ATTUALITÀ
Frontiere pericolose
dal Numero 34 del 3 settembre 2017
di Roberto Ciccolella

Gli ultimissimi ritrovati della tecnica, applicati alla vita e al lavoro umano, aprono scenari fino a poco fa impensabili e presentano l’inquietante paradosso di un uomo che, rimpiazzato o riprogrammato dalle macchine, diviene parte dell’“evoluzione tecnologica” e non più la sua guida.

L’estate 2017 non sarà ricordata per il caldo asfissiante ma per alcuni balzi in avanti del potere della tecnologia.
Un dipartimento di ricerca del gruppo Facebook stava sviluppando un progetto sull’intelligenza artificiale, con cui insegnare a dei computer a negoziare lo scambio di beni cercando di ottenere un vantaggio. Di solito si tratta di far interagire le macchine con gli uomini affinché le prime possano acquisire schemi linguistici e mentali delle persone e imparare a rispondere adeguatamente. In questo caso si è cercato di mettere in comunicazione una macchina con un’altra affinché imparassero fra loro a fare una trattativa. Ma i programmatori non avevano impostato una lingua predefinita per questo dialogo, che è iniziato in inglese ma poi è proseguito in una sorta di dialetto con cui i due computer hanno iniziato a discutere. Sono subito stati riprogrammati per usare solo l’inglese, ma intanto si è aperta la possibilità che le macchine parlino fra loro senza farsi capire dagli umani, usando una propria lingua, generando pericolosi potenziali di autonomia.
Una equipe internazionale guidata dal prof. Shoukhrat Mitalipov dell’Oregon Health&Science University di Portland, in USA, ha impiegato una tecnica di editing genetico – si chiama CRISPR-Cas9 ma per capirci è una specie di taglia e cuci del DNA – su più di cento embrioni umani per espellere il gene responsabile della cardiomiopatia ipertrofica, una malattia ereditaria abbastanza comune, un adulto su 500, che può causare anche morte cardiaca improvvisa. La tecnica non è nuova e nemmeno giunta a piena efficacia, ma secondo i suoi sostenitori è molto più economica di altre simili. L’esperimento è riuscito in una percentuale maggioritaria degli embrioni trattati, poi tutti gli embrioni usati sono stati “distrutti”. La comunità scientifica internazionale si è fatta sentire, notando comunque l’imprevedibilità di un eventuale impianto di questi embrioni, ma purtroppo difendendo comunque l’esperimento in vitro.
Infine da alcuni mesi si possono trovare on-line i risultati del lavoro di una giovane azienda tecnologica canadese, Lyrebird. Hanno creato un sistema che partendo dalla registrazione di una voce umana, di almeno un minuto, prova a clonarla e riprodurla fedelmente con l’intelligenza artificiale. Cioè ti registrano, analizzano timbro, tono, parlata, ecc., e poi una macchina è capace di parlare spacciandosi per te, cioè con una voce davvero simile alla tua. Si può intuire che questo giocattolo tech potrà essere usato sia per aiutare disabili sia per scatenare guerre mondiali o truffare partner commerciali o più biecamente ingannare la propria moglie. Al momento comunque è ancora in fase sperimentale e non è detto che decolli.
Come si vede si stanno aprendo scenari solo pochi anni fa impensabili ma soprattutto dagli esiti imprevedibili. Una volta che l’orizzonte del progresso umano non è più la pratica comune e personale della virtù e dell’amore a Dio, il paradigma rimasto è quello di una indefinita crescita della potenza economica e materiale umana, da esercitare impiegando la tecnologia sulla natura e sugli stessi corpo e mente umani. Il paradosso però è che o l’uomo può essere rimpiazzato, le vicende su raccontate fanno intuire, o può essere pianificato come un prodotto, diventando parte di un processo tecnologico e non colui che il processo tecnologico lo guida.
A fine luglio a Roma, presso la John Cabot University, si è tenuta una serie di seminari e dibattiti sul tema “Oltre l’umanesimo – studi sul postumano”. Uno degli organizzatori, il docente dell’ateneo Stefan Lorenz Sorgner, ha detto al giornale on-line Formiche.net: «Transumanesimo significa vivere in tutt’uno, in senso totale con il Mondo. La concezione dualista che vede l’uomo diviso in più “sfere” è ormai superata. Persino le aziende si sono dotate di coach per “formare i formatori” ispirati dalla tradizione buddista, che rivendica queste posizioni». Per capirci il fatto che l’uomo sia un essere personale è da superare, cioè per dirla in soldoni non saremmo più separati dagli oggetti e dall’ambiente ma un tutt’uno con essi. Così il fine dell’annullamento dell’individuo – cuore delle religioni orientali e in particolare della filosofia buddista – si raggiungerà non con la meditazione o digiunando per mesi ma fondendoci e facendoci rimpiazzare dalle macchine. Una via tecnologica al pensiero gnostico che vuole cancellare la creazione divina e rifarla a modo suo.
Eppure sono molti i casi che ci invitano a rimanere con i piedi per terra. Come l’eruzione di un vulcano islandese ad aprile 2010 che bloccò il traffico aereo per giorni sui cieli europei facendo saltare importanti eventi e lasciando a piedi anche i capi di Stato. O il disastro dell’impianto nucleare di Fukushima in Giappone nel 2011, ad oggi ancora non messo in sicurezza.
Il cristiano di fronte all’avanzare del potenziale tecnologico, se non vuole perdere la bussola, deve per prima cosa rimanere fedele agli insegnamenti perenni e agli approfondimenti recenti che la Chiesa gli offre per orientarsi. Ma è necessario anche imparare nella propria vita personale a non dipendere totalmente dalle macchine e dal sistema tecnologico moderno, come stanno sperimentando molti cattolici negli Stati Uniti e in altri Paesi con un ritorno alla vita in campagna e all’agricoltura o alla caccia. Queste famiglie non smettono di usare gli smartphone o l’automobile ma insegnano ai propri figli a confrontarsi con la natura e a sapersela cavare anche senza l’ultimo gadget hi-tech. Infine è necessario fidarsi più di Dio che del progresso umano. Sappiamo infatti in modo certo che il Signore ha in mano il corso della storia e non è detto che permetta questo progresso all’infinito. Perché il progresso potrebbe andare così avanti da lasciare sulla strada proprio l’uomo.

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