[...] Mio figlio ha deciso di fare un’esperienza in un ordine religioso. Io e suo padre abbiamo cercato di distoglierlo perché, date tutte le attività e le proprietà che abbiamo (abbiamo uno studio di commercialista molto avviato e diversi terreni e case da gestire) la sua scelta ci sembra inappropriata e molto probabilmente un’evasione dalle sue responsabilità di figlio (unico) ed erede del nostro patrimonio familiare. Il religioso in fondo vive come in un limbo, estraneo ai problemi veri del mondo e si esenta dalle responsabilità della famiglia con le sue croci e le sue battaglie [...] Non credo che tutti i religiosi siano così, ma nel caso di mio figlio noto una grande disaffezione alla realtà della famiglia a cui appartiene che va corretta... (Giuseppina R.)
Cara Signora, la vocazione religiosa è qualcosa di molto delicato ed anche sublime che non si può neppure spiegare pienamente qui sulla terra, tanto che Gesù per farvi accenno usa il paragone di «quelli che si sono fatti eunuchi da se stessi per il regno dei cieli» (Mt 19,12). Il tentativo di limitare un animo ispirato da Dio con le categorie semplicemente economiche e di responsabilità familiari significa non aver compreso la grandezza della vocazione religiosa e della vocazione cristiana in genere che non si realizza mai pienamente nelle realtà terrene, ma è aperta ad una più piena realizzazione nelle cose spirituali ed eterne.
Certo non si può negare che qualcuno nel corso della storia si sia fatto religioso per convenienza, vivendo una vita parassitaria ai danni degli altri religiosi, oppure per paura del mondo, come dice lei, delle sue croci e delle sue responsabilità. Proprio per questi motivi, che possono emergere accanto al seme della vera vocazione, la Chiesa è molto prudente prima di ammettere un candidato alla professione perpetua della vita religiosa con voti solenni; il cammino di formazione nei vari Istituti tra probandato, postulato, noviziato, prima professione e professione solenne, può andare da un minimo di cinque ad un massimo di dieci-undici anni, nei quali certamente il candidato, oltre che a formarsi e valutare bene la propria propensione alla vita religiosa, può anche avere un’idea di ciò che sta abbracciando e ciò che deve lasciare per divenire un Religioso secondo coscienza.
In dieci anni penso non si possa tanto fingere o imbrogliare se stessi e gli altri. Se si ha la vera vocazione si persevera, sennò si torna ad altre attività più consone al proprio stato.
Affidi il suo figliolo alla Vergine Immacolata e vedrà che con la Sua guida ed intercessione la verità verrà fuori. Se suo figlio è adatto alla vita religiosa dovrebbe solo rallegrarsi di questo, sarebbe una pioggia di grazie per la sua famiglia. Se no aveva ragione lei e può lo stesso rallegrarsi di continuare ad avere suo figlio vicino a sé.