Una storia di fuoco quella di Maria Teresa Carloni, che passa dalla “violenza dell’odio per Cristo” alla “violenza dell’amore” per Lui, fino a raggiungere la Mistica. Diventa sposa di Cristo Crocifisso, e condivide intimamente il martirio di Lui, nella sua straordinaria missione apostolica a favore della Chiesa perseguitata.
Il secolo XX è il secolo dei più grandi nemici di Gesù Cristo, con guerra dichiarata contro di Lui. Ma Gesù ha i suoi “soldati”: come Lui invincibili. Maria Teresa Carloni fa parte di questa eletta schiera di soldati di Gesù. Nata il 9 ottobre 1919 a Urbania (Pesaro) da famiglia benestante e di nobile ascendenza, a tre anni perde i genitori ed è cresciuta dalla nonna materna con austera educazione cristiana.
All’età di 10 anni subisce dei discorsi volgari e irreligiosi che le provocano un forte smarrimento e le fanno perdere la pace interiore, neppur ritrovata al momento della Confessione per la Prima Comunione. Comincia a temere la Confessione e a sentirsi indegna di frequentare la chiesa e di accostarsi all’Eucaristia. Tuttavia non perde l’amore per Gesù Crocifisso ed Eucaristico.
Diciassettenne (1936), cerca di nuovo di confessarsi, ma un’incomprensione con il Confessore la allontana dalla chiesa: lei, mentre giura di non tornarci più, grida al Crocifisso: «Noi due ci rincontreremo!». Frequenta il corso per infermiera a Roma. Conseguito il diploma inizia a lavorare e pensa a formarsi una famiglia. Ma il suo fidanzato, un ottimo medico, gli viene ucciso presso Ponte Sant’Angelo.
Un Altro, ben più grande degli uomini, sarebbe stato il suo “Sposo”.
Con coraggio straordinario, prosegue la cura dei malati e feriti all’ospedale: siamo in tempo di guerra. Intanto prega per la loro conversione. Esemplare nel suo comportamento, fino a buttarsi dalla finestra per sfuggire alle insidie di un militare. Dopo la guerra, si laurea in pedagogia. Ha sempre un desiderio struggente di ricevere Gesù nella Santa Comunione, ma si sente indegna. Un vero tormento.
“Un Prete tutto bianco”
Il giorno del bombardamento americano su San Lorenzo al Verano in Roma (19 luglio 1943), mentre si prodiga accanto ai feriti, si trova davanti a uno di loro gravissimo, presso cui indugia “un Prete tutto vestito di bianco”. Maria Teresa non sa che si tratta del Santo Padre Pio XII accorso in mezzo ai suoi “figli” sofferenti, e gli dice: «Si affretti, reverendo!». Il Papa la fissa in volto e obbedisce. Si ritroveranno in seguito in un’udienza per i militari e il Papa le dirà: «Come mai, lei non viene qua da tempo?». Ella non si distaccherà più da Pio XII, finché egli vivrà.
Alla fine della guerra, torna a casa sfinita e quasi disperata per lungo tempo: tuttavia prega e fa penitenza, sempre senza Gesù Eucaristico. Teme di offendere Dio e di andare all’inferno. È tentata di suicidio. Quando muore la nonna, ormai sola al mondo, esausta, nella Pasqua del 1951, 31 anni di età, si rivolge al suo Parroco di Urbania, Don Cristoforo Campana, che accoglie la sua lunga Confessione generale e, a nome di Gesù, le ridona pace dell’anima. Riceve Gesù, Pane di vita eterna, tra lacrime di gioia, lieta anche perché ora Don Campana sarà la sua guida.
Adesso, per Gesù unico suo Amato, Maria Teresa brucia le tappe. Il 16 giugno 1951 emette nelle mani di Don Campana il voto privato di perfetta castità e scrive nel suo diario: «Gesù, oggi ti amo con la stessa violenza con cui un giorno ti ho odiato». Inizia una vita nuova, d’intensissima preghiera, rigorosa penitenza e carità: assiste i malati nelle case a Milano, gli sfollati del Polesine dopo l’alluvione del 1951, i bambini tubercolotici a Spotorno. Si offre per la santificazione dei Sacerdoti e redige uno “statuto delle anime vittime”. Il segreto della sua vita è vivere il Sacrificio di Gesù nella Santa Messa con Maria Santissima. Prega e si mortifica, portando il cilicio sulla sua pelle.
Nel gennaio-febbraio 1952, cominciano i suoi “colloqui intimi” con Gesù e ogni venerdì per tre ore rivive la sua Passione con atroci sofferenze: un’offerta totale con Lui per le anime. Davvero Gesù la predilige, come sa fare Lui solo, e il Venerdì Santo 11 aprile 1952 la arricchisce delle sue stimmate. Il 20 dicembre 1952 il suo Parroco è testimone delle sue “nozze spirituali” con Gesù nella chiesa di Urbania: Gesù le fa trovare un anello sull’altare proprio per lei. Dichiara Maria Teresa: «Gesù accetta di essere il mio Sposo, ma vuole che la sua sposa sia come Lui: perseguitata, calpestata, sofferente nel corpo e nello spirito».
Comincia a scrivere articoli e libri. Nel febbraio 1954, dedica a Pio XII un libro sulla Madonna: Onnipotente per grazia e Mediatrice universale, e comunica al Papa la sua volontà di essere vittima e apostola della Chiesa perseguitata nell’Est europeo e dovunque. “Il Prete vestito di bianco”, Pio XII, “il Bianco Padre” la accetta tra i suoi primi collaboratori.
La vita per i proscritti
L’Europa orientale, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, è caduta sotto i regimi comunisti controllati dall’Unione sovietica. Dalla Jugoslavia alla Polonia, dalla Germania dell’est alla Bulgaria, i senza-Dio di falce e martello, puntano in ogni modo a distruggere la Chiesa Cattolica. Tragedia immane con i Vescovi e Sacerdoti incarcerati e uccisi, con credenti impediti e percossi nella fede e nella vita. Un’infamia iniziata in URSS ed estesasi alla Cina, sotto Stalin e Mao e rispettivi proconsoli. A Maria Teresa restano 30 anni da vivere, ed ella, nelle condizioni sempre più precarie di salute e tra continua preghiera e penitenze, intraprende un’attività senza soste in soccorso dei Martiri dell’Est europeo, fino alle coste del Pacifico, senza trascurare l’Africa dove i Cristiani sono perseguitati dai musulmani. Qualcosa di gigantesco per una donna fragile come lei.
A partire dal 1955, fa una serie di lunghi rischiosi viaggi, nell’Europa orientale, in mezzo ad avversità di ogni genere. Si reca a incontrare Vescovi, Sacerdoti e fedeli in clandestinità, da Norimberga a Mosca, da Zagabria a Varsavia, dalla Bulgaria all’Ungheria alla Cecoslovacchia. Vere avventure per portare soccorsi materiali e conforto a piene mani, aiutata dal suo Padre spirituale; soprattutto a raccogliere informazioni sulla situazione di diverse diocesi calpestate dai comunisti.
Al ritorno, trasmette al Santo Padre Pio XII – quindi ai suoi Successori – notizie di prima mano. In primo luogo Pio XII, poi Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II, la stimano e ne conoscono lo stile di vita, configurato a Gesù Crocifisso, la sua straordinaria attività. La ricevono spesso in udienza e corrispondono con lei. Papa Pacelli arriva al punto di mandarle il suo autista a prenderla alla stazione di Roma alla sera, di accoglierla in colloquio nel suo studio tutta la notte sulle “cose dei martiri”, e di farla riaccompagnare di mattino presto alla stazione.
Nella “Chiesa del silenzio”, Maria Teresa Carloni avvicina il Card. Luigi Stepinac (1898-1960), Arcivescovo di Zagabria, confinato da Tito a Krasic suo paese natale; il Card. Wiszinski, primate di Polonia; il Card. Mindzenty Arcivescovo di Budapest, prima in carcere, poi ospite all’ambasciata americana e altri numerosi Vescovi oppressi in qualsiasi modo. Per tutti e per i loro Preti, è madre e sorella.
Come i Mistici, ella insieme agli incontri diretti, gode del dono della bilocazione con cui arriva di persona in modo straordinario ai Presuli di diocesi disperse, nella Russia, nell’Asia, fino all’Estremo Oriente, dominati dal comunismo ateo e omicida. Con loro concorda i piani da seguire e ne riferisce al Papa che può provvedere alle loro necessità in modo mirato e sicuro.
Una stupenda sbalorditiva missione, che sta a dimostrare che il nostro incomparabile Gesù, l’Uomo-Dio, il Salvatore, non teme nessun potere della terra e scrive nella storia pagine divine! È impossibile raccontare in poche pagine l’opera di Maria Teresa: rimandiamo al libro a cura di A. M. Di Chi e L. Mirri, Il soffio dello Spirito nella storia. Missione e vita di Maria Teresa Carloni (Minerva Edizioni, Bologna 2004). Come se questa sua azione non bastasse, ella trova il tempo di scrivere il suo diario spirituale con 77 quaderni (La mia vita); 38 quaderni sui Paesi comunisti (1954-’57) con le notizie per Pio XII riguardanti i Sacerdoti clandestini e le vittime delle persecuzioni, quindi le relazioni annuali alla Segreteria di Stato dal 1971 al 1977.
Meravigliose avventure di una piccola donna più forte, grazie a Gesù, della roccia. Maria Teresa, dall’abbondanza del suo cuore scrive anche articoli per bollettini, meditazioni, preci, splendide poesie. Stupende le sue lettere ai Pontefici, ai Presuli, ai Sacerdoti e ai suoi “figli spirituali”, tra i quali ci sono numerosi Seminaristi africani da lei conosciuti nei suoi viaggi nel Sudan. Come abbia potuto farlo, sembra incredibile, ma ella scrive libri che vengono pubblicati (Vita di san Giosafat, Venceslao, principe boemo, Un Cardinale scomodo, I fioretti del Card. Beran) e molti altri rimasti manoscritti, di stupenda dottrina e bellezza.
È letteralmente consumata dall’amore per Gesù e per le anime, dalla “maternità spirituale” in primo luogo per i Sacerdoti, che vuole dei veri “altri-Cristo”.
A servizio del Sacerdozio
Tutta la sua vita, Maria Teresa l’ha posta a servizio della Chiesa, in primo luogo dei Pontefici e dei Vescovi. Dopo la sua conversione, ha scritto al Santo Padre Pio XII e gli fa conoscere le sue vicende e l’offerta della sua esistenza per i Sacerdoti e per la “Chiesa del silenzio”. Tra il 1955 e il 1958, Pio XII la riceve in udienza privata 14 volte, l’ultima delle quali dieci giorni prima della sua morte. Per mezzo di Don Campana, il suo Padre spirituale, Pio XII si informa dello stato spirituale e della salute di Maria Teresa. Nel 1957 le dona il suo pastorale d’argento, ricevuto nel 1917 alla sua Consacrazione episcopale da Benedetto XV. Maria Teresa lo passa al Card. Wiszinski, che in seguito lo offre a un Vescovo la cui diocesi, Pinsk, confina con la Russia.
Giovanni XXIII, informato da Wiszinski riguardo alla missione di Maria Teresa, fin dal 18 novembre 1958, a meno di un mese dalla sua elezione, approva quanto ella fa per la Chiesa martire e, ricevendola in udienza 4 volte, la incoraggia a continuare. Nel 1962 Papa Roncalli le concede di avere una cappella privata nella sua casa e di farvi celebrare la Santa Messa. D’ora in avanti, i Presuli che passano a Urbania, da Wiszinski, primate di Polonia, a Slip, Arcivescovo di Leopoli, a Beran di Praga (liberati dalla prigionia, questi ultimi due, per opera di Giovanni XXIII e di Paolo VI) celebreranno anche nella cappella di Maria Teresa, insieme ad altri Vescovi dell’Est europeo e dell’Africa.
Paolo VI, il 24 febbraio 1964, le dice: «Approvo, benedico e incoraggio. La invito a continuare come voleva il mio predecessore Pio XII in favore della Chiesa perseguitata». Nel 1965, le concede di avere Gesù Eucaristico nella sua cappella privata. Quando Maria Teresa è di ritorno da un viaggio in Russia (e dalle sue bilocazioni, persino nelle catacombe esistenti da Kiev agli Urali!) deve riferire direttamente; impedita ad avere un’udienza, gli fa giungere una “lettera di fuoco” tramite il Card. Beran, per farsi ricevere... Paolo VI la riceve, la ascolta e fa tesoro delle sue informazioni: «Prega per me – le dice – perché in questo posto si ha solo una sconfinata necessità di preghiera».
Ella ha conosciuto Giovanni Paolo II, da quando era Arcivescovo di Cracovia, ed è commossa quando apprende che ha esaminato di persona la documentazione da lei lasciata a Pio XII. Il 20 gennaio 1979, poi nel febbraio e nel luglio 1980, la riceve in udienza, informandosi anche della sua salute che ormai declina. Intensissimi i suoi contatti con i Cardinali Stepinac, Slipyi, Wiszinski, Beran, Mindzenty, le “querce” della Fede cattolica sotto la persecuzione dei comunisti. Questi Presuli di altissima dignità arrivano a chiamarla “sorella” e persino “mamma”.
Alla fine del 1982, il “cero” della vita di Maria Teresa Carloni, arso di fiamma d’amore e di interiore martirio per Gesù, una vera “sposa inanellata” da Lui e per Lui martire, sta per consumarsi tutto. I dolori ora la schiantano in tutto il suo corpo: davvero, come i Santi più grandi “ostia con Gesù-Ostia”. Va incontro allo Sposo Gesù, che un giorno le aveva dato il suo anello nuziale, il 17 gennaio 1983, all’ospedale di Pavullo (Modena). Ha soltanto 53 anni. Aveva scritto nelle sue “note” ardenti: «Il martirio è condizione normale di chi può dire con la vita: “Non sono più io che vivo, è Gesù che vive in me” (Gal 2,20)». E ancora: «Non c’è eroe più grande di chi pone Gesù in cima ai suoi pensieri e si consuma con ansia infuocata per la supremazia di Lui, Via, Verità e Vita per tutti i redenti».