Le anime delle Religiose sante hanno sempre sentito il bisogno e la responsabilità di pregare e operare per promuovere la santità sacerdotale. Alcune lettere di due grandi Sante non distanti dai nostri tempi ne sono un manifesto eloquente e commovente.
La realtà della Maternità spirituale verso i Sacerdoti alla quale la Congregazione per il Clero, in questi ultimi anni, ha richiamato, invitando soprattutto le donne consacrate e prenderla in considerazione e a viverla, non è una novità, ma si inserisce nella Tradizione viva di questa Madre Chiesa che da secoli si prende cura in particolare del Sacerdozio.
Lo Spirito Santo ha suscitato tante forme di sostegno ai Sacerdoti, tra cui, anche quella della preghiera e dell’offerta delle anime consacrate. Nell’Ordine delle Carmelitane scalze, santa Teresa d’Avila tra gli scopi principali della fondazione metteva quello della preghiera per i Sacerdoti, e le sue figlie migliori hanno saputo vivere in maniera intensa ed esemplare questa vocazione di sostegno al Sacerdozio.
È ben noto l’amore che santa Teresa di Gesù Bambino aveva per i Sacerdoti e come abbia vissuto come sua specifica vocazione personale la maternità nei confronti di essi. I suoi scritti autobiografici e le sue lettere sono pervasi di questa tensione di amore fraterno per le anime sacerdotali. Scrive: «Quello che venivo a fare al Carmelo, lo dichiarai ai piedi di Gesù Ostia, nell’esame che precedette la mia Professione: “Sono venuta per salvare le anime, e soprattutto a pregare per i sacerdoti”». (Manoscritto autobiografico). Ella spiega con entusiasmo alla sorella che sebbene non possa salvare le anime attraverso il ministero sacerdotale, può essere la madre di tante anime proprio attraverso quei Sacerdoti per i quali prega e si sacrifica: «Ecco le parole di Gesù: guardate come nel cielo vi sono dei posti vuoti, spetta a voi riempirli... domandatemi operai ed io ve ne manderò. Non aspetto che una preghiera, un sospiro del vostro cuore. L’apostolato della preghiera non è forse, per così dire, più elevato che quello della parola? La nostra missione è di formare degli operai evangelici che salveranno milioni di anime delle quali noi saremo le madri. Io trovo che la nostra parte è veramente bella! Che cosa abbiamo da invidiare ai sacerdoti?» (Lettere, n. 114). Questa domanda di una delle più grandi Sante, nonché “dottore” della Chiesa, dovrebbe risuonare alle orecchie di quelle donne, e persino consacrate, che per una malintesa rivendicazione dei diritti femminili, desiderano che il Sacerdozio ministeriale sia esteso anche alla donna!
Scrive ancora la Santa alla sorella Celina: «Celina mia, viviamo per le anime, salviamo soprattutto le anime dei sacerdoti, queste anime che dovrebbero essere più trasparenti del cristallo!» (Lettere, n. 73). Nel formulare un proposito per il nuovo anno, scrive ancora a Celina: «Bisogna che quest’anno formiamo molti sacerdoti che sappiano amare Gesù! Che lo tocchino con la stessa delicatezza con cui lo toccava Maria nella sua culla» (Lettere, n. 79).
Nella sua autobiografia racconta la gioia immensa che ebbe quando Dio volle donarle prima uno, e poi ancora un altro “fratello Sacerdote”: «Da grandissimo tempo avevo il desiderio, che mi pareva completamente inattuabile, di avere un fratello sacerdote [...]. Ed ecco, Gesù non solamente mi ha fatto la grazia che desideravo, bensì mi ha unita con i legami dell’anima a due apostoli suoi, i quali sono divenuti fratelli miei». Le lettere che ella scrive ai suoi “fratelli spirituali” sono dei piccoli capolavori di grazia e di amore soprannaturale nelle quali ella comunica il suo amore per Dio, il suo zelo per le anime e per l’apostolato missionario, il suo sostegno incessante, attraverso la preghiera e il sacrificio, alle loro anime, il suo affetto e la sua vicinanza, dicendosi disposta a intensificare il suo fervore e a far tutto ciò che dipende da lei per ottenere loro ogni grazia necessaria alla loro vita e al loro ministero, ma chiedendo a sua volta il ricordo di lei ogni mattina all’altare perché sia sempre più “infiammata di Amore divino”.
Alla “piccola Teresa” si affianca, con profonda affinità, Elisabetta della Trinità, canonizzata lo scorso 16 ottobre 2016, anche ella Carmelitana scalza, morta a soli 26 anni. Nella sua breve vita religiosa (soli 5 anni) la preghiera per i Sacerdoti occupa un posto preponderante. Il Signore la unirà in particolare ad un Sacerdote suo conoscente del quale seguirà, passo per passo, la sua preparazione all’Ordinazione sacerdotale e gli inizi del suo ministero, avendo la gioia di poter partecipare alla sua prima Messa, celebrata proprio nella cappella del Carmelo. A questi indirizza delle lettere nelle quali trasfonde tutta la ricchezza della sua anima spiccatamente contemplativa. Scrive nella lettera n. 183: «Mi unisco alla sua commozione e alla gioia profonda della sua anima nell’aspettativa dell’Ordinazione e le chiedo di unirmi a lei in questa effusione di grazia. Dal canto mio recito ogni mattina l’ora di Terza per lei, affinché lo Spirito d’amore e di luce discenda “in lei per operarvi tutte le sue creazioni” [...]. Sant’Agostino dice che “l’amore, dimentico della propria dignità, ha sete d’elevare e ingrandire l’essere amato: la misura dell’amore è di essere senza misura”. Domando a Dio di colmarla con questa misura senza misura, cioè secondo “le ricchezze della sua gloria” (Ef 3,16). [...]. Il giorno 8 [dicembre] celebreremo nelle nostre anime una bella festa alla nostra Madre e Regina Immacolata, le do appuntamento sotto il suo manto verginale». E ancora: «San Paolo nella sua epistola ai Romani dice che “quelli che Dio ha conosciuto nella sua prescienza, li ha pure predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo” (Rm 8,29). Mi sembra che queste parole si addicano a lei particolarmente. Non è lei forse quel predestinato che l’Eterno ha scelto per essere il suo sacerdote? Sono ben convinta che nella sua azione d’amore, il Padre si china sulla sua anima, la plasma con la sua mano e col suo tocco delicato affinché la rassomiglianza col divino Ideale vada crescendo sempre, fino al gran giorno in cui la Chiesa le dirà: “Tu es sacerdos in aeternum”. Allora tutto in lei sarà, per così dire, una copia di Gesù Cristo» (Lettere, n. 198).
Pochi giorni prima della sua Ordinazione sacerdotale, la Santa scrive ancora al chierico, compenetrata profondamente del grande mistero che si realizzerà nell’anima del suo fratello spirituale, e non trova cosa migliore da fare, per aiutarlo a vivere bene il grande momento, che additargli la Vergine Maria: «Ho chiesto il permesso di scriverle per dirle che la mia anima era tutt’uno con la sua, in questi ultimi giorni che precedono la sua Ordinazione, ma ecco che avvicinandomi a lei, davanti al grande mistero che si prepara, non so fare altro che tacere e... adorare gli eccessi d’amore del nostro Dio! Insieme con la Vergine, lei può cantare il suo “Magnificat” e trasalire in Dio suo Salvatore, perché l’Onnipotente opera in lei cose grandi ed eterna è la sua misericordia... Poi, come Maria, conservi tutto questo nel suo cuore tenendolo vicino a quello di Lei, perché questa Vergine sacerdotale è anche essa “Madre della divina grazia”, e nel suo amore vuole prepararla a diventare “quel sacerdote fedele, interamente secondo il cuore di Dio” di cui egli parla nella Sacra Scrittura (1Sam 2,35)» (Lettere, n. 199).