RISPOSTA AI LETTORI
“Buona fede”... fino a che punto giustifica?
dal Numero 46 del 27 novembre 2016

Mi sembra si abusi molto oggi dell’espressione “buona fede”. Tanti delitti e comportamenti sbagliati sono giustificati per il semplice fatto della “buona fede”. Così però non si costruisce una società ordinata ma si mantiene volontariamente l’errore dell’ignorante per poterlo giustificare. Se la buona fede è una tavola di salvezza (le parole di Gesù sono chiare: “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno”), tuttavia le esortazioni alla “retta fede” e a combattere l’errore sono molto scarse in rapporto ad una mal compresa “misericordia”...

Remo D.

Certo, la misericordia non cancella la giustizia divina ma la perfeziona. Le azioni dell’incosciente e dell’ignorante non possono essere una norma. Come insegna da sempre la Teologia cattolica bisogna “ammonire i peccatori” e “insegnare agli ignoranti”. Anche queste sono opere di misericordia, detta “spirituale”, perché mirano a correggere una “buona fede” distorta in quanto orientata al peccato, allo sbaglio, all’errore pur con retta intenzione.
Se la coscienza erronea infatti può scusare il peccatore, non può però giustificarlo del tutto. Rimane la materia grave del peccato che come tale va riparata. Compito della Chiesa è proprio quello di educare-accompagnare il malcapitato nelle nebbie del peccato per riportarlo ad una coscienza retta, e di lì ad una situazione di giustizia. Così fece Gesù con l’adultera, non condannandola ma intimandole: «Va’ e non peccare più» (Gv 8,11).
La misericordia non avrebbe alcun valore, alcun contenuto pedagogico se non fosse accompagnata dal pentimento e desiderio di cambiare vita, dal manifesto proposito di non peccare più. Certo non è sempre facile ed immediata l’uscita dal peccato ma con la ripetizione di atti virtuosi, la fuga delle occasioni, il disprezzo di cuore di tutto ciò che può provocare l’istinto al peccato, questo può essere vinto.
La Grazia agisce su vari piani: intellettuale, morale, spirituale, pratico. Non sempre garantisce una vittoria totale, ma certamente con la buona fede del peccatore pentito può realizzare anche per gradi il miracolo di una piena liberazione: «Giunsero a Betsàida, dove gli condussero un cieco pregandolo di toccarlo. Allora preso il cieco per mano, lo condusse fuori del villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: “Vedi qualcosa?”. Quegli, alzando gli occhi, disse: “Vedo gli uomini, poiché vedo come degli alberi che camminano”. Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente e fu sanato e vedeva a distanza ogni cosa» (Mc 8,22-25). Il racconto di questa guarigione ci fa capire l’accompagnamento di Gesù verso il cieco che guarisce non subito ma in due fasi successive. Così anche noi non dobbiamo fermarci e arrenderci ai primi tentativi non riusciti di abbandonare il vizio, ma dobbiamo perseverare, sicuri che la nostra buona volontà sarà accompagnata dall’aiuto divino e dal successo, quando Dio vorrà.

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