In Piazza San Pietro 120mila persone hanno assistito alla celebrazione in cui Papa Francesco ha proclamato santa Madre Teresa di Calcutta. La vita di questa Santa è un vero specchio di quella maternità spirituale cristiana che, radicandosi nell’amore divino, vuole raggiungere tutti i fratelli.
La “Santa dei poveri”, l’intima amica di Papa Giovanni Paolo II, la vincitrice del Nobel per la Pace, santa Teresa di Calcutta è passata attraverso il XX secolo non certo inosservata, e dunque la sua canonizzazione, avvenuta domenica 4 settembre a soli 19 anni dalla morte, in una San Pietro affollatissima (erano presenti 120mila persone, con 13 capi di Stato), è stato un evento di portata non solo ecclesiale ma certamente mondiale. Sui media ritornano le foto che la ritraggono ora col Papa, ora col Presidente di questo o quel paese, con il principe Carlo o lady Diana, e così via.
Tra i molti riconoscimenti internazionali, tra l’ammirazione di chi l’acclamava già in vita “una Santa”, si penserebbe che il pubblico e i riflettori fossero divenuti per lei cosa ordinaria e indifferente, ed invece chi avrebbe mai detto che le costasse moltissimo imbarazzo e “sofferenza” posare anche per un solo scatto? In un’occasione rivelò che la notorietà e le foto erano le cose che più le costavano e confessò tanto candidamente che per superare l’ostacolo aveva fatto un patto con il Signore: «Per ogni scatto che mi lascio fare, Tu mi salvi un’anima».
Proprio questa frase potrebbe introdurci nel mondo interiore di Madre Teresa di Culcutta che, benché conosciutissima, resta tutta da scoprire. La sua esistenza, come quella di tutti i Santi, si è stretta attorno ad un unico filo ad altissima tensione, quello dell’amore soprannaturale a Dio e alle anime, e sono stati unicamente questi “due amori” che l’hanno portata prima tra i banchi di una scuola di Calcutta dove insegnava come Suora della Congregazione di Loreto, e poi per le strade dei quartieri più poveri per vivere con loro “alla maniera indiana”, rinunciando a tutto, come la sequela di Cristo in un modo o nell’altro sempre esige.
Fin da giovane Suora aveva fatto il voto di non rifiutare nulla a Gesù e questo proposito ha mosso poi tutte le file della sua vita ed è questo che, oggi, l’ha portata sugli altari.
Così scriveva una consorella che viveva con lei tra le Suore di Loreto a un Padre gesuita: «Credo che Gesù ami moltissimo suor Teresa. Viviamo nella stessa casa e noto che ogni giorno lei cerca di compiacerLo in tutto. Ha tanto da fare, ma non si risparmia. È molto umile. Le è davvero costato arrivare a questo, ma credo che Dio l’abbia scelta per grandi cose. Le sue azioni sono invero semplicissime, ma la perfezione con cui le compie è esattamente ciò che Gesù ci chiede».
Quando la fama della sua persona e della sua grande missione aveva raggiunto i vertici mediatici mondiali, lei pensava alle anime. Il suo obiettivo era rimasto lo stesso, la sua passione ardente e la sua sete era ancora e sempre quella del suo Sposo crocifisso che un giorno lontano, nel settembre del 1946 mentre viaggiava in treno verso Darjeeling per 8 giorni di ritiro, le aveva fatto udire per la prima volta la sua Voce: «Ho sete».
Da queste parole, udite nell’anima, era iniziato il percorso interiore pieno di luce ma anche di difficoltà per intraprendere l’opera a cui il Signore la chiamava: la fondazione di un nuovo Istituto che si occupasse dei “più poveri tra i poveri” per portare loro il conforto della fede e della carità cristiana, e per portare a Gesù il conforto dell’amore di queste anime per Lui.
Quando aveva lasciato la Patria, navigando attraverso il Mediterraneo verso l’India aveva scritto ai propri cari: «Pregate per la vostra missionaria, affinché Gesù possa aiutarla a salvare più anime immortali possibili dalle tenebre della miscredenza». E tutte le domeniche, quando faceva visita ai poveri nei tuguri di Calcutta, provava sofferenza e gioia nel vedere i suoi “piccoli” uscire dalle loro minuscole casette sovraffollate e venirle incontro festanti saltellando anche su un piede solo. Mentre ritornava al Convento sussurrava: «Oh Dio, con quanta felicità li rendo felici! Dammi la forza di essere sempre la luce della loro vita e così condurli tutti a Te!».
La sua speranza di portare la luce a coloro che sono nell’oscurità sarebbe stata esaudita, ma in un modo e ad un prezzo che mai avrebbe potuto prevedere.
Da quella prima volta in treno, Gesù era tornato a farle sentire altre volte la Sua voce, come ella annotò nel suo quaderno. In quei “sacri dialoghi” Gesù le apriva il suo Cuore e chiamandola con tenerezza “la mia Sposa” o “la mia piccola”, non cessava di supplicarla: «Vieni, vieni, portaMi nei “buchi” dei poveri. Vieni, sii la Mia luce». Il Signore contava su di lei e, facendo eco al suo voto di “non rifiutarGli nulla”, insistentemente le chiedeva: «Rifiuterai?».
Madre Teresa non si rifiutò. Così quel 10 settembre che fu per lei il giorno della “chiamata nella chiamata”, fu anche il giorno della nascita della fondazione delle Missionarie della Carità.
Gesù voleva missionarie indiane Suore della Carità che fossero «vittime del Mio amore, che siano Maria e Marta, che siano talmente unite a Me da irradiare il Mio amore sulle anime. Voglio suore libere rivestite della Mia povertà sulla Croce... rivestite della mia obbedienza sulla Croce... piene di amore, rivestite della Carità della Croce... che siano il Mio fuoco d’amore fra i più poveri, gli ammalati, i moribondi, i bambini di strada».
Da quel giorno ne ebbe moltissime; e ancora ne ha. In soli cinquant’anni dall’approvazione pontificia voluta da Papa Paolo VI nel 1964, in un tempo di spaventosa crisi per la vita religiosa, le Missionarie della Carità di Madre Teresa sono cresciute da qualche centinaio a oltre 5.300 Religiose in 758 case sparse per il mondo. Ecco cosa è potuto sbocciare dal piccolo seme di quest’anima così generosa che oggi la Chiesa iscrive ufficialmente nell’albo dei suoi Santi.
Ma un’altra luce di questa novella Santa è quella che si sprigiona dalla sua “oscurità”. Ella diceva: «Se mai sarò una santa, sarò la santa dell’oscurità», riferendosi al buio in cui la sua anima è rimasta per ben 50 anni. Ciò che gli inesperti hanno chiamato una “scandalosa incredulità”, non è affatto una novità nella tradizione della Mistica cattolica. Anzi, è un fenomeno piuttosto diffuso fra i numerosi Santi della Chiesa che sperimentarono quella che san Giovanni della Croce chiama la “notte oscura”, un doloroso processo di purificazione a cui è necessario sottoporsi prima di giungere all’unione con Dio. Il Mistico spagnolo spiega come in una delle fasi più avanzate di questa “notte”, l’anima sperimenta buio, dolore, aridità e la terribile impressione dell’assenza o del rifiuto di Dio. Sebbene ciò sia solo apparente, è fonte di atroce sofferenza per l’anima che ama Dio più di se stessa. Non sorprende che anche Madre Teresa sia stata purificata nel crogiuolo di tali sofferenze, sia per l’eccezionale missione cui Dio l’aveva predestinata, sia per il particolarissimo squarcio di secolo in cui si è trovata a vivere. Non è forse il Ventesimo il secolo in cui si è registrata la più spaventosa negazione di Dio, con le filosofie e ideologie atee? E non sono forse i Santi coloro che «prendono sulle loro spalle le prove dell’umanità» come disse in un’occasione Benedetto XVI?
Santa Teresa, come rivelano le sue lettere al Padre spirituale, unico conoscitore dello stato della sua anima, diceva: «Ho spesso per mia compagna l’oscurità», ma non avrebbe mai rinunciato a questa penosa prova perché questa serviva per strappare le anime «dalle tenebre della miscredenza».
Alle sue Suore, ai suoi poveri, a tutti coloro che incontrava non si stancava di annunciare quanto è grande l’amore che Dio ha per ciascuno: «Gesù non solo vi ama, molto di più: Lui ha un desiderio ardente di voi. Sente la vostra mancanza quando non vi avvicinate. Ha sete di voi. [...]. Perché Gesù dice “Ho sete”? Cosa significa? È difficile spiegarlo a parole. “Ho sete” è qualcosa di molto più profondo, per Gesù, che dire semplicemente “Io ti amo”. Fino a quando non saprete nel profondo che Gesù ha sete di voi, non potrete cominciare a sapere chi Lui vuole essere per voi. O chi Lui vuole che siate per Lui».
Guardando il volto raggiante della piccola grande Madre Teresa affisso alla Basilica romana, vien da pensare che forse un giorno ci sarà dato di conoscere l’incredibile numero dei suoi “figli”, ancora più grande del numero dei presenti in Piazza San Pietro; il numero delle anime che ha salvato con questa sua “oscurità” piena di fede non meno che con la sua impareggiabile, operosa carità. Ed è proprio per questa completa e sublime maternità spirituale che il Santo Padre ha detto: «Penso che forse avremo un po’ di difficoltà nel chiamarla santa Teresa, la sua santità è tanto vicina a noi, tanto tenera e feconda che spontaneamente continueremo a dirle “Madre Teresa”!».