Padre Pio, generalmente, lasciava la porta della sua stanza socchiusa, perciò si poteva vedere se era a letto o alzato. Una sera mi affaccio e noto che il Padre è ancora seduto al tavolino, con la corona del Rosario tra le mani. Entro e gli dico: «Padre, ancora in piedi?». Risponde: «Eh sì figliolo, devo dire ancora il Rosario». Resto meravigliato e, facendomi coraggio, riprendo: «Possibile Padre che oggi non avete avuto il tempo di recitare il Rosario?». Mi risponde: «Ne ho detti pochi; oggi non sono arrivato a dirne neppure una trentina».
Rimango sbalordito e senza fiato. Per quanto abbia potuto impegnarmi, nella mia vita, non sono mai riuscito a recitarne tanti: al massimo ho recitato cinque o sei Rosari completi. Come faceva Padre Pio a recitarne tanti, per me, è sempre stato un mistero. Padre Pio era talmente innamorato della Madonna e del Santo Rosario che, pur cercando di descrivere quest’amore, non ne sono stato capace; era sempre con la corona in mano e, il più delle volte, la recitava tenendola nascosta nella tasca della “pettorina”. Questo suo amore l’ha comunicato anche a me, facendomi innamorare tanto della Mamma Celeste e del Santo Rosario; quindi cercavo di recitare il maggior numero di Rosari possibile, da solo o con altri.
Un giorno, proprio per essere in comunione di preghiera col Padre, gli dissi: «Padre, le mie preghiere e le mie sofferenze le affido a voi perché, fuse con le vostre, possiate offrirle al Signore e alla Madonna. Specialmente vi affido il Santo Rosario».
Io, che ero tanto innamorato della Madonna e del Rosario, quando mi trovavo prostrato fisicamente o spiritualmente, come ho accennato prima, non riuscivo più a dire una corona. Il solo pensiero di recitare le cinquanta Ave Maria non mi dava pace: “Cinquanta Ave Maria... e quando le dico!...”. Se poi mi capitava di iniziarle, entrava in me un senso d’angoscia, che mi tormentava: “...quando finirò di dirle?”; così capitava che non iniziavo mai a dire il Rosario. Eppure ero convinto che la Madonna desiderasse la recita del Rosario! Sentivo un impulso particolare a recitarlo; ero consapevole di non essere io ad onorare la Madonna, recitando il Rosario, ma che era un dono particolare che Lei faceva a me. Nonostante tutto non c’era niente da fare, anzi dentro di me avevo la sensazione che, questa Mamma, non volesse più la mia recita del Rosario e che mi avesse abbandonato.
Una notte sento una voce: «Figlio mio, da domani dimmi il Rosario». Mi sembrava di rispondere: «Ma come faccio?... Non ci riesco...». E la voce continuava: «Non ti preoccupare... ti aiuterò io... lo diremo insieme... e col Rosario chiedimi qualsiasi grazia e l’otterrai». La mattina, svegliandomi, non sento più nessun dolore, non mi sento più legato al letto. Mi alzo e mi reco in coro, prima che i frati arrivassero per la recita dell’Ufficio delle Lodi. Mi metto in ginocchio e i miei occhi si posano sul quadro della Madonna delle Grazie, non l’avevo mai vista così vicina e così bella. Sembrava che mi guardasse ed i suoi occhi penetrassero nel profondo del mio intimo. Ad un tratto sento il desiderio di recitare il Rosario. Prendo la corona dalla tasca dell’abito: passa il primo, poi il secondo, poi il terzo Rosario; le Ave Maria si susseguono l’una dopo l’altra e producono in me un effetto particolare. Sento qualcosa di dolce sulle mie labbra, una gioia che m’invade tutto e che mi riempie d’amore. Per quanto abbia potuto, in seguito, impegnarmi a pregare, non sono più riuscito a recitare le Ave Maria come quella mattina. Da allora, però, non mi sono più sentito abbandonato dalla Madonna. Il mio affetto ed il mio amore verso di Lei è andato sempre più aumentando. Ogni volta che sentivo il desiderio di recitare il Rosario e mi accorgevo che le forze mi venivano meno, ecco che la voce della Mamma celeste m’infondeva coraggio: «Figlio mio... dimmi il Rosario... lo diremo assieme... ti aiuterò io...»: e, veramente, la Madonna mi era vicina ed io ne percepivo la presenza.
Remigio Fiore,
Fra Daniele Natale racconta
la sua esperienza con Padre Pio,
pp. 113-116