La scintilla della vera devozione alla Madonna è scoccata già nel Vangelo. Poco dopo che Gesù ha insegnato ai Discepoli come pregare e lodare il Padre, un breve episodio riportato da san Luca rivela come lodare il Figlio: esaltandone la Madre.
La Sacra Scrittura in generale, e i Vangeli in particolare, contengono una dottrina tanto sublime che persino nei particolari più minuti, negli aspetti secondari e nelle pieghe del testo si nascondono tesori per la nostra vita di fede e la nostra crescita spirituale. È questa la “fragranza” del Vangelo di cui parlava san Francesco, quell’inconfondibile aroma che ogni anima rettamente intenzionata e profondamente spirituale può gustare. Contro i perenni e perseveranti detrattori del culto mariano, che purtroppo in ogni secolo di storia della Chiesa crescono nel terreno della mediocrità spirituale e della compromissione con lo spirito del mondo, basterebbe ad esempio opporre un episodio tutto sommato marginale del racconto evangelico di san Luca. Al termine del grande discorso contro i farisei nel quale Gesù, dall’alto della sua evidente superiorità morale, respinge l’accusa di «scacciare i demoni per mezzo del principe dei demoni» (Lc 11,15) dimostrando invece di comprendere molto meglio dei farisei, in forza della sua scienza divina, l’operato del principe di questo mondo nelle anime, una donna alza la voce dalla folla in ascolto: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!» (Lc 11,27).
«Beato il grembo che ti ha portato»
Veramente interessante e significativo è notare che in uno dei momenti più intensi e drammatici del Vangelo di san Luca, quando lo scontro con l’ostilità e la grettezza di cuore farisaica porta il Redentore ad affermazioni nette e taglienti, la glorificazione del Figlio di Dio da parte di una donna, che è evidentemente la portavoce di quel “Resto d’Israele” pronto ad accogliere il seme divino del Vangelo, avvenga attraverso la lode della sua Madre. Non vi è qui, come già notavano i Padri della Chiesa, solo una netta affermazione della reale maternità fisica di Maria Santissima (il grembo e il seno) e quindi della sua Maternità divina, «per confondere la calunnia dei malvagi presenti e la perfidia dei futuri eretici» (San Beda), bensì anche una solenne indicazione da parte della divina Sapienza di come si debba lodare e glorificare il Figlio di Dio. Spinta da una forza soprannaturale, che le dà il coraggio di sfidare pubblicamente i potenti farisei attraverso la lode del loro divino avversario, a costo di ritorsioni dolorose, la devota donna della folla glorifica la sapienza divina delle parole di Gesù Cristo non lodando Lui stesso, come si sarebbe potuto fare per un qualsiasi maestro, e nemmeno, come sarebbe stato consono per un pio giudeo, rivolgendo ringraziamenti all’Altissimo che lo aveva dotato di così alto spirito.
L’anonima donna della folla, mossa da un’ispirazione soprannaturale e senza nemmeno riflettere a ciò che gridava ad alta voce, invece rivolge le sue lodi alla Madre di questo Messia di sapienza e potenza divina. Mirabile corso della Provvidenza divina: appena dopo che il Figlio di Dio aveva dimostrato efficacemente la sua divinità comandando sui demoni, lo Spirito divino soffia sulla folla per mostrare, attraverso l’anonima donna, come Dio voglia che il suo Divin Figlio sia onorato, cioè attraverso la preghiera e la lode della sua Santissima Madre.
La Provvidenza divina e le parole del Santo Vangelo c’istruiscono quindi come il modo migliore per lodare e dar gloria a Dio sia quello di farlo lodando la sua Divina Madre e, da un altro punto di vista, come ogni lode rivolta a Maria Santissima non sia altro che una lode al Divin Figlio. Vi può essere prova migliore che il culto di Maria sia voluto da Dio stesso? La prima lode rivolta a Gesù nella sua missione pubblica infatti non è altro che una fervorosa preghiera a Maria Santissima, in quanto Madre di Dio, che lo ha portato in grembo per nove mesi e lo ha allattato dal suo seno. L’ordine con cui Dio vuole che noi arriviamo a Lui non è altro infatti che l’ordine con cui Lui è venuto a noi, l’ordine della preghiera e dell’ascensione a Dio rispetta lo stesso ordine dell’Incarnazione, cioè della discesa di Dio tra noi: se il Verbo è venuto a noi attraverso Maria, noi non possiamo che andare al Verbo attraverso l’intercessione di Maria.
Quello che questa prima anonima donna, pioniera del culto mariano, ci ha mostrato corrisponde non solo all’ordine voluto da Dio ma anche all’istinto di tutti i Cristiani che, in ogni epoca, hanno sempre guardato a Maria Santissima come la madre a cui rivolgersi e la mediatrice che fa nascere, conservare e crescere la vita di Gesù in noi.
Se poi poniamo attenzione all’intero capitolo XI di san Luca vediamo che questo, prima della guarigione dell’ossesso e della disputa con i farisei si apre con il Divin Maestro che istruisce i Discepoli con la preghiera del Pater Noster. Bella coincidenza escogitata dalla Provvidenza divina: poco dopo aver istruito i Discepoli su come pregare il Padre, lo Spirito Santo ispira alla donna il modo migliore per pregare il Figlio, nostro Mediatore presso il Padre. Per pregare bene il Padre Nostro, come insegnatoci da Gesù, dobbiamo insieme pregare il Figlio, come vuole fare la donna ebrea, ma per arrivare al Figlio dobbiamo, secondo l’impulso dello Spirito Santo, rivolgerci alla sua Madre Santissima. In questo capitolo di san Luca, in cui il Vangelo ci offre una vera e propria scuola di preghiera cristiana in chiave trinitaria e mariana, c’è già l’ossatura di quel Santo Rosario che dovrebbe essere la preghiera privilegiata di tutti noi Cattolici: alternare cioè l’invocazione al Padre secondo le parole insegnateci dal Figlio, con l’invocazione alla Madre del Figlio, la “benedetta tra le donne” che porta “il benedetto frutto del suo grembo”, concludendo il tutto con l’invocazione alla Santissima Trinità verso cui ogni preghiera termina.
«Ancor più beati...»
La risposta di Gesù alla lode della donna però, come molti critici (con a capo i protestanti) dicono, sembrerebbe del tutto contraddire quanto abbiamo finora affermato: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano» (Lc 11,28). Secondo questi, in pratica, la risposta di Gesù non solo negherebbe ogni validità del culto mariano ma persino sarebbe un rimprovero alla sua madre e comunque un forte svilimento della dignità che deriva dalla sua Maternità divina. In realtà ogni buon fedele cattolico intuisce come tale interpretazione risulti indegna sia per la figura di Maria Santissima che per il Figlio, il quale non avrebbe certo potuto proferire un tale rimprovero pubblico rivolto alla Madre.
La filologia anzi va incontro al retto sensus fidei del popolo di Dio informandoci come la traduzione di “piuttosto” andrebbe invece corretta con “anche più”, senza alcun senso avversativo. Il Divin Maestro con le sue parole non starebbe, in altre parole, in alcun modo infirmando la dignità della Madre di Dio e ancor meno starebbe riprendendo la pia donna ebrea autrice della lode a Maria Santissima, ma vorrebbe bensì confermare, rafforzare e innalzare di grado le sue parole. Confermare e rafforzare in quanto Maria Santissima, lodata dalla donna ebrea in quanto Madre del Verbo Incarnato, in realtà, come dice Gesù, non va onorata solo per questo ma ancor più in quanto Lei risulta essere proprio il modello più perfetto di «coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano». Non fu proprio Maria Santissima ad ascoltare con riverenza e devozione le parole dell’Angelo, latore della Volontà divina, e immediatamente a metterle in pratica, presentandosi come la «serva del Signore» (Lc 1,26-38)? Non fu proprio Maria a essere ricordata per ben due volte nel Vangelo di san Luca come Colei che «conservava tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19; Lc 2,51)? Queste “cose” non sono altro infatti che le vicende che viveva, i prodigi che osservava attorno al Figlio e tutto ciò in cui scorgeva la Volontà divina alla quale con semplicità e umiltà sempre si uniformava. Gesù invita pertanto la donna ebrea e tutta la folla a passare dalla considerazione della maternità fisica di Maria, che pure fonda la sua dignità, alle note spirituali che accompagnano e impreziosiscono la sua dignità di Madre di Dio, in particolare nella fede esemplare e nell’uniformità paziente alla Volontà divina su di Lei: «Maria è più beata – afferma sant’Agostino – nel ricevere la fede di Cristo che nel concepire la carne di Cristo».
In secondo luogo il Redentore con le sue parole, apparentemente di biasimo, non solo conferma la lode della pia ebrea ma, passando dal singolare (“beata”) al plurale (“beati”), vuole ben indirizzare la lode e la devozione di tutti i fedeli di Maria: come insegnano i grandi Santi mariani la devozione a Maria non deve terminare in qualche espressione verbale di lode ma deve, attraverso la preghiera verbale e mentale, indirizzarsi all’imitazione di Maria, a riprodurre nella propria anima le virtù di Maria. Ora ciò che è imitabile di Maria non è certo la sua dignità eccellente di Madre di Dio, dono della benevolenza divina e privilegio accordato unicamente a Lei dalla volontà dell’Altissimo, ma quelle virtù che accompagnano tale dignità e che trovano il loro vertice nella “pienezza di Grazia”, ovvero in una carità eccelsa che la rende la prediletta dell’Onnipotente. Le parole del Signore non sono perciò un monito a evitare di lodare la Madonna come Madre di Dio, bensì a onorarla sì come Madre di Dio ma imitandola in ciò che è a noi possibile, soprattutto nell’attenzione all’ascolto della Volontà di Dio su di noi e nel metterla in pratica, accettando anche le conseguenze dolorose di questa.
Al termine di questo mese dedicato alla Madonna facciamo nostro, nella preghiera e nella vita, questo tesoro evangelico suscitato dalle parole di questa donna ebrea che il Vangelo ha abbandonato all’anonimato ma che è la vera precorritrice del culto mariano.