La gravità degli argomenti oggetto del “Sinodo sulla sinodalità” desta preoccupazione e semina scandalo. Ma non tutti tacciono: cinque membri del Collegio cardinalizio hanno formulato al Santo Padre cinque “dubia” chiedendogli di chiarire le questioni che stanno al centro delle controversie del processo sinodale. Cosa ne è risultato?
Mercoledì 4 ottobre si è aperta a Roma la prima sessione del cosiddetto “Sinodo sulla sinodalità”. Per la prima volta, il Sinodo comprende non solo vescovi e sacerdoti, ma anche laici, comprese molte donne, che avranno diritto di voto alla pari dei prelati.
Sin dalla sua indizione, due anni fa, questo Sinodo ha suscitato perplessità e preoccupazione. Infatti, nell’intenzione dei suoi promotori più solerti, esso dovrà mettere in discussione la stessa struttura della Chiesa, cambiando la sua divina costituzione. Si vuole reinventare la Chiesa, trasformandola in una nuova Chiesa “costitutivamente sinodale”, cioè egualitaria e democratica. La Chiesa, dicono, deve diventare una “piramide rovesciata”. I pastori non devono più governare, insegnare e santificare, ma devono “ascoltare” il popolo, strumento privilegiato del soffio dello Spirito Santo. Il processo sinodale, ripetono, deve iniziare nel popolo, svilupparsi nel popolo e finire nel popolo.
In questo “popolo”, però, va rivolta una speciale attenzione alle cosiddette “minoranze emarginate”: omosessuali, coppie non sposate, famiglie poligamiche, militanti LGBT, femministe e via dicendo. Queste minoranze vanno “incluse radicalmente”, senza esclusione di nessun privilegio. Ed ecco che il Sinodo discuterà dell’ordinazione delle donne, di una formula per “benedire” le coppie omosessuali, dell’accettazione delle persone LGBT ad ogni livello della Chiesa.
Ora, questo non è possibile senza un cambiamento radicale nella teologia morale e sacramentale, cioè senza un cambiamento radicale nel magistero dogmatico della Chiesa. Si afferma che non dobbiamo avere paura di andare a toccare i dogmi, tanto questi sono espressioni di epoche storiche ormai superate.
Mettiamo tutto questo insieme, e viene fuori un panorama molto preoccupante: è in atto una vera e propria rivoluzione nella Chiesa, che vuole alterare gli elementi essenziali della sua costituzione e del suo magistero.
Naturalmente, questo ha suscitato molte perplessità. Un alto numero di prelati, compresi cardinali, hanno espresso la loro contrarietà alla piega che stava assumendo il processo sinodale. Molti teologi hanno pubblicato studi allertando contro i pericoli di andare a toccare la dottrina della Chiesa.
Più recentemente, è stato pubblicato a livello mondiale il libro Processo sinodale: un vaso di Pandora, del quale sono coautore. Il libro si fregia della prefazione del card. Raymond L. Burke, già prefetto della Segnatura Apostolica.
La reazione più importante, però, è venuta alla luce lunedì 2 ottobre, nella forma di un documento – i “Dubia” – rispettosamente presentati a papa Francesco da cinque cardinali: Walter Brandmüller, Raymond L. Burke, Juan Sandoval Íñiguez, Robert Sarah e Joseph Zen Ze-kiun.
Il Papa è il Vicario di Cristo e il Sovrano Pontefice della Chiesa Cattolica. Anzi, la Chiesa è fondata su di lui: «Ubi Petrus ibi Ecclesia, ubi Ecclesia ibi Petrus» (sant’Ambrogio). Al Papa si rivolge tutta la nostra venerazione. Ma, come stabilisce lo stesso magistero, l’autorità del Papa non è assoluta. Essa ha i limiti del messaggio di Nostro Signore Gesù Cristo, trasmesso a noi dallo stesso magistero e dalla Tradizione.
Concretamente, secondo il codice di diritto canonico, i fedeli hanno il diritto e il dovere di «manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa» (can. 212 §3). Questo diritto/dovere è tanto più notevole quanto più si va in alto nella gerarchia ecclesiastica, e raggiunge un apice nel Collegio cardinalizio. I cardinali sono stati nominati proprio per collaborare più strettamente col Sovrano Pontefice nel governo della Chiesa.
Fa parte della prassi ecclesiastica che un cardinale possa sottoporre in privato al Santo Padre perplessità, e anche qualche contrarietà. In mancanza di risposta, i cardinali hanno il diritto di esprimere tali perplessità, e perfino contrarietà, in pubblico nella forma di un “dubium”, al plurale “dubia”.
È ciò che hanno fatto cinque eminenti porporati quando, il 10 luglio 2023, hanno sottomesso a papa Francesco un elenco di cinque “Dubia” riguardanti cinque punti importantissimi del dogma cattolico e della prassi pastorale, messi in discussione in questi ultimi tempi, specialmente in occasione del Sinodo sulla sinodalità. Poiché i “dubia” sono un documento ufficiale, con un carattere canonicamente definito, anche la risposta del Papa dovrebbe seguire un certo iter dettato dal diritto canonico e dalla prassi. Così non è stato. Infatti il Papa ha risposto con una lettera privata. Questo ha spinto i porporati a riformulare i “Dubia” a papa Francesco in data 22 luglio 2023. Ecco quanto si può leggere nel documento di riformulazione dei “Dubia” in risposta alla lettera privata ricevuta dal Papa: «Beatissimo Padre, [...] con la stessa sincerità con cui Voi ci avete risposto, dobbiamo aggiungere che le Vostre risposte non hanno risolto i dubbi che avevamo sollevato, ma li hanno semmai approfonditi. Ci sentiamo quindi in dovere di riproporre, riformulandole, queste domande, a Vostra Santità, che come successore di Pietro è incaricato dal Signore di confermare i Vostri fratelli nella fede. Ciò è tanto più urgente in vista dell’imminente Sinodo, che molti vogliono utilizzare per negare la dottrina cattolica proprio sulle questioni su cui vertono i nostri dubia. Vi riproponiamo quindi le nostre domande, in modo che ad esse si possa rispondere con un semplice “sì” o “no”».
A fronte di una mancata risposta i cinque cardinali hanno deciso di pubblicare il 2 ottobre 2023 una “Notifica ai fedeli” su ciò che sta succedendo. E anche una “notifica” ha un carattere canonicamente definito: si tratta della più alta forma di manifestazione di dissenso che un prelato possa esprimere.
Un unico auspicio possiamo avere in tutto questo: la Santa Chiesa Cattolica ha la promessa divina dell’indefettibilità, e che le porte degli inferi non prevarranno su di essa.