MODELLI DI VITA
Pellegrino dell’Eucaristia. Casimiro Barello
dal Numero 29 del 23 luglio 2017
di Paolo Risso

«Molti nel paese mi stimano pazzo: dicano quel che vogliono. Meglio essere pazzi per Dio che sapienti per il mondo», diceva Casimiro Barello, un giovane pellegrino che ha trascorso la sua vita itinerando di città in città, di Tabernacolo in Tabernacolo per adorare e riparare Gesù Eucaristico e predicarlo a tutti coloro che incontrava.

A Cavagnolo, un piccolo paese di campagna, nella provincia di Torino, il 31 gennaio 1857 nasce Casimiro Barello, figlio di umili contadini, ricchi solo della loro forte fede nella Provvidenza. Dai suoi riceve un’educazione cristiana semplice e lineare. Frequenta saltuariamente la scuola e non va oltre la terza elementare, come molti ragazzi del suo tempo.
Il 13 agosto 1868 riceve la Cresima da Mons. Ferré, Vescovo di Casale Monferrato e, un anno dopo, la Prima Comunione. Ancora ragazzino si distingue per l’amore alla preghiera e per la fortezza nell’affrontare le difficoltà della vita. La sua giovane mamma si ammala presto e lui l’assiste sino alla fine. Quando la mamma lo lascerà, lui avrà solo 12 anni.

Una speciale chiamata

Un giorno d’estate, nel paese vicino, si fa la festa patronale. La musica lo attrae e lui quattordicenne non sa resistere. Alla sera esce di casa per andare a fare quattro salti. Ma nel tornare a casa, si accorge di quanto sia stato superficiale e decide di non dedicarsi più a cose così frivole e vuote. Nel 1872 è malato grave. Per la festa dell’Assunta riesce a recarsi in chiesa: lì gli appare la Madonna e gli dice: «Tu dovrai servire Dio con una vita di penitenza e di preghiera». L’anno dopo, ancora malato, la Madonna gli appare nuovamente e lo richiama: «Perché non hai mantenuto la promessa? Per questo sei ricaduto infermo. Devi darti a una vita di penitenza e pellegrinare per il mondo, come mi hai promesso. Questo vuole da te Gesù».
Preghiera e penitenza: è lo stesso messaggio di Lourdes, come lo sarà di Fatima. Casimiro continua a lavorare in campagna con i suoi, pensando di darsi tutto a Dio. Nel 1874 vede di nuovo la Madonna che lo toglie dalla vita comune: dovrà uscire dalla sua terra e partire... per dove? Dove Dio vorrà!

Per le vie del mondo

Nel suo cuore cresce un grandissimo amore a Gesù Eucaristico. Inizia a passare tutto il tempo che può in chiesa, in adorazione come se avesse percepito che: “Se Gesù è lì, vivo e vero, e Gesù è tutto, tu dove vuoi andare?”. Alla preghiera unisce le forme tradizionali di penitenza: il digiuno, il cilicio. Una domenica d’autunno 1874, con il consenso del padre, parte. D’ora in poi sarà pellegrino, penitente e orante per il mondo, fermandosi nelle chiese a pregare, offrendosi a Dio per la conversione dell’umanità, in riparazione del peccato e per la santificazione dei sacerdoti.
La sua prima tappa è Torino: la Consolata e l’Ausiliatrice. Si confessa, partecipa alla Messa e rimane in adorazione fino a quando la chiesa è aperta. Si guadagna il pane con umili lavori, quanto gli basta per vivere giornalmente e soccorrere i poveri, lui che è poverissimo. Guidato da un’ispirazione interiore che solo lui conosce, si dirige a Genova, dove resta fino al 1876: innamorato di Gesù, cerca sempre le chiese dove si svolgono le “Quarant’ore di adorazione”. Non è mai sazio di stare alla presenza del Santissimo Sacramento. Prega, stando in ginocchio, anche 10-12 ore al giorno.
Alla fine del marzo 1876 è a Roma, a San Pietro e a Santa Maria Maggiore: vede il Papa Pio IX e ne riceve la benedizione. Si porta a Napoli con l’intento di imbarcarsi per la Palestina, la terra di Gesù, ma non riuscirà mai ad arrivarci. Anzi, a Napoli, è arrestato per il suo genere di vita e riportato a Cavagnolo sotto scorta. È l’estate del 1876 e Casimiro, dopo una breve sosta, riparte diretto in Spagna, a Santiago de Compostela. Passa a La Salette e a Lourdes, dove sta ore a pregare sul luogo dell’apparizione della Madonna, nel 1846 e nel 1858.
Giunge in Spagna e si spinge fino in Portogallo, dove rimane fino al dicembre del 1877. Per il Natale è di nuovo a Cavagnolo, pronto per la chiamata alle armi. Ma al suo paese lo aspetta anche una bella ragazza di nome Rosina, che si innamora di lui. Casimiro ha 20 anni e non è insensibile al suo fascino... e le promette di sposarla una volta tornato da militare.

Arrivederci in Paradiso

Dal febbraio 1878 all’agosto del 1880 è soldato a Torino, a Venezia e infine a Pescara: diligentissimo nell’addestramento, negli incarichi, di buon esempio a commilitoni e superiori, tutte le libere uscite le passa in chiesa davanti a Gesù Eucaristico. I compagni lo deridono, gli danno del “frataccio”, ma molti per il suo esempio, cambiano vita.
A maggio del 1879, una sera mentre recita il Rosario, la Madonna gli appare un’altra volta per chiarirgli definitivamente che Gesù lo vuole tutto per sé, pellegrino nel mondo: «Amami e donati tutto a me. Non essermi ingrato, esegui i miei ordini, onorami in presenza del mondo e non vergognarti mai di me. Raccomandati a me nei pericoli e io non abbandonerò un peccatore che si pente e mi ama».
Casimiro scrive a suo padre: «Se tu vedessi ciò che io vedo, piangeresti di gioia... arrivederci in Paradiso». Alla fidanzata scriverà: «Servirò Dio solo, non pensare più a me. Ti volevo bene, ma l’amore per Gesù e quel che provo nell’amarlo è infinitamente più grande». Rosina non si sposerà con altri e vivrà anche lei per Gesù solo.
Imbarcatosi a Livorno per la Spagna, giunge a Barcellona e vi resterà fino alla primavera del 1881: la Spagna sarà la sua seconda patria. Diranno quelli che lo hanno incontrato: «Casimiro parla poco, prega molto, ascolta tutti. Passa lunghe ore in chiesa, dorme sulla dura terra, aiuta i poveri con i risparmi del suo lavoro». Per un certo periodo, tra il 1881 e il 1882 vive come eremita con aspre penitenze, rivelandosi un giovane di straordinaria purezza. Ha solo 24-25 anni!

Gesù, unico tesoro

Apprendendo molti mesi dopo che suo padre è morto, si dirige verso l’Italia. Nel frattempo viene deriso, insultato, arrestato più volte, sempre lieto di soffrire per Gesù e per la conversione dei peccatori. Molti però comprendono il suo messaggio e lo venerano come uomo di Dio, altri scossi da lui, si convertono.
A Cavagnolo, nel febbraio del 1883, rinuncia alla parte di eredità a favore del fratello Corrado, perché, come dirà: «Il mio unico tesoro è Gesù». Il parroco, Don Amione, racconta che quando era al paese Casimiro si confessava sovente e ogni giorno assisteva alla Santa Messa e poi si fermava a lungo in chiesa, fissando lo sguardo al Tabernacolo, invocando Gesù e piangendo, offrendosi in riparazione degli scandali, dei sacrilegi e dei disprezzi che il Signore riceveva da parte degli uomini.
Nel marzo 1883 riparte un’altra volta verso Genova. Lungo la strada, parla di Gesù e delle verità eterne: il fine della vita, la salvezza dell’anima, la fuga dal peccato, l’inferno, il Purgatorio e il Paradiso, operando conversioni. Il suo sconfinato amore a Gesù impressiona e risveglia in molti l’amore di Dio e il desiderio dell’adorazione. A Genova il 17 aprile 1883 incontra Don Giovanni Battista Semino che diventa il suo direttore spirituale e lo conferma nella sua singolare vocazione di “pellegrino eucaristico”, di “pellegrino dell’Immacolata”, i titoli che Casimiro più ambisce e che definiscono la sua identità più vera. Don Semino gli raccomanda la Comunione il più frequentemente possibile.

Pazzo per Dio

A un giovane che lo compassiona per le sue persecuzioni, Casimiro risponde: «Non si è mai tanto sicuri di fare la Volontà di Dio, come quando si offre per Lui». A un altro giovane spiega: «Non è da superbi volersi far santi: è questo il fine per cui siamo stati creati».
Il 2 maggio 1883, vigilia dell’Ascensione, attorno a lui scoppia un tumulto ed è portato in carcere. L’indomani per opera dei nemici della Chiesa, è cacciato da Genova: dà fastidio solo con la sua presenza! Verso la fine del mese è già a Rimini, in preghiera nella chiesa di Santa Chiara, all’altare di San Benedetto Giuseppe Labre, di cui sta leggendo la biografia e che imita nel medesimo stile di vita. Si ferma a Loreto nella Santa Casa, poi a Lanciano nella chiesa del Miracolo eucaristico, dove il 5 giugno 1883, viene accolto nel Terz’Ordine Francescano.
Mons. Luigi Agazio, santo Vescovo di Trivento, che lo accoglie in questi giorni, lo considera un santo e dirà che «Casimiro sceglieva i luoghi dove c’erano più sacerdoti e più Messe per non mancare mai alla possibilità di nutrirsi di Gesù Eucaristico».
A Campobasso, viene arrestato e ricondotto a Cavagnolo: è contento di essere rivisto dai suoi compaesani con le manette ai polsi e di essere umiliato per rendersi ancora più simile a Gesù durante la sua Passione. Il fratello ne chiede la liberazione e lo ospita in casa sua. Casimiro trascorre le sue giornate in chiesa davanti all’altare, svolgendo i lavori più duri e dormendo sulla paglia sotto le stelle.
In quell’inizio d’ottobre 1883, si reca alla festa del Rosario a Monteu dove prega a lungo davanti alla cappella di San Grato, in modo da essere visto da tutti nel suo stato di penitente: «Da giovanetto – spiega – qui ho dato scandalo, ora intendo riparare». A un compagno di adolescenza, che cerca di evitarlo, risponde: «Molti del paese mi stimano pazzo: dicano quel che vogliono. Meglio essere pazzi per Dio che sapienti per il mondo». È il suo stile, la follia della croce, del divino Crocifisso, che salva il mondo sul patibolo più infame.

Schiavo del Tabernacolo

L’8 ottobre 1883 lascia Cavagnolo per sempre. Raggiunta la Spagna, l’8 dicembre, è in preghiera al Santuario mariano di Monserrat. A Valenza, ospite di un buon prete, Don Cervera, riceve una lettera da Don Semino: «Confessati sovente, ricevi la Comunione tutti i giorni. Ripara le ingiurie che Gesù riceve in questo Sacramento. Trasformati in Lui». Obbedisce alla perfezione.
Nei luoghi dove passa, austero e gioioso, edifica e converte con la sua presenza. A Jativa, nel febbraio 1884, in giorni freddissimi, pregando, soccorrendo i poveri, i malati e i carcerati, predica una vera missione al popolo. Quindi si incammina verso Santiago, dove però non arriverà mai, accompagnato da molti che vogliono stargli vicino, pregare con lui, e dicono: «È un santo, un altro Gesù!».
Ad Alcoy, ospite di un negoziante di stoffe, Giuseppe Valero, il 23 febbraio 1884 fa da padrino di Battesimo al bambino del commerciante, che viene chiamato Casimiro. Ormai sente vicina la sua ultima ora. Il Mercoledì delle ceneri, dopo la preghiera, dichiara a chi viene a fargli visita: «Alcoy è colpevole di un grande peccato. La vostra industria è in declino, perché non santificate più la domenica, giorno del Signore, per la vostra sete di guadagno. Cambiate vita!». È il suo testamento, e viene ascoltato.
Gli ultimi giorni, benché arso dalla febbre della gravissima polmonite che l’ha colpito, li passa in chiesa: «Il pensare che Gesù è realmente presente, nascosto nell’Eucaristia, il pensare che vi sta per mio amore, mi vede, mi sente, mi ascolta, mi è motivo di grandissima gioia, e non partirei mai dalla sua presenza». Per invito della Madonna, Casimiro Barello è stato l’eroico adoratore di Gesù Eucaristico, “lo schiavo del Tabernacolo”, sorgente unica di santità e di ogni grazia.
Alle 16:30 del 9 marzo 1884, Casimiro va dolcemente incontro a Dio. È la seconda domenica di Quaresima, la domenica della Trasfigurazione di Gesù sul monte. Ha soltanto 27 anni.
Protagonista di una vocazione-missione singolare e rara, però a tutti insegna che Gesù Eucaristico – e accanto a Lui, l’Immacolata – è la sorgente e il culmine di ogni santità. A Lui, Gesù-Ostia, dobbiamo tornare. Nel 2001 il Santo Padre Giovanni Paolo II lo ha proclamato “eroico nelle sue virtù”, quindi “venerabile”.  

* per altre informazioni: L. Castano, Il pellegrino dell’Eucaristia, Casimiro Barello, LDC, Torino 1984.

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