Quando un cuore arriva a esclamare: “Io vivo per l’Immacolata”, ciò significa che è anzitutto la Madonna stessa a vivere già nel cuore del suo consacrato. Ella gli è sempre presente e ispira questo desiderio di vicinanza e unione che è una meravigliosa esperienza di Paradiso sulla terra.
Una canzone di qualche anno fa si intitolava Vivo per lei. Il cantautore l’aveva dedicata alla musica, che tanto amava. Per quanto sia bella la musica, così come l’arte, la scienza, la natura e qualsiasi altra cosa, è sempre vivere per un “mezzo”, ed è comunque ben poca cosa rispetto ai beni imperituri dell’eternità. Se poi si trattasse di una creatura umana, per quanto intelligente e piena di doti, vivere per lei tratterrebbe l’anima ai livelli terreni, non riempiendola fino in fondo, non elevandola, magari al contrario abbassandola, qualora si infiltrassero passioni disordinate.
A cosa allora, su questa terra, potremmo degnamente applicare un’espressione così assoluta come quella di “Vivo per lei”? C’è solo una creatura che, essendo una “creatura di Cielo”, merita veramente che si viva “per Lei” e questa è l’Immacolata.
“Vivo per l’Immacolata” dovrebbe essere il canto che sale dal cuore di ogni consacrato a Maria Santissima, la Tuttasanta, la Piena di Grazia. Si può e si sente la necessità di vivere per Lei, quando ci si innamora di Lei che è trasparenza di Dio, trasparenza della Santissima Trinità.
Il primo santo che ha avvertito in sé questa altissima vocazione è stato sicuramente san Giuseppe allorquando la prese in sposa. Capì fin da subito che non doveva essere un matrimonio come tutti gli altri, ma che si trattava di uno scambio sponsale ai più alti livelli, dove avrebbe ricevuto solo grazia dalla sua Sposa “Tutta grazia”! Al solo pensarla la sua anima si purificava e infiammava, si innalzava, tendeva a Dio con tutte le forze.
L’amore sublime di san Giuseppe per la sua Sposa lo conosceremo solo in Paradiso. Ma «chiediamo a san Giuseppe di consacrarci, dedicarci a Lei, lavorare e vivere per l’Immacolata come lui» (1).
Per san Giuseppe e per tantissimi altri santi l’esperienza di “vivere per l’Immacolata” non fu un semplice pensiero o sentimento: quando «l’amore verso di Lei si accende nel nostro cuore, con esso ci verranno tutti i beni. Dio è ogni bene» (2). Vivere per Lei, infatti, non è altro che vivere per Dio nella maniera più piena.
Quando un cuore arriva a cantare “vivo per l’Immacolata”, ciò significa che è anzitutto la Madonna stessa a vivere già nel cuore del suo consacrato; significa che è presente e ispira questo desiderio di vicinanza e unione che è tutto amore di Paradiso. Si pensi, ad esempio, alla “nostalgia del Cielo” che provò santa Bernadette Soubirous dopo le apparizioni nella grotta di Lourdes, una nostalgia che la faceva veramente vivere nell’attesa di poter raggiungere l’Immacolata che le aveva sorriso con tutto il suo amore di Mamma.
Un altro santo che ha vissuto per l’Immacolata è sicuramente san Massimiliano Maria Kolbe, il Folle dell’Immacolata. L’amore ardente per Lei era la sua “idea fissa”, il suo “respiro costante”: un amore che crescendo in modo esponenziale lo portò perfino al martirio ad Auschwitz. Il suo donare la vita per un fratello prigioniero nel campo di concentramento ci dimostra come, amando la Madonna in modo totale, si ami Gesù in Lei, e come Ella stessa formi Gesù in noi, fino alla somiglianza più completa.
Del resto, sulla croce, nel momento supremo dell’amore più grande (cf. Gv 15,13), Gesù stesso ha pensato di darci proprio la sua Mamma, dicendo a san Giovanni di “prenderla con sé”.
Per entrare nella profondità di questa solenne consegna, ci viene in aiuto Benedetto XVI, indicandoci cosa comporti accogliere “in casa propria” Maria Santissima, così come ha fatto san Giovanni sotto la croce. Così ha detto in una sua catechesi: «Il Vangelo ci dice che da questo momento san Giovanni, il figlio prediletto, prese la madre Maria “nella propria casa”. Così è nella traduzione italiana; ma il testo greco è molto più profondo, molto più ricco. Potremmo tradurlo: prese Maria nell’intimo della sua vita, del suo essere, “eis tà ìdia”, nella profondità del suo essere. Prendere con sé Maria, significa introdurla nel dinamismo della propria esistenza» (3).
Con questo insegnamento di carattere biblico, papa Benedetto ci rammenta il vero significato della Consacrazione mariana ed insegna cosa voglia dire “vivere per l’Immacolata”, con Lei nel cuore, fino nella profondità del proprio essere, in un amore che coinvolge tutta l’esistenza. Pensiamo alle espressioni innamorate di santi come Vincenzo Pallotti o Giovanni Eudes, che sperimentavano un vero amore sponsale con la Madonna. Meno conosciuta, e di un ardore poco imitabile, è l’esperienza del servo di Dio padre Marcello Marton († 1966), ungherese; un mistico dell’Immacolata che è arrivato ad essere così posseduto dall’amore di Maria Santissima da sentirsi come «la spugna imbevuta dall’acqua» e che invogliava tutti a cercare la Madonna perché, diceva: «Chi la trova, troverà già la felicità perfetta su questa terra».
L’anima che vuole “vivere per Lei”, pertanto, è consapevole che «questo amore è proprio questo divenire sempre più di Lei. Dobbiamo fare in modo che il nostro sia un amore sempre più concreto, vitale» (4). In questo senso, l’amore all’Immacolata diventerà un amore capace di trasformare la nostra vita, e colui che vive fedelmente tale amore, potrà ripetere le parole dell’apostolo Paolo ai Galati (Gal 2,20), ampliandole, completandole e marianizzandole così: «Vivo io, ma non più io: vive invece in me Cristo, per mezzo dell’Immacolata e nell’Immacolata».
Note
1) San Massimiliano M. Kolbe, Le Conferenze, Casa Mariana Editrice, n. 208.
2) Ivi, n. 320.
3) Benedetto XVI, Maria Stella della Speranza, San Paolo, 2013, p. 84. Cf. Udienza generale del 12 agosto 2009.
4) San Massimiliano M. Kolbe, Le Conferenze, n. 245.