MODELLI DI VITA
San Lorenzo, innamorato dell’Immacolata
dal Numero 8 del 25 febbraio 2018
di Padre Luca M. Genovese

“Dio mi ha chiamato ad essere francescano per la conversione dei peccatori e degli eretici”. Questo era il proposito sacerdotale di san Lorenzo da Brindisi, a cui tenne fede per tutta la sua vita, spesa interamente al servizio dell’Ordine, della Chiesa e soprattutto della sua diletta Madre Immacolata.

Su San Lorenzo da Brindisi si potrebbero scrivere libri. La pubblicazione dei suoi scritti è vastissima e tanto profonda da essere proclamato senza incertezze dal santo papa Giovanni XXIII “Dottore della Chiesa” col titolo di Doctor Apostolicus (1959). Pochissimi santi hanno ricevuto un’onorificenza così alta nella Chiesa.
San Lorenzo nacque a Brindisi il 21 luglio 1559 e mise in mostra sin dalla tenera età doti non comuni: già a sei anni si esercitava in sermoncini che volentieri i suoi coetanei si fermavano ad ascoltare.
Nell’età dell’apprendimento fu affidato alle scuole dei Frati Minori Conventuali prima a Brindisi, sua città natale, e poi a Venezia dove completò gli studi presso la scuola della Cattedrale di San Marco.
A quindici anni si sentì attratto dalla robusta ed innovativa spiritualità dell’Ordine appena nato dei Frati Minori Cappuccini che si distinguevano per il cappuccio a punta ma soprattutto per una grande pietà e semplicità che li associava ai primi fervorosi compagni di san Francesco.
I Cappuccini, nati nel 1528 con la bolla Religionis zelus del papa Clemente VII, erano inclini ad un ritorno integrale all’ideale francescano delle origini, ponendo tra i loro documenti vincolanti non solo la Regola ma anche il Testamento di san Francesco, badando di osservare comunitariamente una severa povertà, il ritiro dal mondo ed un’ardente amore per la Vergine Immacolata.
Questo convinse san Lorenzo a lasciare il già fiorente Ordine dei Frati Francescani Conventuali per passare alla “Riforma” dei Cappuccini.
Dai suoi scritti e dai fatti della sua vita si evince che l’Immacolata Concezione per lui era tutta la sua ragione d’essere. La delicatezza e la cura delle sue omelie mariane, la difesa della sua Verginità e della sua mediazione salvifica davanti a tutte le eresie, fanno intravvedere in lui un profondo animo mariano, pienamente convinto dell’importanza assoluta della Vergine per la purificazione della Chiesa e la salvezza di ogni uomo.
Per conoscere meglio la Scrittura chiese alla Madonna la grazia di conoscere bene le lingue antiche: dopo un leggero sonno davanti ad una sua immagine davanti alla quale stava pregando, la Vergine gli fece questo dono ed egli si risvegliò che sapeva alla perfezione le lingue antiche, senza sapere come. Un episodio simile si verificò per il servo di Dio Don Dolindo Ruotolo, secoli più tardi.
Il proposito sacerdotale di Fra’ Lorenzo, cui tenne fede per tutta la vita fu: «Dio mi ha chiamato ad essere francescano per la conversione dei peccatori e degli eretici». Fin negli ultimi anni soleva ripetere spesso questa frase come un marchio impresso nella sua anima.
In effetti tutta la sua vita, la sua cultura, la sua vastissima produzione letteraria fu dedicata a questo. Se ci pensiamo bene è il motivo principale dell’Incarnazione di Nostro Signore Gesù Cristo e la finalità ultima della mediazione corredentrice della Vergine Immacolata.
Ottenne il permesso di predicare, data la sua bravura e profondità, ancor prima di essere ordinato sacerdote.
La sua genialità nell’apprendere, la sua facilità nello scrivere e nell’esporre, il suo tratto affabile, sincero ed altamente soprannaturale lo ammantarono di un’aura di misticismo che in tempi ancora profondamente cristiani, pur toccati dal fango della “riforma”, gli fecero fare una brillantissima carriera: fu giovanissimo superiore locale a Venezia, all’età di 28 anni; a 31 anni fu eletto Padre provinciale della provincia toscana; a 40 anni guidò la fondazione dell’Ordine dei Cappuccini in Austria ed in Boemia. A 43 anni divenne Ministro Generale e si distinse nel richiedere ad ogni frate una sollecita fedeltà all’autentico ideale di san Francesco. In quel periodo della storia dei Cappuccini fiorirono grandi santi: san Fedele da Singmaringen, martire ad opera dei calvinisti, san Serafino da Montegranaro, beato Benedetto da Urbino, suo compagno di missione in Boemia, san Giuseppe da Leonessa, cappellano degli schiavi cristiani dei turchi, beato Geremia da Valacchia, beato Tommaso da Olera e tanti altri.
Dopo il generalato fu mandato a Praga come commissario generale della neonata Provincia Cappuccina (1606-1610). In questi anni si distinguerà per le sue infuocate prediche contro il teologo luterano Policarpo Lyser ed in genere contro tutta la dottrina luterana citando e commentando approfonditamente alla luce della Rivelazione gli scritti di Lutero. Le prediche furono pubblicate in tre poderose raccolte di 30 lunghi discorsi l’una sotto l’unico titolo di Hypotyposis Lutheranismi.
Un anno prima della morte fu eletto Definitore Generale.
La sua ultima missione, in cui morì, fu presso il re di Spagna Ferdinando III che si trovava in visita in Portogallo, per perorare i diritti dei cittadini del Regno di Napoli, vessati dal viceré Pietro Giron duca di Ossuna. Morì il 22 luglio 1619, alcuni dicono per avvelenamento.
La sua vita fu intensissima non solo dal punto di vista spirituale (le sue Messe con estasi annesse arrivarono a durare molte ore; fazzoletti erano sempre pronti sull’altare per asciugare le abbondanti lacrime del Santo) ma anche per l’instancabile lavoro missionario, culturale e diplomatico che svolse pressoché in tutta Europa senza dimenticarsi dell’Ordine dei Cappuccini che servì fedelmente per anni come superiore e definitore per tutta la vita.
Non si capisce dove trovasse il tempo di fare e anche solo di preparare tante cose, data la sua grande produzione letteraria e la sua altissima contemplazione. Forse il Signore misteriosamente allungava il tempo della sua giornata come è successo anche per altri santi.
Per sua stessa ammissione si dedicava di notte alla stesura delle sue opere, visto che di giorno era impegnato in altre cose riguardanti il ministero. Ma di notte a quell’epoca i Cappuccini si alzavano sempre per le veglie ed il lungo Mattutino. Dunque dov’era il suo tempo visto che la sua Messa mattutina durava già molte ore? Misteri che solo in Cielo potremo capire...
La sua vita, oltre che la sua giornata feriale che ha già del miracoloso, fu contornata da episodi altamente soprannaturali.
Nel 1601 fu nominato capo dei cappellani della Lega militare cristiana che doveva affrontare i turchi in Ungheria. Nella battaglia campale che si tenne ad Alba Reale (Stuhlweissenburg - Ungheria) l’11 ottobre, san Lorenzo arringò le truppe schierate a battaglia e si lanciò alla loro testa, a cavallo e disarmato, contro il nemico. Le palle di cannone e le frecce non ebbero effetto su di lui. La vittoria dell’esercito cristiano fu attribuita alla sua mirabile intercessione. I soldati tedeschi protestanti che lo beffeggiavano prima della battaglia chiamandolo Münich Wolff, “monaco lupo”, si dovettero ricredere ed ebbero gran rispetto per quel frate. Alcuni si convertirono al Cattolicesimo considerando il miracolo della vittoria un segno della verità della Religione cattolica.
Anche la sua opera letteraria fu un miracolo: è stata raccolta in 10 grossi volumi e conta un totale di 804 sermoni sui più svariati argomenti: teologici, biblici (si diceva che conoscesse la Bibbia a memoria), polemici, pastorali, spirituali.
  Pare che quei sermoni, pur così ricchi e complessi per le molte citazioni bibliche e patristiche, fossero solo una nuda traccia di ciò che egli effettivamente diceva dal pulpito. A detta dei cronisti del tempo la sua predicazione non era solo culturale e letteraria ma aveva molto di soprannaturale.
Come successe per san Bernardino da Siena, convertì grandi peccatori ed anche eretici ed ebrei con la sua predicazione ispirata.
Il suo tema preferito fu la santa Madre di Dio. Dice un autore moderno su di lui che «nelle prediche, quasi mai tralasciava di parlare di Lei e, spesso, era così preso dall’argomento che, neppure scuotendolo, si riusciva a distrarlo. Benedicendo il popolo, soleva aggiungere al nome di Gesù quello di Maria, e chiudeva le sue lettere, pure quelle dirette ai principi, con l’invocazione “Nos cum prole pia benedicat Virgo Maria” [Con il suo divin Figlio ci benedica la Vergine Maria]» (1).
La prima e più apprezzata delle sue opere pubblicate fu il Mariale: «Uno dei frutti di questa ardente devozione mariana fu il Mariale, la perla delle opere di san Lorenzo. Gli 84 discorsi che lo compongono, sono spiccatamente dottrinali, tanto che gli Editori poterono scrivere che, mentre la vita del Brindisino è il cantico del cuore, il Mariale rappresenta il cantico della mente alla Madre di Dio» (2).

NOTE
1) Padre Mariano d’Alatri, Il Mariale di San Lorenzo da Brindisi I, Introduzione XIV, Roma 1958.
2) Ibidem.

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