Parte integrante della virtù della temperanza è l’astinenza, il cui atto principale è il digiuno. In cosa consiste e in che modo e in quali tempi il cristiano ne è vincolato?
La virtù cardinale della temperanza ha ben nove parti integranti: astinenza e digiuno, sobrietà, castità, pudicizia, verginità, continenza, mansuetudine, clemenza, modestia (a sua volta distinta in quattro parti). Cercheremo di vederne ciascuna nel dettaglio, con i relativi vizi opposti.
L’astinenza, di cui il digiuno è l’atto principale, è la virtù in base alla quale, per fede e amore di Dio, ci si astiene dai cibi nella giusta misura, tutelando in ogni caso la salute e i reali bisogni personali (e anche tenendo conto delle esigenze delle persone con cui si convive). Essi, infatti, ordinariamente allontanano l’uomo dai beni più elevati, dall’attenzione alla vita spirituale e dalla vita interiore e diventano tanto più esigenti quanto più vengono assecondati. In questo l’importanza della temperanza è davvero fondamentale, perché tutti i beni sensibili hanno in sé lo stesso generale principio delle sostanze stupefacenti: tendenza all’assuefazione e forte impulso nell’aumentare la dose. Questo è evidentissimo per i piaceri venerei, per le bevande alcoliche, per i cibi ed anche per ciò che cade sotto il senso della vista (dato che gli occhi non si saziano mai di guardare e vedere cose sempre nuove e più intriganti). Senza il freno del digiuno e dell’astinenza – che ordinariamente cade sulla carne ma può interessare qualunque bene sensibile oggetto di rinuncia (tra i beni di oggi: la televisione, la musica, internet, Facebook, cinema, teatri, ecc.) – diventa estremamente difficile (se non praticamente quasi impossibile) avere e conservare un minimo di vita interiore e tendere alla perfezione cristiana.
Quattro sono gli scopi principali del digiuno: reprimere le concupiscenze della carne (san Girolamo sentenziava: «Senza Cerere e Bacco, Venere si raffredda»), elevare l’anima a contemplare le realtà sublimi; espiare e riparare i peccati; ottenere grazie dal Cielo.
Per quanto riguarda le forme del digiuno, tra quelle più comuni e più attestate nella storia e nella tradizione antica e recente della Chiesa, ne possiamo individuare tre, che elenchiamo in ordine di crescente “impegnatività” (mi si passi il termine). 1) Il digiuno cosiddetto “canonico”, attualmente obbligatorio (secondo la vigente disciplina ecclesiastica) due volte all’anno (il Mercoledì delle Ceneri e il Venerdì Santo) per tutti i fedeli cattolici che abbiano un’età compresa tra i 18 e i 60 anni. Questo digiuno consiste nella riduzione della colazione e di uno dei pasti principali (pranzo o cena), mentre l’altro pasto può essere fatto o in maniera estremamente leggera (una porzione di minestra, una ridotta porzione di pasta) oppure a pane e acqua. È facoltà della persona (ma non obbligatorio) anche omettere del tutto tale pasto (uno dei due principali). Dal digiuno canonico si può essere dispensati (per giusta causa) come da altre leggi ecclesiastiche (tipo il digiuno eucaristico) dal Parroco nella cui giurisdizione ci si trovi attualmente. Fuori dei casi in cui è obbligatorio, ogni fedele, previo sempre consiglio di un prudente ed attento Confessore o Direttore spirituale, può decidere di praticarlo anche in altri momenti e circostanze. 2) Il digiuno “a pane e acqua”. Molto più impegnativo del primo, consiste nel cibarsi per 24 ore (da mezzanotte a mezzanotte) di solo pane e acqua. A quanto pare sembra consentito, dato il carattere impegnativo di tale digiuno, assumere durante la giornata qualche bevanda zuccherata (per esempio il caffè), specie se ciò fosse richiesto per adempiere i propri doveri di stato o di lavoro. 3) Il digiuno rigoroso. Consiste nel limitarsi per 24 ore ad assumere solo acqua (ed eventualmente qualche caffè zuccherato, come nel caso precedente). Tale digiuno richiede un ottimo stato di salute ed anche una condizione fisica che consenta di sopportarlo. Si badi che sia il digiuno a pane e acqua che (a maggior ragione) quello rigoroso richiedono, per ovvie ragioni di prudenza, di essere soggetti a discernimento e autorizzazione di un prudente Direttore spirituale o Confessore che conosca bene l’anima, le sue disposizioni, la sua vita interiore e le sue condizioni generali e complessive di salute.