“E se vi ammazzano?”. “Andremo in Paradiso”, risposero Davide e Gildo al Sacerdote preoccupato della loro richiesta di poter insegnare il catechismo ai loro conterranei. Non temevano la morte perché li spingeva l’amore di Dio e perché “anche Cristo è morto per noi!”.
Nel 1911, i Missionari Comboniani erigono la loro prima missione a Gulu nel Nord dell’Uganda, in Africa centrale. Di lì a poco la loro azione si dilata in varie direzioni nel Paese che al momento è una colonia inglese. Nel 1915 fondano la stazione missionaria di Kitgum. Ma lì i Padri trovano l’ostilità dei protestanti, giunti al seguito degli inglesi e la diffidenza della popolazione locale.
Battezzati e cresimati
Attorno al fuoco, punto d’incontro del villaggio, i missionari fanno conoscenza con i vari clan degli Acholi, la tribù che vive in questa regione. Un po’ per volta, si stempera la diffidenza della gente verso di loro, tanto che i missionari cattolici vengono identificati in maniera assai diversa dai protestanti. In breve gli Acholi mandano i loro figli a Kitgum a imparare il catechismo cattolico e a ricevere il Battesimo.
All’inizio del 1916 – cento anni fa – vengono amministrati i primi Battesimi solenni: nove in tutto. Una grande gioia, perché i missionari sono giunti là per convertire le anime a Gesù Cristo e per battezzarle nel suo Nome, nella Chiesa Cattolica. In quell’anno, da villaggi diversi, giungono alla missione anche Davide Okelo e Gildo Irwa. Padre Gambaretto, uno dei missionari, ricorda come Gildo, ancora bambino, gli fosse venuto incontro tutto festoso.
I due ragazzi frequentano il catechismo, si aprono alla fede e si innamorano di Gesù, e alla fine si decidono per Lui. Il 16 giugno 1916 vengono battezzati; il 15 ottobre dello stesso anno, sempre insieme, fianco a fianco, vengono cresimati e ricevono per la prima volta Gesù nella Prima Comunione.
Davide ha tra i 14 e i 16 anni, Gildo tra i 10 e i 12 anni: la loro età viene calcolata più o meno a occhio, mancando una documentazione scritta che certifichi la loro nascita.
Ricevuti i Sacramenti, Davide ritorna per qualche tempo al suo villaggio di origine; ma un giorno rientra alla missione a chiedere dei soldi per aiutare la famiglia di suo fratello Antonio, che di tanto in tanto si recava a insegnare catechismo a Paimol e lì era morto. Durante quella visita, chiede ai Padri di poter prendere il posto lasciato vacante da Antonio e di fare il catechista.
La sua richiesta è accettata e per alcuni mesi si reca a Paimol per far conoscere Gesù e il suo Vangelo. Il piccolo Gildo, invece, passa gran parte del suo tempo alla missione ad aiutare le Suore con i suoi piccoli servizi. Nel 1917 scoppia un’epidemia di vaiolo, che decima la popolazione, mentre gli stregoni dei diversi villaggi invocano gli spiriti per allontanare il male. Ma queste adunanze diffondono ancora di più il contagio. Così alla missione di Kitgum si apre un lazzaretto.
“Noi staremo insieme”
Il 1° novembre 1917, Gildo chiede di essere affiancato a Davide nella sua opera di catechista a Paimol. I due ragazzi dicono a Padre Gambaretto: «Se vuoi, andiamo noi due a Paimol». Il Padre espone le difficoltà, la fame dilagante e la barbarie di molti elementi della popolazione, e conclude: «Venite domani. Intanto ci pensiamo». L’indomani i due si presentano con le loro stuoie e chiedono di poter essere catechisti così come si chiede una grande grazia.
Padre Gambaretto risponde: «Dunque, siete disposti per Paimol? Sapete che la gente di quel posto è cattiva e tu, Gildo, sei tanto piccolo!».
«Davide però è grande, e noi staremo insieme».
«Ma se vi ammazzano?».
«Andremo in Paradiso».
«C’è anche Padre Antonio – aggiunge Davide – e io non temo la morte. Gesù non è morto per noi?».
Il missionario è commosso: «Padre, non temere – dice Gildo –, Gesù e Maria sono con noi».
Il Padre consegna Catechismo, Rosari e libretti ai due ragazzi, i quali, recitata insieme un’Ave Maria, partono per la loro missione. A Paimol sono accompagnati presso Bonifacio Okot, il capo dei catechisti, e accolti con rispetto dalle autorità locali.
L’indomani, inizia così la loro opera di catechisti. Davide, insieme con Gildo, all’inizio di ogni giorno raduna quelli che vengono al catechismo, per le preghiere del mattino, cui fa seguire il Rosario alla Madonna, non potendo i due catechisti partecipare alla Santa Messa quotidiana.
Lungo la giornata, Davide e Gildo vanno da un villaggio all’altro ad annunciare Gesù, a far catechismo, a fare conoscere e amare Lui. Negli intervalli di lavoro dei loro “discepoli” più grandi, tengono il catechismo ai bambini tanto sotto una pianta quanto nell’aperta pianura.
Gildo è di estremo aiuto a Davide nel radunare i più piccoli. Sa parlare di Gesù con particolare fascino e anche intrattenerli con giochi spassosi.
Di domenica, partecipano alla Santa Messa, sempre con la Comunione, dopo essersi confessati dal missionario e crescono nell’unione con Gesù, nell’amore sempre più forte per Lui, pronti a qualsiasi opera buona e a qualunque sacrificio. Si distinguono in mezzo ai costumi volgari di certi loro conterranei, per la singolare purezza e bontà di vita, apparendo come due angeli in carne e ossa, discesi dal Cielo.
I ragazzi del villaggio, a poco a poco, sono conquistati dalla loro testimonianza semplice e luminosa. Si inizia a costruire una piccola Cappella, e così nasce la comunità cristiana, nell’avvio della plantatio Ecclesiae, a opera di due catechisti.
“Per Gesù”
Difficoltà con la popolazione non ce ne sono e la vita prosegue serenamente, con i primi frutti di bene che stanno per essere raccolti. Poi all’improvviso, nell’ottobre 1918 si scatena la lotta tra i capi delle tribù della zona e gli stregoni diventano sempre più incattiviti contro il Cattolicesimo, “la religione straniera”, come dicono loro.
Tra sabato 19 e domenica 20 ottobre 1918, giunge a Paimol il capo-catechista Bonifacio, per trascorrere la domenica con Davide e Gildo. Ma scoppia una violenta agitazione e irrompe l’odio contro di loro. Il vero odium fidei è palpabile nell’aria. Segue un’estenuante discussione in cui i ragazzi affermano: «Siamo qui non per le parole dei bianchi, ma per la nostra fede, siamo qui per Gesù».
Bonifacio fa loro segno di fuggire, ma Davide e Gildo rispondono: «Abbiamo lavorato nella stessa opera per Gesù, Nostro Signore, e moriremo insieme per Lui». Bonifacio riesce a inforcare la bicicletta e a fuggire. Gildo e Davide restano. Al lunedì 21 ottobre, verso le 4 del mattino, cinque uomini inferociti giungono alla capanna, dove dormono i due ragazzi. Dopo averli percossi, li trascinano fuori con forza. Davide piange: «Aiuto... Non vedrò più la mia mamma!». Gildo lo conforta: «Perché piangi? Se ti uccidono, sei un innocente, un amico del nostro Dio».
Sono feriti a sangue. Davide, superato lo sconforto, risponde: «Io sono qui non per prendere i beni ad alcuno, ma per far conoscere e vivere la mia fede in Gesù Cristo, Figlio di Dio, unico Salvatore». Trascinato fuori dal villaggio, è ucciso con un colpo di lancia al cuore.
Gildo protesta: «Anch’io sono maestro di religione come Davide. Abbiamo lavorato insieme e insieme siamo pronti a morire per Gesù». Anche lui è portato fuori dall’abitato per essere ucciso (Tra parentesi: anche Gesù fu assassinato sulla croce fuori dall’abitato!). Con gli ultimi respiri, mentre il sangue gli sale alla gola, dichiara: «Ora andremo in Paradiso».
I loro carnefici li seppelliscono sommariamente nella terra ancora imbevuta del loro sangue. Nel 1962, Mons. Vignato, Vescovo missionario, raccoglie quel che resta ancora delle loro spoglie. Ma, giunto a Paimol, vi trova un gran numero di persone, molte delle quali testimoniano di essere diventate cristiane-cattoliche in occasione del duplice martirio di Davide e Gildo e sanno ancora parlare al Presule dei due giovanissimi Martiri, poco più che adolescenti.
I loro resti vengono allora deposti nella chiesa di Kitgum dove si trovano ancora oggi, a fondamento della comunità cattolica che anch’essi hanno contribuito a generare con la parola e il sangue. Già, perché «il sangue dei martiri – aveva scritto Tertulliano – è seme di nuovi cristiani». E questo è vero anche in Africa, succede dovunque.
Nel 1952 viene introdotta la causa di beatificazione che viene ripresa nel 1996. Il 20 ottobre 2002, Giornata Missionaria mondiale, il Santo Padre Giovanni Paolo II iscrive tra i beati del Cielo Davide Okelo e Gildo Irwa, Martiri, perché nella loro breve esistenza hanno amato e fatto amare il Signore Gesù, unico Salvatore anche dell’Africa e di ogni terra, e sono stati immolati per Lui.
Entrambi opera della Grazia divina e della loro risposta senza limiti e incondizionata al Signore Gesù. In semplicità e letizia, come la cosa più normale del mondo. Normale per chi crede nel Cristo Gesù.