ATTUALITÀ
Il trabocchetto. La strumentalizzazione del dolore
dal Numero 27 del 9 luglio 2017
di Roberto Ciccolella

Di fronte ai molti e urgenti bisogni delle persone disabili, per i quali gli investimenti dello Stato sono ancora insufficienti, appare davvero irrisoria la proposta di legge 1442/2014. Si deve prendere atto di come anche questa volta il dolore e la sofferenza altrui vengano sfruttati per fini secondari che nulla hanno a che fare con i reali bisogni delle persone.

La situazione dei disabili in Italia è drammatica, tra isolamento e discriminazioni, eppure alcuni politici, invece di risolvere i problemi concreti dei sofferenti, propongono una legge per l’assistente sessuale. Così con la scusa di garantire una presunta affettività ai diversamente abili, facendo leva su pietismo e casi limite, stanno cercando una porta per legalizzare la prostituzione. Altro che aiutare chi sta in sedia a rotelle a vincere la solitudine.
Sergio Lo Giudice – il senatore arcobaleno del PD che ha acquistato un figlio con la pratica dell’utero in affitto – ha infatti presentato già nel 2014 una proposta a questo fine. Ma ce ne sono altre due simili, anche alla Camera dei Deputati. A soffiare sul fuoco poi una fondazione legata all’ANMIL, una associazione nazionale che si dovrebbe occupare di invalidi del lavoro, che spinge per una legge entro fine anno, e che dice di avvalersi della consulenza mediatica di Oliviero Toscani – il fotografo di moda noto per le sue provocazioni estreme a scopi pubblicitari. Insomma, come si vede non si tratta certo di una battaglia di popolo, ma di una bizzarra idea d’élite. Per ragioni di orizzonte politico ed elezioni che si avvicinano, è molto difficile che la legge venga approvata per ora. Però studiare il metodo di questa proposta è molto interessante. In estrema sintesi: la disgrazia, il dolore e le difficoltà di alcuni vengono utilizzati in modo bieco per un più vasto progetto culturale e politico che nulla ha a che fare col bisogno iniziale. Come dicevo prima, si fa leva su un problema che riguarda una pur consistente minoranza per sdoganare la prostituzione legale.
Eppure la proposta è in sé fallace. Ai circa tre milioni di disabili italiani mancano rampe d’accesso e scivoli, lavoro, assistenza domiciliare, corsi di formazione, medicine, infermieri. Secondo dati Eurostat di qualche anno fa spendiamo meno della media europea e l’Istat segnala che le regioni del Sud spendono meno della metà di quelle del Nord. Si pensa di mettere un tappo a questa gigantesca falla offrendo una sorta di contentino. Inoltre tutto ciò si basa sull’idea riduzionista, da un punto di vista della complessità psicologica di un individuo, che ci sia una necessità assoluta dell’attività sessuale per raggiungere uno stato di benessere accettabile, con i promotori che citano persino un presunto diritto costituzionale.
Il DL 1442/2014 propone che le regioni preparino «un elenco di persone accreditate a svolgere nel territorio regionale la funzione di assistenti per la sana sessualità e il benessere psico-fisico [...] di seguito denominati assistenti sessuali». Questo come dice il comma 1 «al fine di tutelare il diritto alla sessualità», diritto però non solo inesistente ma che potrebbe essere a questo punto invocato da chiunque – un disoccupato che non riesce a trovare la fidanzata o al contrario un manager troppo impegnato per uscire con le ragazze – per accedere allo sfruttamento del corpo altrui con l’avallo dello Stato. Il conio del termine assistente sessuale peraltro è il grimaldello con cui a partire dal problema dell’affettività delle persone con disabilità si arriva a preparare il terreno per la prostituzione legale. E infatti il disegno di legge aggiunge che l’attività di assistenza sessuale «può costituire oggetto di lavoro autonomo cooperativo», suggerendo così anche una forma di iscrizione all’agenzia delle entrate e in camera di commercio. Ecco il vero obiettivo degli estensori, fra i quali c’è anche Monica Cirinnà, quella delle unioni civili che vorrebbe un partito unico in Italia.
    C’è un dettaglio da cui si capiscono gli intenti. Alla domanda del sito del terzo settore Vita.it sui costi dell’operazione, Bruno Galvani della Fondazione “Sosteniamoli Subito Anmil” dice: «Le proposte di legge prevedono che il pagamento sia a carico del fruitore del servizio e non dello Stato» ma poi aggiunge «certo è che se i love givers entrassero nei livelli essenziali di assistenza, il quadro cambierebbe. Ma per ora accontentiamoci di fare un passo alla volta». Insomma alla fine il progetto è quello di far pagare le prostitute dallo Stato, chiamandole love givers, “fornitrici d’amore”. A quest’ultima follia lessicale possiamo rispondere che davvero i disabili hanno bisogno d’amore, ma non di quello a pagamento e non esclusivamente fisico. Allo Stato e alle comunità di cittadini e familiari, tocca invece non prendere scorciatoie, ma tessere una rete sociale di supporto ed empowerment intorno alle persone che soffrono, condurre battaglie civili per superare le barriere architettoniche e sforzi imprenditoriali per favorire laddove possibile l’occupazione lavorativa. Alla triste immagine di un disabile solitario e abbandonato dai familiari che lo Stato tiene buono con una prostituta, opponiamo i molti casi concreti di persone con gravi patologie che hanno trovato anche l’amore proprio in quella rete solidale che la Chiesa e il vero associazionismo da sempre offrono. Come quel ragazzo in sedia a rotelle che andando a Lourdes coi treni bianchi dell’Unitalsi proprio fra le volontarie ha trovato prima un sorriso vero e poi la sua futura moglie.

Casa Mariana Editrice
Sede Legale
Via dell'Immacolata, 4
83040 Frigento (AV)
Proprietario: Associazione CME Il Settimanale di Padre Pio. Tutti i diritti sono riservati. Credits