MODELLI DI VITA
“Dal diavolo a Dio”. Adolfo Retté
dal Numero 5 del 5 febbraio 2017
di Paolo Risso

“Dal diavolo a Dio” è il titolo dell’autobiografia di quest’uomo singolare, che ha cercato di aggrapparsi agli ideali “più folli e più laici”, pur di non dover venire a contatto con l’idea di Dio, che tuttavia lo “insegue”. Ma mentre crollano tutte le illusioni, nella foresta di Fontainebleau sente una Voce.

Non conobbe mai la gioia di una famiglia. Era nato a Parigi il 25 luglio 1863, ma suo padre si trasferì presto in Russia come precettore di un Granduca. Sua madre, musicista, si occupava del figlio solo quando ne aveva voglia. Il piccolo Adolfo Retté riceve il Battesimo per iniziativa della nonna, mentre suo nonno, rettore dell’Università di Liegi, ateo accanito, si oppone a ogni sua formazione cristiana.
A 14 anni, Adolfo va in collegio, dove il padre esige che diventi protestante. A 18 anni si arruola per 5 anni nell’esercito francese e conduce vita dissoluta. Ottenuto il congedo dal militare, intraprende “una carriera letteraria”, che sarebbe meglio definire carriera di peccati e di vizi.

“E se Dio esistesse...?”

Nel 1894 si innamora di una brava ragazza, alla quale impone un’unione solo civile. Malgrado l’amore della “moglie”, Adolfo è un coniuge infedele e violento. Vittima di prepotenze e di soprusi, la sposa muore prematuramente. Adolfo se ne infischia e va a convivere con una donna senza morale e insieme, tra litigi continui, dilapidano le loro magre risorse.
Ormai è totalmente ateo. È ossessionato dalla voglia di schernire la Chiesa. Una sera, a Fontainebleau dove abita, all’osteria, davanti a una trentina di operai afferma che la scienza spiega tutto, che la Religione non serve a nulla. Uno degli operai però gli risponde: «Se Dio non c’è, chi ha creato il mondo? Che cosa dice la scienza sull’origine del mondo?». Adolfo ha l’onestà di dire che la scienza non sa spiegare l’origine del mondo.
Da quella sera, gli risuona in mente: “Chi ha creato il mondo?”. Di notte non può più dormire, perché gli ronza sempre in mente la domanda: “E se Dio esistesse...?”. Inizia per lui un periodo di tormento continuo alla ricerca di qualcosa o di qualcuno che spieghi e calmi l’inquietudine del suo cuore. Diventa anarchico, illudendosi che abbattendo tutto, Dio, famiglia, religioni, leggi e tradizioni, gli uomini si abbraccino gli uni gli altri, nella fraternità piena.
Ma presto capisce che la società anarchica felice non può esistere, perché gli uomini sono troppo inclinati a cercare il proprio interesse. Allora, Adolfo, per qualche tempo, si avvicina a Clemenceau, l’illustre politico francese, detto “Le Tigre”, e ai radicali. È il periodo della sua vita in cui bestemmia di più. Mette in ridicolo la vita di Gesù, che chiama “il Galileo” come l’aveva chiamato Giuliano l’apostata.
Tuttavia detesta la politica dei ministri francesi che tra l’800 e il ’900 chiudono e sopprimono le Congregazioni religiose. Tutto però lo delude e si ritira in solitudine nella foresta di Fontainebleau. Lì nel silenzio, sente una Voce che gli ripete: «Tu non sei più uomo, sei una fogna!». Sente la necessità di un ideale elevato e si rivolge alla filosofia di Kant, ma vede che la religione di Kant che nega ogni rivelazione e pure fonda la morale solo sull’uomo, perché Dio sarebbe irraggiungibile dalla ragione, lo delude totalmente.
Un giorno del giugno 1905, mentre legge il Purgatorio del nostro Dante Alighieri, è colpito dalla gioia delle anime purganti, sofferenti ma liete di espiare per volare al più presto al cospetto di Dio. Un raggio di gioia lo investe: “Ma la Religione cattolica afferma che il peccatore può pentirsi, riparare, diventare amico di Dio, nonostante il peccato commesso? Ma anch’io posso essere salvato? Che fortuna per me, se Dio esistesse!”.
Quando torna a casa, lo accoglie la sua “compagna”, ma Adolfo ormai ha altri pensieri per la mente. Quella non capisce più nulla. L’indomani, nella passeggiata nella foresta, passa in rassegna tutti gli errori e i peccatacci della sua vita, ed esclama: «Sono un uomo finito. Che cosa mi rimane?». Una Voce interiore gli dice: «Non temere. Ti rimane Dio!».

“Il Verbo si è fatto uomo”

Si appoggia al tronco di una quercia e continua a domandarsi: “Ma perché siamo al mondo? Cento religioni non sanno rispondere ai grandi perché della esistenza. Tra tanta incertezza, solo la Chiesa Cattolica è rimasta immutabile. E questo dura da 19 secoli. L’umanità cambia, ma la Chiesa risponde all’uomo con la Verità del suo Fondatore, Gesù Cristo, consolante e salvifica!”. Adolfo cade in ginocchio presso la quercia e prega: «Dio mio, se esisti davvero, soccorrimi. Ma Tu, Dio, ci sei e puoi soccorrermi!».
In quel momento, sul sentiero passa un Sacerdote, che recita il breviario e Adolfo lo sente mormorare le parole che l’Evangelista Giovanni dice di Gesù: «Il Verbo si è fatto uomo ed è venuto ad abitare in mezzo a noi». Adolfo, dopo aver chiesto al Sacerdote di pregare per lui, ripete senza fine le parole che ha sentito e che sono la chiave dell’uomo, della storia, del tempo e dell’eternità: «Il Verbo si è fatto uomo ed è venuto ad abitare in mezzo a noi». Ecco, ora sta incontrando Gesù Cristo, quel Gesù che solo al mondo affascina e converte, dà vita nuova, divinizza l’uomo.
Comincia a pregare Gesù in tutte le sue afflizioni, nei suoi rimorsi, nella nausea che prova di se stesso, e sperimenta che Gesù gli viene incontro, esigente più di ogni uomo, ma anche più amico di ogni uomo. Di tanto in tanto sente la sua Voce che lo chiama, lo rimprovera, lo conquista... e prova una grande pace. Ma sente anche le voci di satana, che lo vorrebbe trattenere, ma che lo lascia sconvolto. Gesù, nel silenzio e nell’invocazione della sua anima distrutta, gli dice: «La mia misericordia è infinita. Spera e prega. Va’, umiliati davanti al mio rappresentante, il Sacerdote. Tu cambierai vita e piangerai i peccati, i tuoi vizi per tutta la tua esistenza».
Durante un’altra passeggiata, scorge in cima alla roccia di Cornebiche la cappella dedicata alla Madre della divina Grazia. Si arrampica fin lassù a pregarla: «Madre, prega il tuo divin Figlio di ispirarmi ciò che devo fare». Una voce dolcissima gli suggerisce: «Va’ a trovare un Sacerdote, confessati, rientra nella Chiesa Cattolica». Lui resiste a quella voce: «Non posso, ho paura!».
Nella stessa epoca, Adolfo si separa dalla sua concubina. Allora la Voce che da tempo lo tormenta, gli ripete: «Dio! Dio è presente». Ha come l’impressione di vedere Gesù Crocifisso con un Volto di ineffabile amore: «Tu sarai mio, farai penitenza dei tuoi vizi. Chiamerai altre povere anime a diventare mie!».
Si reca a Parigi e incontra il poeta François Coppée che lo indirizza a un giovane Sacerdote dall’anima ardente per Gesù. Lo riceve il giorno stesso e Adolfo gli apre la sua povera anima distrutta dalle colpe, la sua vita di vizioso e di bestemmiatore, di furioso nemico della Chiesa. Il Sacerdote non si spaventa né si impressiona: «Caro amico – gli dice –, ora lei si pente e cambia vita completamente. Dovrà riparare al massimo il male che ha compiuto. Ma le sue lacrime di sangue sono già state accolte da Gesù».
Il Sacerdote gli dà il catechismo da studiare. Gli raccomanda di imparare le preghiere del buon Cristiano: il Padre nostro, l’Ave Maria, gli atti di Fede, Speranza e Carità, il Credo. Gli insegna a fare il Segno della croce. Gli raccomanda di pregare la Santa Vergine. Adolfo si applica a studiare il catechismo e lo trova meraviglioso. Legge la Passione di Gesù nei Vangeli e comprende che è stato lui a crocifiggere Gesù, a martellargli i chiodi nelle mani e nei piedi con i suoi orribili peccati. Ma sente che Gesù ora lo accoglie: «Io, o Agnello mio Redentore, sono stato io a metterti in croce!».
Quando si sente preparato, ritorna dal Sacerdote e gli fa la sua Confessione generale: «Sentivo – scriverà – che Gesù era presente tra me e il Prete, che toglieva le colpe dalla mia anima e le sparpagliava come polvere ai suoi piedi adorabili». All’assoluzione, prova una gioia immensa, che sarà ancora più grande quando l’indomani partecipa alla Messa e si accosta per la prima volta a ricevere Gesù nella Comunione: «Né i più raffinati piaceri dei sensi e neppure l’ebbrezza cerebrale della poesia e dell’arte si avvicinano all’estasi che ho provato davanti alla piccola Ostia santa».
Siamo nel 1906. Adolfo Retté ha 43 anni.

Apostolo di Gesù

La sua conversione è la prova straordinaria della vera misericordia di Dio, la misericordia che converte e crea l’uomo nuovo a immagine di Gesù. Poco dopo la sua Prima Comunione, Adolfo si ritira in solitudine e divide il suo tempo tra la preghiera (la Messa e il Rosario alla Madonna!) e la redazione della sua autobiografia: Dal diavolo a Dio, che esce a Parigi nel 1907. È il punto di partenza di una nuova proficua attività che definisce: «Mostrare Gesù Cristo ai miei contemporanei».
Dal 1907 alla morte (1930) scrive una ventina di volumi in cui invita i lettori a vivere alla presenza di Dio, in unione a Gesù nella Passione. Lui stesso attinge la luce e la forza da Gesù-Ostia: «Santa Eucaristia, quanto sono da compiangere gli ignoranti e coloro che, smarriti, misconoscono le tue virtù. Quanto a me, so che sei la Sorgente di ogni bene, la fonte di speranza e di energia, anche nel dolore e nella solitudine, nell’abbandono degli uomini. Santa Eucaristia, sei tutta la mia gioia!».
Per dire il suo amore alla Vergine, a Gesù e alla Chiesa Cattolica, trova parole semplici e forti che toccano i cuori. Le sue opere gli procurano un’abbondante corrispondenza. Sotto la sua influenza, anche sua madre torna alla Fede. Parecchi medici, professori della pubblica istruzione, numerose persone smarrite nel positivismo, nell’ateismo, nel vizio, trovano Gesù e la gioia di vivere per Lui. Rende ferventi Cristiani tiepidi, suscita vocazioni. La sua conversione è prima di tutto espiazione di più di 40 anni di negazione di Dio, ma diventa riparazione con l’impegno apostolico di ricondurre molte anime a Lui.
Nel 1924, scrive: «A 61 anni, sono un uomo stanco che avendo sofferto molto e studiato moltissimo, comincia a credere. Inoltre pago equamente gli eccessi della mia folle gioventù». Muore a Beaume, l’8 dicembre 1930, festa dell’Immacolata. Sulla sua lapide ha voluto che si scrivesse: «In te, Domine, speravi». Un’immensa influenza di luce sulle anime.

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