Cosa rende spettacolari e innocue le aurore boreali? Perché la Terra può ospitare il miracolo della vita, mentre lo Spazio le è così ostile? Ecco le risposte che guidano il nostro sguardo dal cosmo a Dio.
Sebbene il loro nome possa evocare suggestioni fantascientifiche e visioni cinematografiche di saettanti fasci luminosi multicolori come quelli della saga Star Trek e similari, i “raggi cosmici” esistono veramente ed hanno una precisa identità fisica. Solo che sono perfettamente invisibili e, per di più, sono letali. La storia della loro scoperta è interessante e ci condurrà a compiere un’escursione oltre che nello spazio anche nel campo più rarefatto delle realtà spirituali.
La scoperta
Nel 1785 il grande fisico francese Charles Augustin de Coulomb (che oltre ad essere un valente scienziato è stato un uomo di grande fede), svolgendo degli esperimenti con l’elettricità, si accorse che succedeva qualcosa di inspiegabile. Osservando un elettroscopio, uno strumento che permetteva di quantificare la carica elettrica, si avvide che questo si “caricava” spontaneamente. Succedeva cioè che da qualche parte indefinita dell’ambiente provenissero delle cariche elettriche e si “riversassero” tra le piastre dell’elettroscopio divaricandole. In quel tempo i fenomeni elettrici ancora non erano ben compresi ma si sapeva che esistevano cariche positive e cariche negative e che queste si attraevano reciprocamente. Le si poteva ottenere facilmente strofinando l’ambra o il vetro con un panno e poi toccando il pomello dell’elettroscopio questo ne rivelava la presenza. Il mistero consisteva nel fatto che anche se nessuno compiva tale operazione l’elettroscopio si caricava da solo.
Solo nel 1911 un altro fisico, Victor Franz Hess, compiendo esperimenti più accurati riuscì a dimostrare che tali fantomatiche cariche non erano di origine terrestre ma provenivano nientemeno che dallo spazio siderale. Nel 1920 Robert Millikan (Nobel per la fisica nel 1923) coniò il nome suggestivo ed intrigante di “raggi cosmici” ma l’alone di mistero che li circondava lungi dal diminuire diventò quasi un’ossessione per fisici e cosmologi perché tutti si domandavano cos’erano e da dove provenissero, senza poter darne una risposta esauriente.
Dunque lo “spazio vuoto” interstellare non è affatto vuoto ma popolato di radiazioni multiformi che ne permeano la struttura e arrivano sulla Terra magari dopo un viaggio di miliardi di anni-luce. Per avere le idee un po’ più chiare gli scienziati sono stati costretti a recarsi nel cuore di una montagna: nei laboratori del Gran Sasso, sotto 3 km di roccia dove sembrerebbe che non può arrivare perfettamente nulla, si trovano invece ancora raggi cosmici. Com’è possibile questo? È possibile perché essi hanno un’energia enormemente superiore a quella raggiungibile nel più potente acceleratore di particelle in funzione sulla Terra.
Nel grande acceleratore di protoni LHC di Ginevra, vanto della ricerca applicata mondiale, sono ben lontani dal poter generare qualcosa di paragonabile ai raggi cosmici. Addirittura ci sono alcuni tipi di particelle che pur essendo infinitesime e microscopiche hanno il potere distruttivo di una palla da tennis lanciata a 100 km/h! E si tratta di qualcosa di più piccolo di un atomo.
La definizione
Una definizione rigorosa dei raggi cosmici è la seguente: «Particelle subatomiche eccezionalmente energetiche che viaggiano quasi alla velocità della luce, che pervadono l’intero universo e colpiscono tutti i corpi celesti, stelle, pianeti, satelliti, astronauti e soprattutto la Terra».
Anche a costo di essere un tantino pedanti è bene riportare la classificazione che (faticosamente) si è riusciti a darne con ricerche durate più di un secolo: esistono tre tipi di raggi cosmici.
1) Solari: sono i meno “violenti” ma i più numerosi, arrivano ad 1GeV di energia e una parte di essi, il cosiddetto vento solare, provoca sulla Terra le spettacolari aurore polari che incorniciano il Polo Nord e Sud di una fantasmagoria di luci soffuse ed evanescenti. Uno spettacolo indimenticabile. Ma alcune volte disturbano le trasmissioni radio e mandano in disservizio satelliti e reti di distribuzione elettrica con blackout molto temuti. Originati anche dalle Tempeste solari possono provocare uno “tsunami” di particelle cariche che arrivando in prossimità del pianeta potrebbe mandare in tilt internet, il web e quant’altro.
2) Galattici: questo tipo di raggi è emanato dalle stelle novae, dall’esplosione delle supernovae, dall’oggetto supercompatto che occupa il centro della Via Lattea e da altri astri esotici che popolano la nostra Galassia, tipo le stelle di neutroni. La loro energia è strabiliante: 1 milione di GeV! Per fortuna il loro numero è inferiore a quello dei raggi cosmici solari: pochi eventi per cm²/anno.
3) Extragalattici: questi raggi sono enormemente distruttivi perché la loro energia cinetica e intrinseca ha un valore incredibile: 1.000 miliardi di GeV (10 elevato alla 21 eV!). Da dove provengono? La loro origine è ancora un mistero. Qualcuno sostiene che siano prodotti dagli oggetti celesti più enigmatici i Quasars, cioè lontanissime Galassie attive che si trovano ai confini dell’universo visibile. Hanno viaggiato per miliardi di anni prima di arrivare sulla Terra. Sono questi che pur essendo di dimensione subatomica hanno la stessa forza di impatto di una pallina da tennis e trapassano e distruggono tutto quello che incontrano sul loro cammino. Sono però rarissimi: si stima un evento per cm²/secolo.
In tutti i pianeti, nulla di simile
Che cosa protegge la Terra da questi evanescenti, oscuri, abitatori dello spazio interstellare? Qui avviene qualcosa di incredibile e di rarissimo: l’atmosfera terrestre, l’aria nelle parti più elevate, trasforma i raggi cosmici in una cascata di raggi secondari che pur arrivando al suolo non fanno un gran danno: protoni (al 90%), nuclei di Elio (10%) elettroni, fotoni, ecc., si trasformano dopo l’urto con una molecola d’aria in una pioggia di particelle secondarie: kaoni, pioni (?) che a loro volta hanno una “vita” breve, decadono in muoni e neutrini. Le particelle cariche contenute nei raggi cosmici vengono “dirottate” verso i Poli magnetici dal campo geomagnetico. Lo stesso che muove l’ago delle bussole. Questa specie di ombrello magnetico neutralizza soprattutto il Vento solare generando le suggestive aurore boreali che pur essendo altamente spettacolari sono quasi innocue. Nelle epoche passate quando si è registrata una inversione del campo magnetico terrestre queste particelle colpivano la superficie terrestre e sono state causa (così pare) delle grandi estinzioni di massa di animali e piante.
D’altro canto il fatto che la Terra possegga un campo geomagnetico è frutto di una “coincidenza” anch’essa assolutamente unica: l’interno del nucleo centrale è costituito di ferro che ruotando si comporta come una “dinamo” e genera una campo magnetico.
In tutti i pianeti conosciuti non c’è niente di simile. Non dimentichiamo che nello Spazio (che come abbiamo visto poi così vuoto non è) la temperatura è di -270Cº! La pressione è zero! Cosa ci “salva” da questo inferno ghiacciato? L’atmosfera e la giusta distanza della Terra dal Sole: noi ci troviamo a 150 milioni di km dal Sole cosicché la quantità di radiazione che ci arriva è proprio quella che stabilizza la temperatura media terrestre sui 15°C, quella giusta per la vita.
Inoltre anche la massa planetaria e quindi il valore della forza di gravità è esattamente quello compatibile con la “dinamica” del corpo umano: se fosse maggiore ci muoveremmo con grande sforzo e goffamente perché il nostro peso sarebbe troppo, se fosse inferiore procederemmo a balzelloni come accade sulla superficie della Luna.
Uno dei motivi per cui la permanenza degli astronauti sulla Stazione Spaziale Internazionale in orbita intorno alla Terra deve essere limitata nel tempo è che in assenza di peso le ossa vanno incontro a decalcificazione e il sistema circolatorio subisce scompensi anche gravi...
Lo Spazio: ambiente mortifero
Che dire: la Terra è un vero “miracolo” vivente. Lo Spazio invece con i suoi raggi cosmici e le sue condizioni estreme è un ambiente altamente invivibile, e così lo sono anche la Luna, Marte, per non parlare di Mercurio, Venere, Giove, Saturno, Plutone e le loro lune, ecc., ecc... desolati deserti “sterilizzati” dai raggi cosmici. Supponiamo per un attimo che un astronauta che galleggi al di fuori della Stazione Spaziale subisca la rottura della tuta spaziale: la sua morte sarebbe quasi istantanea. Diventerebbe una statua di ghiaccio in pochi secondi. I raggi cosmici devasterebbero il corpo. Gli occhi schizzerebbero fuori dalle orbite perché la pressione precipiterebbe da 1 atmosfera a zero...
Questo è lo Spazio. Lo stereotipo dello Spazio come frontiera avventurosa di un’umanità proiettata alla conquista del cosmo, l’utopia di una patria futura tutta da colonizzare si scontrano con la dura realtà dei fatti: lo Spazio è un ambiente mortifero! Certo che con la tecnologia, tipo quella adottata sulla Stazione Spaziale, si può ovviare parzialmente a tutti questi impedimenti ma a che prezzo e soprattutto per quanto tempo? Anche una Base lunare che prevede lo stazionamento permanente di cosmonauti sulla superficie selenica deve fare i conti con queste difficoltà di sopravvivenza. Sulla Luna la temperatura delle zone esposte al sole è di +100°C e quella di una vicina zona in ombra è di -100°C! Il bombardamento dei raggi è implacabile. Il principale problema che angustia la NASA e l’ESA, per quanto riguarda un’eventuale missione su Marte, è la durata del viaggio (mesi e mesi) e soprattutto la schermatura dei raggi cosmici per cui gli astronauti, in caso di Tempesta s olare, dovrebbero rifugiarsi in una sorta di “guscio” d’acqua per non morire!
Non senza una punta di rammarico dobbiamo smorzare gli entusiasmi della “conquista dello Spazio” e renderci conto che vicino a noi un’altra Terra non c’è. Tutto si potrà fare ma nella consapevolezza che, con l’attuale tecnologia delle navicelle spaziali, per giungere in prossimità della Stella più vicina alla Terra, Alfa Centauri, il viaggio durerebbe circa 144.000 anni! E intorno ad Alfa Centauri non ci sono pianeti abitabili lontanamente simili alla Terra. Sarebbe auspicabile che anziché guardare al cosmo lontano ed inospitale, guardassimo piuttosto al nostro Pianeta e alla sua perfezione come culla della vita animale e vegetale.
La conoscenza approfondita dello Spazio dovrebbe far sorgere in noi questa domanda: com’è possibile che la Terra sia così esattamente calibrata, in tutte le dimensioni e funzioni, tale che la rendono unica nel panorama universale? La spiegazione più logica è che essa sia il frutto e la realizzazione di un intelligent design, un Progetto Intelligente di una Mente sovrumana... di Dio Creatore ed Ordinatore dell’universo.
Alla luce delle ultime scoperte in campo astronomico e cosmologico accettare un Principio antropico in forma forte è quasi un imperativo per la ragione umana. In altri termini la struttura stessa intrinseca del cosmo “impone” l’ipotesi di un Creatore che sapientemente ha formato un universo che ospita la vita.
Un’applicazione spirituale
A loro modo dunque, con il loro potere esiziale, i raggi cosmici confermano questo paradigma di pensiero: «...grande Dio è il Signore, grande re sopra tutti gli dèi. Nella sua mano sono gli abissi della terra, sono sue le vette dei monti. Suo è il mare, egli l’ha fatto, le sue mani hanno plasmato la terra. Venite, prostrati adoriamo, in ginocchio davanti al Signore che ci ha creati. Egli è il nostro Dio, e noi il popolo del suo pascolo, il gregge che egli conduce» (Sal 94,3-7).
I raggi benefici del Sole e la luce in generale sono per noi un potente simbolo spirituale. Nella sua prima Lettera san Giovanni apostolo arriva a dire: «Dio è luce e in lui non ci sono tenebre» (1Gv 1,3), camminare nella luce vuol dire essere in comunione con Dio e questo significa che la luce è anche simbolo della grazia, della partecipazione dell’anima alla Vita trinitaria. I raggi benefici della luce visibile sono il simbolo più potente anche delle grazie attuali: consideriamo per esempio quanto accadde a Rue du Bac a Parigi nel 1830 quando la Vergine apparve a santa Caterina Labouré per donarle la Medaglia miracolosa. «La seconda apparizione ebbe luogo nel settembre successivo e la terza, la più importante, il 27 novembre. Suor Caterina era in chiesa e stava meditando quando le apparve la Vergine vestita di bianco. Caterina descrive così la Madonna: “Stava in piedi, la sua veste era di seta e di color bianco aurora [...]. Le sue mani, elevate all’altezza della cintura, mantenevano in modo naturale un altro globo più piccolo che rappresentava l’universo. Ella aveva gli occhi rivolti al cielo e il suo volto diventò risplendente, mentre presentava il globo a Nostro Signore. Tutto ad un tratto le sue dita si ricoprirono di anelli, ornati di pietre preziose, le une più belle delle altre, le une più grosse e le altre più piccole, le quali gettavano dei raggi gli uni più belli degli altri, questi raggi partivano dalle pietre preziose; le più grosse mandavano raggi più grandi, e le più piccole raggi meno grandi, sicché tutta se ne riempiva la parte inferiore, e io non vedevo più i suoi piedi [...]. Alcune pietre preziose non mandavano raggi [...]. “Queste pietre che restano in ombra rappresentano le grazie che ci si dimentica di chiedermi”, mi disse la Vergine». Mentre le pietre che mandavano raggi: «Sono il simbolo delle grazie che io spargo sulle persone che me le domandano».
Tali eventi reali che si pongono in bilico tra il Cielo e la terra rimandano a qualche considerazione, inevitabilmente amara: l’umanità ha imboccato una via di conoscenza del mondo unilaterale, parziale, materialista e immanentista che identificando ogni aspetto della realtà con la materia, esclude la presenza e l’efficacia di un qualsiasi elemento superiore di carattere spirituale. Essa declina in modo scientista ogni fenomeno fisico. È diventata incapace di intendere che dietro ai cosiddetti “accidenti” naturali soggiace una realtà soprannaturale che li trascende e li motiva. La “trama universale”, pur così perfetta e abbacinante per la ragione, non ci spinge più a riconoscere l’Autore del creato. Una sorta di miopia interiore, di aridità, di “glacialità spirituale”, d’irrazionalità perfino ci conduce inesorabilmente a studiare in dettaglio la luce del Sole, lo scintillio delle stelle, l’evanescenza delle Galassie, l’immensità del cosmo, l’unicità del Pianeta che ci ospita, l’urlo straripante del mistero della vita... come qualcosa di scontato, di autoevidente, di “normale”.
Pedanti catalogatori di oggetti celesti, freddi calcolatori di orbite, scrutatori impassibili di moti planetari, indifferenti ideatori di teorie scientifiche ci siamo auto-relegati nell’ombra della conoscenza. Scopriamo i raggi cosmici letali e se ne compiace il nostro ingegno ma gettiamo alle ortiche i raggi benefici delle grazie divine che non crediamo e non chiediamo più. Siamo avvolti in un clima glaciale dello spirito, di eclissi della trascendenza, una temperie anti-metafisica domina il mondo e le coscienze e ci spinge ad usare la Scienza solo per fini materiali e non per conoscere Dio. Appare quasi un paradosso: siamo motivatissimi nel voler diventare abitatori del cielo fisico e non ci curiamo per nulla di arrivare alla nostra vera Patria che è il Cielo spirituale!