Anticamente maggio era dedicato all’amore (spesso pagano) e a riti in onore di Pan. Chi fu a dedicare il mese dei fiori alla Vergine Maria?
L’Europa era ormai pronta a liberarsi dell’uomo che da 15 anni faceva pesare su di essa la sua tirannia. Gli alleati lasciavano il campo di Napoleone. Per l’ultima volta, il despota volle riprendere l’iniziativa e nella primavera del 1813 egli lanciò all’assalto i suoi eserciti di Germania... Fu presto necessario accettare un armistizio. Fiaccato dall’Austria, vinto a Lipsia (16-19 ottobre 1813) dalla enorme superiorità numerica, abbandonato anche dal cognato Murat, tradito dai suoi ministri... per l’Imperatore, di fatto, non c’era più speranza. Il 6 aprile 1814, a Fontainebleau, non gli rimaneva che abdicare senza condizioni.
Chiaramonti? Libero!
Papa Pio VII (Barnaba Chiaramonti), da circa 5 anni prigioniero di Napoleone, stava dietro agli avvenimenti con attenzione: aveva ritrovato la sua calma e la sua energia e attendeva che Dio, del quale era Vicario sulla terra, risolvesse per lui i suoi problemi. Napoleone, dalla sua base di Champagne, dove pensava ancora di lanciare le sue ultime offensive, ordinò di liberare il Papa da Fontainebleau e di ricondurlo a Savona. Pio VII, che di avventure con Bonaparte ne aveva vissute, salì in calesse per riattraversare la Francia.
Tutto gli diceva che la sua liberazione era vicina. Lungo un itinerario inatteso per Limoges, Montauban, Carcassonne, Montpellier, lentamente fu accompagnato verso la sua residenza. Per via, dappertutto, manifestazioni popolari gli riscaldarono il cuore. Il colonnello dei gendarmi che guidava il trasferimento ne era sbalordito. Più volte si dovette cambiare carrozza, perché la folla entusiasta aveva demolito quella occupata dal Pontefice, che appariva come il martire trionfatore. In Provenza fu un delirio di festa. A Nizza tutta la città attendeva il Pellegrino apostolico per celebrargli un trionfo e per tutta la notte cantò, danzò e fece processioni in suo onore. A metà febbraio 1814 Pio VII riprese il suo appartamento a Savona.
Ormai era libero. Il 24 maggio 1814, Pio VII tornava nella sua Roma “caput Ecclesiae”, “caput mundi”, che aveva lasciato da cinque anni. Carlo IV, allora esule a Roma, gli donò la sua più sontuosa carrozza. Lo scortava uno squadrone di ussari ungheresi e gli ambasciatori delle Potenze alleate erano venuti oltre Monte Mario ad accoglierlo. A Porta del Popolo la folla staccò la carrozza dai cavalli, e venti giovani, vestita la livrea pontificia, la tirarono fino a San Pietro, e poi al Quirinale. Tutta l’Urbe era in festa e dovunque si canzonava l’Imperatore vinto. Al Corso, sulla facciata di un palazzo, sventolava una grande tela sulla quale Napoleone prostrato stava ai piedi del Pontefice, e il diavolo lo trascinava all’Inferno.
A proposito scrisse un illustre storico della Chiesa: «“Stat Crux dum volvitur orbis” (mentre il mondo sparisce, la Croce resta!). Mai il celebre motto dei certosini era parso più veridico. Sbattuta da tante tempeste, la Croce di Cristo alla fine appariva incrollabile, irremovibile».
Ancora per qualche momento, l’anno successivo, dal 1° marzo al 22 giugno 1815, la burrasca dei “cento giorni”, gli ultimi di Napoleone, agitò brevemente il papato restaurato. Ma Napoleone veniva sbaragliato per sempre a Waterloo, quindi caricato su Bellerophon e deportato a Sant’Elena, un’isola in mezzo all’Atlantico. Il 7 giugno 1815 Pio VII rientrò definitivamente a Roma.
“Auxilium Christianorum”
Pio VII, che si era mostrato così grande nella prova, ebbe il merito di esserlo anche nell’ora del trionfo e della rivincita. Appena ristabilito a Roma, vide arrivare nell’Urbe diversi membri della famiglia del vinto Napoleone, costretti a fuggire in fretta e furia dalla Francia diventata loro assai ostile. Letizia Ramorino, Madame Mère (la madre di Napoleone), rifiutata dalla sua stessa figlia granduchessa di Toscana, fu accolta dal Pontefice con nobilissima carità.
Il card. Fesch, zio di Napoleone, cacciato da Lione, ebbe il suo asilo presso il Papa e non fu mai privato della sua sede primaziale. In breve tempo, attorno a Letizia, a Roma si radunò tutta la tribù dei napoleonidi: Luciano, Luigi, Girolamo, Paolina, Giulia, Ortensia... e quanti ce ne fossero. Nonostante che i nuovi signori d’Europa fossero loro contrari, neppure la Francia ottenne mai da Pio VII che la famiglia dell’esule di Sant’Elena fosse allontanata da Roma.
Anzi, proprio verso Napoleone in persona, Pio VII dimostrò quanto fosse grande la sua straripante bontà. Dopo la sua deportazione a Sant’Elena, Pio VII non pensò più a lui che come a uno sventurato prigioniero che moriva di cancro in una solitudine spaventosa. Su richiesta di madame Letizia, scrisse un’accorata lettera al principe reggente d’Inghilterra, lettera in cui gli chiedeva di alleviare le sofferenze dell’esilio.
Quando seppe dal card. Fesch che il prigioniero di Sant’Elena chiedeva un prete, Pio VII volle di persona soddisfare il suo desiderio e gli mandò un prete corso. All’inizio del 1821, mons. De Quelen, coadiutore dell’arcivescovo di Parigi, compì il bel gesto di chiedere di partire per Sant’Elena. Non fu autorizzato a farlo, ma Pio VII, con il perdono e la carità così largamente donati, testimoniò che la sciabola di Bonaparte era stata vinta dalla Croce di Cristo!
Ma Pio VII non si limitò a essere magnanimo come Gesù, nel trattare colui che aveva fatto a lui e alla Chiesa tanto male, ma elevò a Dio, per le mani di Maria, il suo ringraziamento. Si ricordò subito del suo santo predecessore Pio V, il quale, ottenuta il 7 ottobre 1571 la vittoria delle armate cattoliche a Lepanto sui turchi vicini a invadere l’Europa per l’incessante preghiera del Santo Rosario, aggiunse nelle Litanie lauretane l’invocazione a Maria Auxilium Christianorum. Negli eserciti dell’antica Roma, “auxilia” erano le truppe ausiliarie cui spesso, intervenendo dove più aspra era la battaglia, determinavano la vittoria, anche insperata. Così era stato di Maria Santissima, la Guerriera invincibile forte come esercito schierato a battaglia, anzi a vittoria.
Pio VII durante la sua detenzione per opera di Napoleone era ricorso con fiducia a Maria Auxilium Christianorum e aveva invitato tutta la Chiesa a pregarla. Finalmente libero e rientrato a Roma, il 24 maggio 1814, mentre esplodeva in tutto il suo splendore il luminoso maggio romano, lo strenuo Vincitore di Napoleone dedicò quel giorno come festa dell’Ausiliatrice.
Scrive il secondo Notturno del Mattutino del 24 maggio nell’antico breviario: «...in onore della stessa Vergine Madre, sotto il nome di “Aiuto dei cristiani”, indisse una festa solenne da celebrarsi per sempre il 24 maggio, approvandone anche l’Ufficio proprio, a perpetuo e distinto ricordo e in ringraziamento per il grande soccorso ricevuto».
Anticamente maggio, il mese dei fiori, era dedicato all’amore (spesso pagano) e a riti in onore di Pan. Proprio Pio VII, con i due rescritti pubblicati nel 1815 e nel 1822, approvò la felice usanza di dedicare il mese di maggio alla Madonna, legando particolari privilegi e indulgenze a questa pia pratica. Pio VII, vinto Napoleone, dedicò per la Chiesa il maggio a Maria, affinché Ella, la Condottiera delle anime, della Chiesa e delle nazioni, vinti tutti i nemici di Dio, abbia anche oggi, tra tante tenebre, a condurci al trionfo di Gesù, suo Figlio e nostro unico Salvatore.