SPIRITUALITÀ
Quel gran Patriarca
dal Numero 11 del 19 marzo 2017
di Claudia Del Valle

San Giuseppe è l’“uomo giusto” al quale solamente fu concesso ciò che molti Re, Profeti e Patriarchi desiderarono vedere e non videro. A lui fu dato non solo di conoscere, ma di portare in braccio, nutrire e custodire il Messia. Quale non dev’essere, in proporzione all’elezione, la sua santità!

Nella pletora dei Santi che si sono distinti per la loro devozione al Santo Patriarca, ricordiamo san Bernardo che illumina la figura di san Giuseppe rapportandolo all’altro grande Patriarca: «Ricordati anche di quel grande patriarca venduto in Egitto, e sappi ch’egli ne ha avuto non solo il nome, ma anche la castità, l’innocenza e la grazia. Quel Giuseppe, venduto e condotto in Egitto, per invidia dei fratelli, era figura di Cristo venduto; questo Giuseppe, fuggendo dall’odio di Erode, portò Cristo in Egitto. Quello, per fedeltà al suo padrone, non volle unirsi alla sua padrona; questo, riconoscendo la verginità della sua padrona e madre del suo Signore, la custodì fedelmente. Quello ebbe l’intelligenza dei sogni; a questo è stato concesso di conoscere ed essere attore dei segreti celesti. Quello conservò il grano per tutto il popolo; questi ebbe in custodia il Pane vivo venuto dal Cielo per sé e per tutto il popolo. Era certamente uomo buono e fedele questo Giuseppe, cui fu data in sposa la Madre del Salvatore. Servo fedele e prudente, che il Signore costituì consolazione di sua madre, allevatore della sua carne, unico e fedelissimo collaboratore sulla terra del suo grande piano. A questo si aggiunge che Giuseppe è della casa di David. Veramente discende questo Giuseppe dalla casa di David, da stirpe reale; nobile di casato, più nobile ancora di mente. Sicuramente figlio di David, non degenere da suo padre David. Sicuramente, dico, figlio di David, non solo per sangue, ma per fede, santità, devozione. L’uomo che il Signore, come David, riconobbe secondo il suo cuore, l’uomo al quale poteva affidare l’arcano segretissimo e sacratissimo del suo cuore; l’uomo al quale, come a un altro David, confidò i piani occulti della sua sapienza e non volle che fosse all’oscuro del suo mistero, mistero che a nessun principe di questo secolo fu rivelato; l’uomo al quale fu dato ciò che molti Re e Profeti cercarono di vedere e non lo videro, avrebbero voluto sentire e non lo sentirono; e a lui fu dato non solo di vederlo e sentirlo, ma di portarlo in braccio, allevarlo, stringerlo al seno, baciarlo, nutrirlo e vegliarlo. Non solo Giuseppe ma anche Maria dovette essere una discendente della casa di David. Non avrebbe potuto, infatti, sposare un uomo della casa di David, se anch’essa non fosse stata della casa di David».
Altra luce viene profusa da san Bernardo in merito alla delicata questione del licenziamento segreto che san Giuseppe aveva deciso e di cui parla il Vangelo. Tale passo è troppo spesso mal illustrato dai predicatori contemporanei con l’affermare che Giuseppe avrebbe dubitato dell’onestà di Maria Santissima, la qual cosa ripugna pensarla se si considera la santità di Giuseppe e la sovrumana purezza che egli aveva riscontrato e continuamente riscontrava nella sua Sposa immacolata. D’altro canto, san Giuseppe fu “giusto” anche e proprio in questo: nel non attribuire alla Sposa una colpa così grave, ed allo stesso tempo però nel non assumersi la paternità di un mistero a cui non sapeva dare spiegazione, perché intuiva travalicare l’umano.
Ma ecco come dice san Bernardo: «Perché Giuseppe voleva lasciar la sua sposa, Maria? Senti in questo non il mio, ma il parere dei Padri. Pensò di lasciarla per lo stesso motivo per cui Pietro allontanò da sé il Signore, dicendo: “Allontanati da me, Signore, perché sono un peccatore” (Lc 5,8), o per cui il centurione non lo voleva in casa, dicendo: “Signore, io non son degno che tu entri nella mia casa” (Mt 8,8). Così anche Giuseppe, ritenendosi indegno e peccatore, s’andava dicendo che non poteva convivere familiarmente con una donna così grande, di cui temeva la mirabile e superiore dignità. Vedeva e temeva la donna che portava un segno certo della divina presenza; e poiché non riusciva a penetrare il mistero, la voleva lasciare nascostamente. Pietro si spaventò innanzi alla grandezza della potenza, il centurione innanzi alla maestà della presenza. E anche Giuseppe, come uomo, ebbe paura della novità di così grande miracolo, ebbe paura della profondità del mistero; e pensò di lasciarla nascostamente. Ti meravigli che Giuseppe si ritenesse indegno della comunanza di vita con la Vergine, quando sentì che anche santa Elisabetta non poté sostenere la presenza, se non con timore e riverenza? Disse, infatti: “Come mai la madre del mio Signore viene in casa mia?” (Lc 1,43). Perciò Giuseppe pensò di lasciarla. Ma perché di nascosto e non pubblicamente? Perché non si ricercasse la ragione del licenziamento, non se ne chiedesse il motivo. Che cosa avrebbe potuto rispondere un uomo giusto a un popolo di dura cervice, a un popolo che non credeva e contestava? Se diceva ciò che pensava, ciò che aveva sperimentato della purità di Maria, quali crudeli e increduli Giudei non avrebbero subito deriso lui e lapidato lei? Come avrebbero creduto alla Verità che taceva nel seno, essi che la disprezzarono quando gridò nel tempio? Che cosa avrebbero fatto a uno che non si vedeva, se poi gli gettarono addosso le loro mani empie, quando brillava di miracoli? Rettamente, dunque, l’uomo giusto, per non essere obbligato a mentire, o a infamare un’innocente, pensò di lasciarla nascostamente».
Sant’Alfonso de’ Liguori, di fronte all’eccelsa figura di san Giuseppe, non può fare a meno di considerare che «il demonio ha sempre temuto la vera devozione a Maria poiché è “segno di predestinazione”. Allo stesso modo teme la vera devozione a san Giuseppe [...] perché è la strada più sicura per andare a Maria. Così il demonio fa credere ai devoti ottusi di spirito o disattenti che pregare san Giuseppe va a scapito della devozione per Maria. Non dimentichiamo che il demonio è bugiardo. Le due devozioni sono, invece, inseparabili». Santa Teresa d’Avila nella sua Autobiografia scrisse: «Non so come si possa pensare alla Regina degli Angeli e al molto da Lei sofferto col Bambino Gesù, senza ringraziare san Giuseppe che fu loro di tanto aiuto». E ancora: «Non mi ricordo finora di averlo mai pregato di una grazia senza averla subito ottenuta. Ed è cosa che fa meraviglia ricordare i grandi favori che il Signore mi ha fatto e i pericoli di anima e di corpo da cui mi ha liberata per l’intercessione di questo Santo benedetto. Ad altri sembra che Dio abbia concesso di soccorrerci in questa o in quell’altra necessità, mentre ho sperimentato che il glorioso san Giuseppe estende il suo patrocinio su tutte. Con ciò il Signore vuol darci a intendere che, a quel modo che era a lui soggetto in terra, dove egli come padre putativo gli poteva comandare, altrettanto gli è ora in cielo nel fare tutto ciò che gli chiede».
Ed una necessità particolare in cui tutti, prima o poi, ci verremo a trovare è quella temuta della nostra morte. Ecco perché, oltre a raccomandare la devozione a san Giuseppe e l’imitazione delle di lui virtù, la Chiesa, divinamente ispirata, lo ha costituito come Santo Protettore dei suoi figli nell’ora dell’agonia poiché solo lui ebbe la felice sorte d’essere assistito, nel momento del suo trapasso, da Gesù e da Maria. Con questa scelta la Santa Madre Chiesa vuole assicurarci la speranza di avere al nostro capezzale san Giuseppe, che ci soccorra in compagnia di Gesù e di Maria, lui che ne ha sperimentato l’infinita potenza ed efficacia.
Anche attraverso le voci dei Sommi Pontefici e dei Santi, la Santa Chiesa ha sempre raccomandato la devozione a san Giuseppe, Sposo della Beata Vergine Maria e Padre putativo del Signore. Leone XIII con parole piene d’unzione spirituale dichiara, decreta in perpetuo e raccomanda nella sua Enciclica Quamquam pluries: «Tutti i cristiani, di qualunque condizione e stato, hanno ben motivo di affidarsi e abbandonarsi all’amorosa tutela di san Giuseppe. In lui i padri di famiglia hanno il più alto modello di vigilanza e provvidenza paterna; i coniugi un perfetto esemplare di amore, di concordia e di fedeltà coniugale; i vergini il tipo e, nello stesso tempo, il difensore dell’integrità verginale. I nobili, ponendosi innanzi agli occhi l’immagine di san Giuseppe, imparino a conservare la loro dignità anche nell’avversa fortuna; i ricchi comprendano quali sono i beni che occorre desiderare con ardente brama e radunare con impegno. I proletari, gli operai e coloro che hanno poca fortuna, ricorrano a san Giuseppe per un titolo o diritto loro tutto particolare e imparino da lui quello che debbono imitare. Infatti Giuseppe, sebbene di stirpe regale, unito in matrimonio con la più santa ed eccelsa tra le donne, padre putativo del Figlio di Dio, passò la vita sua nel lavoro e procurò il necessario per il sostentamento dei suoi con l’opera e l’arte delle sue mani». E il Papa Benedetto XV aggiunge: «Poiché questa Santa Sede ha approvato diverse maniere con cui onorare il Santo Patriarca, si celebrino con maggiore solennità possibile il Mercoledì ed il Mese che gli è dedicato».
È quanto mai opportuno dunque obbedire al monito della Chiesa che in vita e in morte ci esorta: «Ite ad Ioseph!»: Andate a Giuseppe!

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