In prossimità della chiusura del Centenario, con una importante omelia, il card. Mauro Piacenza a Fatima ha colto molto opportunamente gli elementi più rilevanti del Messaggio, ricordando ai fedeli che le parole della Beata Vergine a Fatima non riguardano il passato, ma il nostro presente ed il futuro.
Lo scorso 12 settembre a Fatima il card. Mauro Piacenza, Penitenziere maggiore presso il Tribunale della Penitenzieria apostolica, ha tenuto un’omelia degna di nota che vale la pena leggere e meditare per intero. In questo articolo possiamo di certo cogliere quei passaggi di maggior rilievo che meritano una giusta attenzione soprattutto in occasione di questo avvio di conclusione del Centenario di Fatima che avrà il suo termine ufficiale il 13 ottobre prossimo, giorno in cui si commemora l’ultima delle sei apparizioni della Regina del Rosario alla Cova da Iria.
Quale messaggio ci lascia il Centenario che la Chiesa ha celebrato? Questa è la domanda fondamentale a cui è doveroso dare una risposta. L’omelia di card. Piacenza ci aiuta in questo senso.
Di seguito i punti-chiave del discorso: «La Santa Vergine [...] non appare in qualunque luogo e questo luogo [Fatima] non è uguale ad altri luoghi. Al contrario, rispettando fedelmente la logica dell’Incarnazione, che è avvenuta in un tempo e in uno spazio precisi, le manifestazioni soprannaturali della Madonna, riconosciute dalla Chiesa, ci rimandano alla storicità della nostra fede ed al legame imprescindibile, che essa ha, per divina Volontà, con lo spazio e con il tempo. Essi sono creature di Dio, come l’intero cosmo, ed in essi, nello spazio e nel tempo, Dio ha voluto abitare [...]. La nostra fede non è una raccolta archeologica di incerte verità passate; è piuttosto l’esperienza di una Presenza, vera, oggettiva, reale e trasformante. È esattamente l’esperienza che hanno fatto i santi pastorelli Francesco e Giacinta e la serva di Dio Suor Lucia, della presenza di Maria: presenza vera, reale e trasformante.
La Beata Vergine è apparsa in questo luogo cento anni fa, non solo per esortare gli uomini alla conversione e alla preghiera, come accade in altre apparizioni, ma con un intento esplicitamente profetico, indicando agli uomini eventi del futuro, perché essi possano leggerli prudentemente, prepararsi, riconoscerli e convertirsi. È questa l’eccezionalità di Fatima! Maria, a Fatima, ha profetato e la Chiesa ha riconosciuto la verità delle apparizioni e, con esse, delle profezie. Possiamo ben dire che sarebbe in errore chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa; Fatima non è finita! Fatima è ancora da compiersi, perché il Cuore Immacolato di Maria non ha ancora trionfato pienamente».
Affermazioni molto importanti queste. Porrei l’attenzione soprattutto sulle ultime righe. Perché la Madonna a Fatima ha profetato? È davvero necessaria la profezia? Non si sarebbe potuta accontentare di lasciare un messaggio spirituale di preghiera e penitenza come ha fatto in altri luoghi ad altri veggenti? No, di certo! Del resto basterebbe semplicemente riflettere sul fatto che Lei, la Sede della Sapienza, non può errare, non può fare nulla di sconveniente. Sa benissimo, molto meglio di noi, ciò di cui abbiamo bisogno.
In particolare, sempre la Chiesa avrà bisogno della profezia perché, secondo il noto adagio «Ecclesia semper reformanda est» – nel senso che, anche se è stata rigenerata dal lavacro del Sangue di Cristo, ha bisogno di essere sempre riformata –, deve continuamente riesaminare se stessa per mantenersi sempre fedele al Signore nella vita e nella Dottrina, confrontandosi costantemente con il progetto e la volontà di Dio su di lei. E, della profezia, la Chiesa ha bisogno soprattutto oggi perché le infedeltà dei suoi membri, malauguratamente, si stanno moltiplicando a dismisura.
Non bisogna sorprendersi se il linguaggio della Vergine del Rosario è stato in parte “criptico”, chiuso nel simbolo (si pensi alla visione relativa al Terzo Segreto): si tratta di una modalità comunicativa da sempre in vigore nella Chiesa e che trova un suo vero e proprio genere letterario nella stessa Sacra Scrittura, vale a dire il genere profetico.
La profezia non è una didascalia ma necessita di una didascalia. È sempre preannuncio e richiamo: preavvisa circa il futuro e allo stesso tempo impone un cambiamento nel presente. Essa è luce e fuoco; luce che rischiara le tenebre dell’errore e della menzogna, fuoco che accende gli animi e, liberandoli dalla sterile mediocrità e dall’accomodamento ad uno stato di tiepidezza stomachevole (cf. Ap 3,15-16), li spinge efficacemente ad amare Dio osservandone i Comandamenti di vita. È questo, potremmo dire, il “contesto remoto” di tutte le profezie mariane dei nostri tempi e, in modo eminente, di quelle trasmesse a Fatima dalla Regina del Cielo.
Il Porporato poi, come già ebbe a riconoscere Benedetto XVI nel 2010, afferma con sicurezza che «Fatima non è finita»: la sua profezia è davanti a noi e non dietro di noi! Se è vero che certi preannunci profetici si sono compiuti in buona parte del secolo scorso (Guerra, Comunismo, effetti devastanti degli errori della Russia), altri invece, di straordinaria importanza, si stanno compiendo o sono in procinto di compiersi, in particolare quelli che riguardano la crisi e l’apostasia nella Chiesa e il castigo purificatore che non risparmierà l’uomo se egli non tornerà sinceramente al suo Creatore. La profezia di Fatima è dinanzi a noi anche e soprattutto per ciò che di consolante ci annuncia, ovvero quel Trionfo del Cuore Immacolato che, dice il card. Piacenza, «non è ancora compiuto se non in parte». Che la promessa sia compiuta in parte possiamo dirlo in senso largo: è compiuta in parte laddove alcuni cuori degli uomini si sono aperti al messaggio salvifico della Regina del Rosario di Fatima modellando il loro cuore ad immagine della loro Madre celeste; ma in senso stretto e preciso il Cuore Immacolato, come è evidente, non ha trionfato! Questa profezia è davanti a noi e dovrà compiersi perché ad essa, l’Immacolata Madre, non ha posto alcuna condizione. Questa strabiliante promessa potrà perlopiù essere ritardata ma mai e da nessuno impedita.
A seguire, la sezione centrale dell’omelia, pregna di contenuti significativi: «Se Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della Verità, la scimmia di Dio, il demonio – che c’è, che è presenza personale e drammaticamente sempre operante – vuole esattamente il contrario! Vuole cioè, che tutti gli uomini siano dannati eternamente e rimangano nelle tenebre della menzogna. Per tale ragione, la Beata Vergine Maria, per il nostro bene, ha mostrato chiaramente, qui a Fatima, la possibilità reale della perdizione definitiva, del rifiuto definitivo di Dio e della sua salvezza. Ricordare questo non è fare terrorismo ma compiere un atto di misericordia, un atto d’amore. Potrebbe forse la Santa Vergine pronunciare anche una sola parola che non sia vibrante di amore? Se Cristo ha già sconfitto definitivamente il male e la morte, la Chiesa, unita a Lui, ne prosegue l’opera di annuncio e di salvezza.
La preghiera ed in particolare la preghiera del Rosario, nel quale il Santo Nome di Maria, di cui oggi pure facciamo memoria, è litanicamente ed amorosamente ripetuto, è anch’essa un grande esorcismo sul mondo, un avvolgere in una rete d’amore gli uomini, i luoghi e la storia, lo spazio e il tempo, perché nulla si sottragga all’universale volontà salvifica di Dio e perché i cuori, plasmati dal benedetto Nome di Maria, si aprano all’incontro con il Salvatore.
Anche in questo senso, Fatima non è compiuta! Perché non è compiuta la missione della Chiesa, che vivrà fino alla fine dei secoli, in ogni circostanza storica e nonostante ogni avversità della cultura e del potere. Cento anni fa, quando tutto è cominciato, nessuno avrebbe mai potuto immaginare che tre semplici Pastorelli avrebbero determinato la storia di questo paese, dell’intera penisola iberica, dell’Europa, del mondo e della Chiesa. Eppure noi siamo qui, a testimoniare la verità della fede e l’evidenza che, nonostante tutto, nonostante i nemici di fuori e di dentro, la Chiesa vive nelle coscienze degli uomini, in esse progredisce, in esse fruttifica, in esse riaccade sempre per la salvezza dei singoli e dell’umanità».
Mi sembra opportuno, in chiusura, far risaltare questi splendidi passaggi succitati attraverso le parole di un altro cardinale, il Segretario di Stato Pietro Parolin che, il 12 maggio scorso, ha tenuto sulla spianata del Santuario di Fatima un’omelia inaugurativa molto bella ed è significativo che due discorsi di due alti Prelati della Chiesa (uno all’inizio e l’altro al termine di questi sei mesi di grazia del Centenario di Fatima) concordino così efficacemente sul “messaggio essenziale” di Fatima che deve essere urgentemente accolto, vissuto e approfondito da ogni anima battezzata.
A seguire due passaggi dell’omelia del card. Pietro Parolin: «In mezzo a tutta questa preoccupazione e incertezza riguardo al futuro, che cosa ci chiede Fatima? La perseveranza nella consacrazione al Cuore Immacolato di Maria, vissuta ogni giorno con la recita del Rosario».
È un appello a tutta la Chiesa a diventare mariano-militante perché – come da promessa divina – tutto ciò che è autenticamente mariano dovrà resistere a questa tempesta anticristica. E si canterà a squarciagola nel giorno della vittoria: «Grida di giubilo e di vittoria, nelle tende dei giusti: la destra del Signore ha fatto meraviglie, la destra del Signore si è innalzata, la destra del Signore ha fatto meraviglie» (Sal 118). Ecco allora l’essenziale degli appelli di Maria a Fatima: «la perseveranza nella consacrazione al Cuore Immacolato di Maria, vissuta ogni giorno con la recita del Rosario», concetto importantissimo che completa quanto disse papa Benedetto nel 2010 circa “l’essenziale” del messaggio di Fatima. Anzi, qui il cardinal Parolin coglie “l’aspetto mariano” della militanza cattolica, la dimensione mariana della cooperazione alla grazia di Dio: la consacrazione e il Rosario!
«Come Salmo responsoriale, abbiamo avuto il cantico del “Magnificat”, dove spicca il contrasto fra la “grande” storia delle nazioni e dei loro conflitti, la storia dei grandi e dei potenti con la sua stessa cronologia e geografia del potere, e la “piccola” storia dei poveri, degli umili e dei deboli. Questi sono chiamati a intervenire a favore della pace con un’altra forza, con altri mezzi apparentemente inutili o inefficaci quali la conversione, la preghiera riparatrice, l’affidamento. È un invito a fermare l’avanzata del male entrando nell’oceano dell’Amore divino come resistenza – e non resa – alla banalità e fatalità del male [...]. Gli esseri umani ottengono questa vittoria quando sono capaci di un sacrificio che diventa riparazione».
È il prezzo pagato dai Pastorelli, è lo stesso prezzo pagato da centinaia di migliaia di anime generose che hanno fermato la “spada di fuoco dell’Angelo castigatore” (cf. Terzo Segreto di Fatima) lungo la storia confermando che se la mobilitazione per il Bene è costosa è, però, “vero movimento di liberazione” cioè dal peccato e dal capriccio, dalla cattiveria e dalla soggezione supina al regno delle tenebre. In queste due ideali “storie a confronto”, nella piccola storia fatta dai poveri e dagli umili, dai veri amanti di Dio, sono essi, con le loro potenti armi spirituali, ad avere “le mani sul timone della storia”, sono i veri timonieri della storia! I tre Pastorelli sono stati timonieri della storia e lo sarebbero stati tutti gli uomini se avessero ascoltato gli appelli di Maria! Quale potere è nelle nostre mani!