La Presentazione di Nostro Signore al Tempio è la cerimonia della Legge che spiega il santo mistero della morte e risurrezione di Cristo. Vi si scorge anche la purificazione e santificazione della Chiesa. E Maria, che tiene il posto della Chiesa nell’opera della nostra redenzione, vi partecipa più di ogni altro.
Il sacrificio di Nostro Signore, prefigurato da tutti i sacrifici della Legge, doveva, come questi, essere composto di quattro parti. La prima era l’offerta fatta a Dio, o presentazione solenne della vittima; la seconda la sua immolazione cruenta; la terza la consunzione nel fuoco; la quarta la comunione, con la quale da una parte Dio, sotto la figura del fuoco, e dall’altra il popolo, erano considerati far parte dalla stessa vittima in segno di perfetta riconciliazione. Per l’offerta che gliene era stata fatta, Dio s’appropriava talmente della vittima da non lasciargli più nemmeno l’uso di se stessa, in modo tale che essa non viveva più che per Lui. In segno di questa presa di possesso, il sommo sacerdote, quando gli si presentavano certe ostie nel Tempio, poneva le sue due mani su di esse da parte di Dio, rappresentando così il possesso perfetto con cui Dio Padre avrebbe preso un giorno Gesù Cristo, sua vera ostia. Quando suo Figlio venne al mondo, il Padre eterno mise in qualche modo sulla santa umanità le sue due mani, vale a dire il suo Verbo e il suo Spirito: il suo Verbo si appropriò della natura umana, e il suo Spirito ne prese un intero e irrevocabile possesso.
Se, dal momento dell’Incarnazione, il Figlio di Dio s’offrì così e fece voto di essere ostia e di servire suo Padre, ciò fu fatto nel segreto del grembo di Maria. Veniva tuttavia per rendere a Lui tutti i doveri ai quali gli uomini sono obbligati, i doveri esteriori e pubblici come quelli interiori e nascosti, e per rendere così sensibile agli uomini il suo culto verso il Padre. D’altronde il suo sacrificio, essendo fatto per la Chiesa che è visibile, doveva essere esso stesso visibile in tutte le sue parti. Bisognava dunque che ripetesse pubblicamente la sua offerta e in quale luogo doveva farlo, se non nel Tempio di Gerusalemme, il solo asilo della vera religione, nel Tempio dei Giudei, dei quali veniva a perfezionare la religione nella sua persona, per farla giungere sino a noi ed essere Egli stesso la fine della Legge antica e il principio della nuova.
Veniva a compiere, nella sua persona, fino all’ultima iota, tutto ciò che era stato predetto e prefigurato. Ora, era nel Tempio che dovevano essere offerte a Dio tutte le ostie, sue figure; bisognava dunque che fosse portato al Tempio di Gerusalemme e che vi reiterasse solennemente la sua offerta, rendendo così a Dio i suoi voti davanti al suo popolo, con un culto esteriore e pubblico: «Vota mea Domino reddam, in conspectu omnis populi eius» (Adempirò i miei voti al Signore, davanti a tutto il suo popolo: Sal 115,5). Per questo Maria, istruita dalle profezie che l’annunciavano e che lo rappresentavano, Lei che, avendo vissuto per circa dodici anni nel Tempio, aveva adorato mille volte in spirito il sangue del vero Figlio di Dio in quello delle vittime che vedeva versare ogni giorno, Maria, lo ha appena ricevuto in suo possesso, che desidera di andare al Tempio per rinunciare a tutti i suoi diritti su di Lui e lasciarlo nelle braccia di Dio Padre per sacrificarlo. Aveva un obbligo ben più stretto che nessun altro di presentare per se stessa questa ostia a Dio, dato che ai meriti di questa doveva tutte le grazie di cui si vedeva colma, e che sorpassavano quelle che la Chiesa intera avrebbe mai ricevuto. Maria, la più innocente delle creature, la sola esente da ogni macchia, la sola degna di accostarsi a Dio con confidenza, essendo la mediatrice della Chiesa, doveva Ella stessa offrire nel tempio a Dio Gesù Cristo, nostra ostia, e sacrificarlo in anticipo alla morte, come un giorno glielo avrebbe offerto sul Calvario. D’altronde, avendo Dio vietato che gli si presentassero vittime sacrificali rubate e volendo che ciascuna ostia gli fosse offerta dalle mani di Colui al quale apparteneva, toccava a Maria di presentargli questa ostia che la natura e la grazia le avevano donato così perfettamente e singolarmente. Infine bisognava che Maria compisse in questa occasione solenne ciò che era stato espressamente segnalato nella Legge, riguardo tanto a Lei che a Gesù Cristo, suo Figlio. Infatti Dio vi aveva prefigurato l’offerta pubblica che doveva fargli del suo Figlio al Tempio ordinando che gli si presentassero in quello stesso luogo tutti i bambini maschi primogeniti, immagini di Gesù Cristo.
«Quando una donna sarà rimasta incinta e darà alla luce un maschio – è scritto nella Legge –, porterà al sacerdote all’ingresso della tenda del convegno un agnello di un anno come olocausto e un colombo o una tortora in sacrificio di espiazione. Se non ha mezzi da offrire un agnello, prenderà due tortore o due colombi: uno per l’olocausto e l’altro per il sacrificio espiatorio» (Lv 12,2; 6; 8). Il doppio sacrificio da offrire, per il bambino e per la madre, l’uno in olocausto e l’altro per il peccato, esprimeva quello che Nostro Signore doveva offrire nella sua persona per operare la salvezza del mondo. Non era sufficiente, in effetti, che Maria ci donasse il Salvatore, ma c’era bisogno inoltre che fosse immolato realmente, tanto che, prima della morte cruenta che avrebbe dovuto soffrire a trentatré anni, né Lui, benché innocente, né la Chiesa, potevano entrare in Cielo: «Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?» (Lc 24,26).
Questa proibizione è prefigurata nella Legge, la quale dichiara la madre e il figlio immondi e li esclude dall’ingresso nel Tempio, immagine del Cielo, fino a che il sacrificio, prescritto per l’uno e per l’altro, non fosse stato offerto. «Quando una donna sarà rimasta incinta e darà alla luce un maschio, sarà immonda per sette giorni» (Lv 12,2). Il numero di sette, che è misterioso, significa qui tutti i tempi che dovevano precedere l’Incarnazione. «L’ottavo giorno il bambino sarà circonciso e la madre rimarrà ancora trentatré giorni in questo stato immondo, durante i quali non toccherà nulla di santo e non entrerà nel santuario». Ciò significa che Nostro Signore rimarrà trentatré anni nella vergogna della nostra carne e della generazione di Adamo e che durante questo tempo non entrerà affatto nel santuario del Cielo, nel seno del Padre dove era stato generato e che avrebbe dovuto essere, in quanto Figlio, il luogo della sua dimora. Ciò figurava che anche la Chiesa sarebbe stata alla pari esclusa dal Cielo fin tanto che Gesù Cristo non fosse stato messo in croce. Se dunque Maria, benché innocente, rimase esclusa per trentatré giorni dall’ingresso nel Tempio e fu ritenuta immonda, è perché, dovendo presentarvi il sacrificio della Chiesa, era la figura reale della stessa Chiesa, ancora immonda e sporca, fino a che alla fine dei trentatré anni Gesù non fosse stato immolato sul Calvario, e allo stesso modo fosse consumato in Dio suo Padre attraverso la Risurrezione.
La morte e la Risurrezione del Salvatore, questi due sacrifici, o piuttosto queste due parti dello stesso sacrificio, erano prefigurate da quello che doveva offrire la madre di un figlio maschio. «Quando i giorni della sua purificazione per un figlio o per una figlia saranno compiuti – aggiunge Dio nella stessa Legge –, porterà al sacerdote all’ingresso della tenda del convegno un agnello di un anno come olocausto e un colombo o una tortora in sacrificio di espiazione. Il sacerdote li offrirà davanti al Signore e farà il rito espiatorio per lei» (Lv 12,6-7). [...]. Così Maria, riconoscendo in questo personaggio il rappresentante di Dio Padre, gli ridona da parte della Chiesa questa divina ostia e, dato che Gesù è la carne della sua carne, le ossa delle sue ossa, il sangue del suo sangue, sembra dire a Dio, in qualità di Madre: “Padre eterno, non l’ho che appena ricevuto che già ve lo porto e vi cedo tutti i diritti di nascita che mi avete donato su di Lui. Se vi presentate a me e mi apparite sotto gli occhi come sacerdote, è per immolarlo a vostra gloria. Lo lascio nelle vostre braccia per essere sacrificato. Non era ancora nato che già si era sacrificato alla morte, non è mai stato in possesso di se stesso. Già si è offerto a voi nel mio seno e ha rimesso in voi tutti i diritti che aveva su se stesso. Ma dato che a me lo avete donato, vuole anche che io ve lo presenti e che rinunci a tutti i diritti su di Lui. Mi privo dunque del mio tesoro nelle vostre mani e vi offro da parte della Chiesa ciò che ho di più caro al mondo, e di più grande in cielo e sulla terra, affinché, con questo voto solenne e con questa offerta pubblica di culto, io sia totalmente vostra”. [...].
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Per partecipare allo spirito e alla grazia del santo mistero della Presentazione di Nostro Signore, dobbiamo rinnovare la consacrazione solenne che fece di noi stessi a Dio. Questa fu figurata dalle due colombe, immagini espressive non solo di Gesù, ma anche di tutti i cristiani che Dio voleva condurre alla perfezione, facendoli passare per i due stati che esse esprimono. Quella che veniva solamente immolata e di cui si spargeva il sangue, riguarda la nostra vita esteriore, che deve essere purificata dallo spirito di penitenza; l’altra, che veniva anche consumata nel fuoco, indica la nostra vita interiore, che deve essere trasformata in Dio con la carità.
Questa consacrazione di tutte le sue membra che Nostro Signore fece allora in generale, la Chiesa l’ha rinnovata per ciascuno di noi in particolare, nel momento in cui ci ha inserito nel numero dei suoi figli con il santo Battesimo. [...]. Lo Spirito Santo, venendo a risiedere in voi col Battesimo, vi ha donato una nuova vita, che è la vita propria dei cristiani. Questa vita ha due parti: la morte al peccato e la vita in Dio. La prima è il fondamento della seconda, come san Paolo non cessa di ripetere: «O non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte?» (Rm 6,3). Ovvero col Battesimo siamo stati rivestiti dei sentimenti interiori e delle disposizioni che Gesù aveva morendo, e che offrì per noi a Dio Padre. Ignorate forse che la grazia della sua morte, che ci deve far morire al peccato, ha coperto la nostra anima con il Battesimo così come l’acqua ha coperto il nostro corpo, «perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova» (Rm 6,4)? Cioè questa vita della quale abbiamo ricevuto parimenti la grazia attraverso questo Sacramento: lo Spirito Santo, infatti, se lo facciamo signore del nostro cuore, donandoci inclinazioni simili a quelle di Gesù Cristo risuscitato, fa sì, come conclude san Paolo, che siamo «morti al peccato e viventi in Dio, in Nostro Signore Gesù Cristo» (Rm 6,11).
Questa morte, per la quale bisogna entrare nella vita cristiana, non è altro che la rovina delle inclinazioni malvagie, che sono il rimanente della nostra prima nascita. In effetti, l’inclinazione disordinata dei sensi verso le creature resta sempre in noi dopo il Battesimo, ed è il martirio che ogni vero cristiano deve soffrire in spirito di penitenza: essere inclinato dai sensi verso le creature e non rimanervi mai attaccato. Siccome queste inclinazioni viziose ci portano a desiderare gli onori, le ricchezze e i piaceri, con il Battesimo lo spirito di Gesù Cristo ci attira all’umiltà, alla povertà, alla ricerca della mortificazione. Ed è la pratica di queste virtù ciò in cui consiste precisamente l’immolazione di noi stessi, che deve renderci simili a Gesù Cristo, e fare di noi e di Lui una sola vittima d’espiazione.
Considerate come nel mistero stesso della Purificazione, Gesù e Maria ci donino esempi mirabili di questi tre tipi di annientamento necessari a tutti i veri cristiani. Vi possiamo vedere l’annientamento verso l’onore. Il Figlio così come la Madre non vogliono essere nulla nella stima e nei cuori degli uomini: s’assoggettano alle leggi comuni dei peccatori e, benché contengano e portino nei loro cuori la santificazione del Tempio e quella di tutti gli uomini, sono guardati come criminali. Vi si può poi vedere l’annientamento alle grandezze e alle ricchezze del mondo, poiché Gesù e Maria, i più grandi e potenti della terra, ai quali tutto appartiene, appaiono nel Tempio come se fossero i più poveri, spogliati di tutte le comodità. È con l’offerta di due colombe che Maria riscatta suo Figlio: questa era l’offerta dei miserabili e dei più poveri tra i Giudei. Infine sono annientati in tutto loro stessi, non volendo aver niente ed essere nulla se non per immolarlo a Dio con un sacrificio totale; tale disposizione apparirà soprattutto sul Calvario, quando Gesù e Maria compiranno esteriormente ciò che figurava la colomba il cui sangue era stato sparso.
Ecco le virtù che dovete sforzarvi di praticare nella vostra condizione, se non volete rendere inutile l’offerta che Gesù Cristo ha fatto di voi nella sua Presentazione e rendere così infruttuosa la grazia del vostro Battesimo.
Tratto da: Vita interiore della Vergine Maria