Decreto sulla formazione sacerdotale Optatam totius, n. 16), Giovanni Paolo II, pur riconoscendo i frutti «interessanti» dello sforzo di molti teologi, denuncia anche che «nello stesso tempo, nell’ambito delle discussioni teologiche postconciliari si sono sviluppate però alcune interpretazioni della morale cristiana che non sono compatibili con la “sana dottrina” (2Tm 4,3)», per questo, con la presente enciclica egli intende «enunciare i principi necessari per il discernimento di ciò che è contrario alla “sana dottrina”, richiamando quegli elementi dell’insegnamento morale della Chiesa che sembrano oggi particolarmente esposti all’errore, all’ambiguità o alla dimenticanza» (n. 30).
Il primo punto da affrontare, che il Papa considera nevralgico, è quello del rapporto fra verità e libertà. Egli dà inizio a questo argomento riportando nel titolo del paragrafo le parole di Gesù registrate nel Vangelo di Giovanni, che ne sono la sintesi più espressiva e completa: «Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8,32). Al n. 31 egli scrive: «I problemi umani più dibattuti e diversamente risolti nella riflessione morale contemporanea si ricollegano, sia pure in vari modi, ad un problema cruciale: quello della libertà dell’uomo». Egli spiega che la modernità è caratterizzata da una «percezione particolarmente viva della libertà» dovuta sia ad una maggiore consapevolezza della dignità della persona umana, sia ad un maggior rispetto dovuto alla coscienza, e ciò è senz’altro un bene. Però queste percezioni nuove non sempre sono adeguate, anzi in alcuni casi, «si discostano dalla verità sull’uomo come creatura e immagine di Dio ed esigono pertanto di essere corrette o purificate alla luce della fede. In alcune correnti del pensiero moderno si è giunti ad esaltare la libertà al punto da farne un assoluto, che sarebbe la sorgente dei valori. In questa direzione si muovono le dottrine che perdono il senso della trascendenza o quelle che sono esplicitamente atee. Si sono attribuite alla coscienza individuale le prerogative di un’istanza suprema del giudizio morale, che decide categoricamente ed infallibilmente del bene e del male. All’affermazione del dovere di seguire la propria coscienza si è indebitamente aggiunta l’affermazione che il giudizio morale è vero per il fatto stesso che proviene dalla coscienza» (nn. 31-32). Si è arrivati quindi ad uno sconvolgimento del concetto di coscienza che «non è più considerata nella sua realtà originaria, ossia un atto dell’intelligenza della persona, cui spetta di applicare la conoscenza universale del bene in una determinata situazione, e di esprimere così un giudizio sulla condotta giusta da scegliere qui e ora; ci si è orientati a concedere alla coscienza dell’individuo il privilegio di fissare, in modo autonomo, i criteri del bene e del male e agire di conseguenza. Tale visione fa tutt’uno con un’etica individualista, per la quale ciascuno si trova confrontato con la sua verità, differente dalla verità degli altri» (n. 32).
Ognuno può trarre le conseguenze nefaste di un tale orientamento, per il quale si arriva a negare una verità assoluta e un codice morale universale sfociando «nella negazione dell’idea stessa di natura umana». In questo contesto è necessario ribadire e illustrare il vero concetto di libertà: cosa è la libertà? Citando la Gaudium et spes (n. 17) il Papa ricorda che la libertà è la facoltà per l’uomo di cercare spontaneamente il suo Creatore, e giungere liberamente, con la adesione a Lui alla piena e beata perfezione. Il Catechismo afferma che la libertà è il potere, radicato nella ragione e nella volontà, di porre da se stessi azioni deliberate e raggiunge la sua perfezione quando è ordinata a Dio, nostra beatitudine (cf. CCC 1731); infatti «quanto più si fa il bene, tanto più si diventa liberi» (CCC 1733). In altri termini si può distinguere tra libero arbitrio, che è la possibilità di scegliere tra il bene e il male, e la libertà nel senso più stretto del termine, che è la capacità, dopo un giudizio dell’intelletto, di eleggere ciò che è bene e di rifiutare il male, nonché di elevarsi al di sopra dei semplici istinti irrazionali.
Il Santo Padre ci ricorda che «il potere di decidere del bene e del male non appartiene all’uomo, ma a Dio solo. L’uomo è certamente libero, dal momento che può comprendere ed accogliere i comandi di Dio», ma non spetta all’uomo determinare ciò che è bene e ciò che è male; la sua libertà consiste invece nella possibilità di scegliere tra queste due opzioni. «Dio, che solo è buono, conosce perfettamente ciò che è buono per l’uomo, e in forza del suo stesso amore glielo propone nei comandamenti. La legge di Dio, dunque, non attenua né tanto meno elimina la libertà dell’uomo, al contrario la garantisce e la promuove» (n. 35).

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