I FIORETTI
“Vado a salvare un’anima”
dal Numero 2 del 15 gennaio 2017

Un caso di una conversione evidente viene riferito a proposito di un valente medico, il dottor Ricciardi, che viveva a San Giovanni Rotondo. Egli era ateo e aveva una particolare avversione per Padre Pio, oltre a non credere nel modo più assoluto nella missione divina della Chiesa e nel potere spirituale della stessa. Un giorno il medico fu colpito da una infermità talmente grave, da far decretare ai sanitari del paese e ad alcuni illustri clinici venuti da fuori che la malattia era purtroppo inguaribile e che non vi era altro da fare che attendere la fine, molto vicina, del paziente. Molti Sacerdoti lo visitarono, cercando di ricondurlo a Dio, ma egli li respinse sempre con ostinazione. L’Arciprete del paese, amico personale del Ricciardi, tentò di convincerlo a ricevere i Sacramenti, ma egli lo allontanò in modo piuttosto brusco, affermando che intendeva morire in modo coerente a come era vissuto; in ogni caso egli non intendeva assolutamente confessarsi.
La sera stessa, raccontano i devoti del Frate, Padre Pio uscì dal Convento, malgrado il divieto di farsi vedere in pubblico e, sordo alle esortazioni del Frate guardiano, affermò: «Devo andare a salvare un’anima». [...]. E infatti sotto la neve si avviò frettolosamente verso l’abitazione del dottore, accompagnato dai Frati e circondato da una folla enorme che, avuta notizia dell’uscita eccezionale del Padre, si era riversata sulle strade. Tutti si soffermarono in ginocchio davanti alla casa del Ricciardi. Il Padre, entrato da solo nell’appartamento, si avvicinò al morente e si chiuse nella stanza con lui. Non si sa che cosa avvenne tra i due, che cosa si dissero e che avvenimento strepitoso poté convincere il Ricciardi, certo è che il medico morente si confessò, ricevette i Sacramenti e, quando i parenti furono riammessi nella camera del malato, lo trovarono piangente, abbracciato a Padre Pio. Mentre questi si allontanava, il dottor Ricciardi gli disse: «Padre, beneditemi ancora una volta. Per me non c’è più speranza, fra qualche ora sarò morto e voglio lasciare il mondo col vostro perdono e con un’altra vostra benedizione». Il Frate, sorridendogli dolcemente, gli rispose: «La tua anima è guarita, il corpo guarirà prestissimo. Verrai molto presto a rendermi la visita di questa sera, al convento». E infatti, con grande stupore di tutti i medici, che non riuscirono a dare una spiegazione scientifica al prodigio, il Ricciardi guarì dopo qualche giorno. Rimase in vita, praticando i precetti della Chiesa, molti anni ancora, e si dimostrò fra i più devoti, fedeli, amorevoli seguaci di Padre Pio.
Un altro ateo, tale Andrea Bacile di San Martino in Pensilis (Campobasso), una sera che aveva violentemente litigato con la moglie, vide entrare nella sua stanza Padre Pio, che lo guardava severamente. Fu talmente colpito da quell’apparizione e da quello sguardo, che decise che doveva andare a confessarsi. In segno di penitenza, volle andare a piedi a San Giovanni Rotondo, rimanendo digiuno durante tutto il tragitto. Dopo essersi confessato con Padre Pio, al quale non aveva detto di essere digiuno, questi, concessagli l’assoluzione, gli disse dolcemente: «E ora va a mangiare».

Franco Bevilacqua, Le opere e i miracoli di Padre Pio, pp. 228-229



“Ma non sei ateo?”


Dicevo della presenza costante di Padre Pio nella nostra casa. Infatti, tutti in famiglia lo abbiamo conosciuto personalmente. Fin da bambini andavamo con i nostri genitori al Santuario e partecipavamo alla Messa mattutina; c’era, a volte, tanto freddo, e la Messa era tanto lunga, ma nessuno di noi mostrava il minimo segno di insofferenza. In particolare, ricordo lo sguardo vivo di quel Frate dalla lunga barba che sembrava penetrare i pensieri più nascosti. Ho il rammarico di non aver voluto mai confessarmi con lui, non so se per timore, riverenza o soggezione.
Un episodio fra i tanti mi è rimasto impresso. Un giorno, attraversando il Gargano con alcuni amici, passammo per San Giovanni Rotondo e naturalmente proposi di andare a visitare il Santuario, ma uno del gruppo, Ettore Pontieri, non volle entrare perché non credente; io, ridendo, gli dissi che nessuno lo avrebbe privato del suo “ateismo” se fosse entrato a visitare una piccola chiesetta, peraltro molto carina. Infatti, così facemmo. Si stava svolgendo la funzione pomeridiana. Al momento della Consacrazione, questo amico, che fino a quel momento aveva mostrato un atteggiamento annoiato e distaccato, s’inginocchiò e rimase così per lunghissimo tempo. La gente cominciava a uscire e lui era lì, immobile, assorto, sordo ai miei inviti a venir via. Quando finalmente uscì, comprò un numero imprecisato di immaginette del Frate, coroncine, statuine, libri. Gli chiesi: «Ma non sei ateo?». «Sì, lo ero, ora non so, non capisco, mi sono trovato in ginocchio e non so come, qualcosa più forte di me mi ha spinto a farlo. C’è una forza in quello sguardo che annulla ogni volontà, sento qualcosa di diverso in me. Ritornerò ancora».
Ecco, questo era Padre Pio: una sua parola, un semplice sguardo ti toccava nel profondo. Ed oggi che non c’è più, quando si entra nella sua chiesetta sembra che sia lì, ad accoglierci.

Antonio Pandiscia, Il mio Padre Pio, pp. 126-127

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